martedì 28 giugno 2011

Le parole che avvelenano: come salvaguardarsi dalla loro patologia.

di Sergio Di Cori Modigliani

Viviamo in un mondo fatto di parole e immagini.
I più forti, i più liberi, i più forniti di strumenti individuali di cultura e di stabilità psicologica, sono in grado di sapersi difendere dal massiccio bombardamento quotidiano -e istantaneo- dei messaggi che arrivano, perchè riescono a discriminare le informazioni in entrata e le cancellano "mentalmente" prima che sgocciolino dentro di noi, penetrando nell'interno della nostra mente e -così facendo- portare a termine il compimento della cosiddetta informazione: in-formare, ovverossia: formare dentro la testa di ciascuno di noi l'emergere di bisogni falsi, desideri incontenibili e risposte automatiche a impulsi esterni.

Viviamo in un mondo di parole perchè siamo fatti di parole.
"Al 75% siamo composti di acqua, per il resto un ammasso di parole: i curiosi sono quelli che vogliono decifrarle e capirne il senso".
Così, circa quarant'anni fa, il grande studioso del linguaggio e della società di massa, Prof. Noam Chomski, definiva l'uomo sociale inserito nell'attuale cultura delle merci.

Chi riesce, quantomeno, a identificare nelle parole, nelle frasi, negli slogan, negli input, nei continui messaggi cui siamo sottoposti dei codici di riferimento, riesce a salvaguardarsi, ha la possibilità di comprendere meglio la realtà che ci circonda, e quindi è più libero di effettuare delle scelte consone alla propria natura libera.

Nella maggior parte dei casi, viviamo immersi in una melassa di falsi ideologici costanti e continui, il cui fine dichiarato consiste nell'ottundere e nascondere le verità individuali per esaltare dei falsi collettivi.

E così si affermano alcune frasi e/o parole e/o immagini che finiscono per organizzare l'immaginario collettivo, creando il consenso necessario per vendere un prodotto, distribuire merci inutili, spingere ad un voto inconscio per questo o quel candidato.

Basterebbe sotolineare (e pensarci su riflettendo sul suo Senso recondito) a una frase che non ha rivali, non ha concorrenza e non è neppure pensabile poterla, non dico contestare, ma quantomeno discuterla.
La destrutturazione di una frase e la conseguente analisi del suo impatto su di noi, serve a farci capire che cosa c'è dietro e può essere un fondamentale viatico per salvarci la vita.

Perchè chi vedrà e saprà, vivrà.
Contrariamente a ciò che il potere vuol far credere, saranno i colti a salvarsi.
Quelli veri, si intende.
Perchè sono immuni. Quindi sono i più pericolosi.
Non è un caso che, in quota percentuale, sono attualmente i più esposti all'attacco frontale da parte di chi esercita il potere, garantito dall'esercito dei suoi esecutori, scelti in modo tale da essere per lo più persone e personaggi di intelligenza minore, di livello culturale molto basso, di ferocia caratteriale. E' il corrispondente in una società avanzata e ricca come l'Italia delle truppe d'attacco libiche alle quali i generali "regalano" il diritto allo stupro e alla tortura.

Oggi scegliamo una frase, una sola, sulla quale vi invito a riflettere a lungo.
Per chi intende salvarsi dal falso collettivo.

la frase è la seguente, banale, quanto lineare:

"La stagione politica del berlusconismo".

Una frase davvero elementare, sintetica, essenziale. Usata da tutti, dalla Santanchè a Vendola, nessuno escluso. Il solo fatto di usare questa frase, è la garanzia automatica per il premier che il suo potere si auto-alimenta e prospera perchè funziona come un software automatico.
In realtà questa frase è un falso ideologico.
Dà per scontato che il "berlusconismo" sia una "interpretazione politica" della realtà: non lo è.
Ne è il suo azzeramento. ben altra cosa. Anzi: ne è l'opposto.
Dà per scontato che sia per l'appunto "una stagione", ovverossia una porzione molto vasta nella meteorologia interna di ciascuno di noi, che viene incorporata dalla mente -in maniera inconscia- come un fattore eterno. Come per l'appunto le stagioni: non lo è.
Il berlusconismo non è una stagione. è una epidemia sociale. Ben altra cosa.

La  frase ripropone l'iimpossibilità di avere un altro leader che non sia Berlusconi, al punto tale da aver coniato un neologismo per identificare il suo costantemente surreale comportamento, e le persone finisono per incorporare -inconsciamente- l'idea che il "berlusconismo" sia una categoria dello spirito italiano.
Non è così. Il "berlusconismo" non esiste nella realtà. E' una "invenzione mediatica". Non è reale.
Ben altra cosa.

