venerdì 10 giugno 2011

Che cosa dice il procuratore generale anti-mafia a proposito del calcio scommesse

di Sergio Di Cori Modigliani

“Io l’avevo detto, ma nessuno mi aveva dato retta”.
Non è la consueta lamentela di qualche narcisista sconosciuto in cerca di una improvvisa visibilità, a parlare –questa volta- è Piero Grasso, procuratore Generale dell’Antimafia, l’uomo che davvero ha in pugno la situazione di controllo delle modalità di esecuzione della criminalità organizzata. “Si parla di farmaci vietati non per far vincere, ma per far perdere. Il problema è sempre il dio denaro e l'ingordigia umana che rovina le cose più belle. Da tifoso mi sento colpito da coloro che sviliscono sentimenti puri come la passione per il proprio club. L'inchiesta dimostra ancora una volta quanto siano importanti le intercettazioni senza le quali non sarebbe stato possibile acquisire le prove di questi comportamenti illegali. Infatti i reati per i quali si procede rientrano fra quelli per i quali in base all'ultimo progetto di legge non sarebbero previste le intercettazioni".
E’ una intervista che troverete nel numero de L’Espresso in edicola lunedì 13 giugno.
La situazione che Grasso svela nella sua intervista ci presenta un mondo del calcio completamente asserragliato dalla criminalità organizzata, dove la pressione su diversi giocatori –alcuni anche molto celebri e famosi- di club della serie A stende un velo davvero orribile sul livello raggiunto dall’industria del calcio in Italia. Prosegue Grasso nella sua intervista: “Mi rendo conto che è complicato fissare paletti, ma una soluzione ci potrebbe essere: se le scommesse venissero analizzate da un esperto di giochi, capace di raccogliere le anomalie, si potrebbero far partire subito indagini o bloccare le puntate. Si potrebbe introdurre, sul modello antiriciclaggio delle operazioni sospette, un osservatorio centrale che analizzi i flussi di scommesse e individui le eventuali anomalie che fanno scattare le indagini della procura federale prima e della magistratura poi se si realizzino ipotesi di reato. Le scommesse che emergono in queste indagini non sono un problema di febbre del gioco o di passione per l'azzardo. Qui non si tratta di analizzare il giocatore di Dostoevskij, ma il furbetto che cerca di truffare e sbeffeggia il tifoso. Che lo faccia poi un calciatore, che rientra fra le categorie più pagate, è assurdo".
Non è certo un caso che i due più alti dirigenti dello sport italiano si sono incontrati venerdì 10 giugno a Roma con il Ministro degli Interni per intervenire subito. C’è il rischio che questa inchiesta sul calcio scommesse finisca per travolgere definitivamente un calcio già in grave crisi, aggiungendo scorno e sconcerto alla già purtroppo collaudata situazione di indignazione nazionale.

Secondo indiscrezioni attendibili sembrerebbe che l'inchiesta abbia raggiunto tali livelli preoccupanti, di omertà, complicità, collusione, da rendere necessario un intervento dei più alti organi dello Stato.
Se dovesse saltare l'industria del calcio verrebbero travolti circa 2 milioni di posti di lavoro attualmente in esercizio: questo è il numero di persone alle quali l'industria del calcio dà lavoro in Italia; con un aggravio sull'economia nazionale disastroso, talmente alto da influire addirittura sull'abbassamento del pil.
E' stato calcolato che andrebbero in fumo circa 12 miliardi di euro.

Non sarà facile, questa volta, ma non si potrà neppure lavare il tutto con il consueto colpo di spugna all'italiana.
Già è preoccupante il fatto che si sia reso necessario il coinvolgimento di Piero Grasso.

Se passa e diventa ufficiale la tesi della mafia e della camorra come gestori del calcio, l'industria salta.
Nell'intervista su L'Espresso, Grasso lo dice mlolto chiaramente e a chiare lettere.

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