In termini teorici delle comunicazioni, la parola "berlusconismo" viene definita "una IMAGO" ovverossia "un fantasma evocativo che ha la funzione di far emettere nel cervello degli impulsi e delle onde elettromagnetiche automatiche che rispondono a sollecitazioni pre-determinate". Usando questo termine, si dà per scontato che si parla di un fenomeno cooptato nella Storia d'Italia, che appartiene a tutti, maggioranza e opposizione (l'appartenenza dello schieramento è irrilevante) riconfermando la sua eternità. Ma è soltanto una "parola".
Niente più di questo. E' vuota. Non ha Senso. Perchè non rappresenta una caratteristica genetica del popolo italiano, non ne rappresenta un simbolo culturale, non sintetizza delle esigenze reali, non interpreta dei bisogni evolutivi della etnia italiana, non ha alcun riferimento a un'idea collettiva, non rappresenta neppure degli specifici ceti sociali economici.
Il "berlusconismo" è una patologia sociale, non una idea politica.
Ben altra cosa.

Non è un caso che l'unica persona in tutta la Repubblica Italiana che ha avuto il coraggio di emettere una perfetta diagnosi su Silvio Berlusconi, spiegando chi è e spiegando che cosa "non è il berlusconismo"  è stato il Prof. Mauro Mancia, uno psichiatra, specializzato in neurofisiologia del comportamento umano, e neurofisiologia patologica. Lo ha fatto nel 2002. Pochi lo hanno ascoltato. Fortunato chi gli ha dato retta.

Tant'è vero (e come vedete è davvero elementare comprenderne e coglierne il Senso ultimo e sottostante) la frase è nata nel momento in cui, Silvio Berlusconi, una ventina di anni fa, insieme al suo gruppo di associati è riuscito a compiere un atto rivoluzionario; hanno capovolto i termini della realtà: hanno preso "la politica del mercato" (ovvero il dibattito sulle questioni utili per tutti: lavoro, professione, casa, mobilità sociale, pensioni, salari, investimenti, ecc.,) e l'hanno rovesciato nel suo opposto "il mercato della politica". In tal modo hanno prodotto una infezione che ha presto contagiato l'intera classe politica e imprenditoriale, nessuno escluso.

Odiare Berlusconi, parlarne male, aggredirlo, attaccarlo, è perdente, inutile, dannoso, fuorviante.
Più lo si odia e lo si attacca tanto più si conferma la sua esistenza e resistenza.
Bisogna prima comprendere, e poichè viviamo in tempi di comunicazioni di massa, operare usando le armi dovute.

Personalmente, ogni volta che qualcuno, parlando con me, usa il termine "berlusconismo" oppure "la politica del berlusconismo" io contesto questo uso e rispondo "ma il berlusconismo non esiste".
Infatti, non esiste. Vorrebbero che esistesse. Ma non è.
E' un gruppo di persone che hanno trovato un meccanismo funzionante e vincente (per loro) la cui condizione prima -necessaria e sufficiente- consisteva nell'infettare la spina dorsale della nazione.
Il vaccino c'è. E funziona. Basta pensarci su, riflettere e non farsi incantare dalle parole.

Dobbiamo curarci da una malattia, di cui il bunga bunga, le ragazze facili, l'elenco delle sue ville, eccetera eccetera, non sono altro che funzioni della IMAGO, elementi che confermano e riconfermano l'idea che il "berlusconismo" esiste. Mentre invece non è.
Si tratta di un gruppo di persone, senz'altro molto capaci, intelligenti, dotate di mezzi e senza nessuno scrupolo etico o morale, che esercitano una gestione della vita collettiva.
Bisogna, quindi, sottrarsi.
Identificare i codici e disinnescarli.
Basta prednere atto che ci siamo ammalati. Tutti. Viviamo in un perenne stato di ipnosi dal quale -per chi vuole ritornare a essere sano- bisogna pur scrollarsi per svegliarsi.

Prova ne è che dei 123 post che ho pubblicato negli ultimi due mesi, questo è stato il meno letto, il meno commentato, il meno seguito, il meno cliccato, il meno discusso. Avevo messo come immagine di accompagnamento il viso di Noam Chomski, un genio della comunicazione, che ha dedicato uno studio comparato a Berlusconi.

Oggi, invece, lo ripropongo con l'immagine di infermierine sporcaccione.
Mi andava che qualcuno lo leggesse.
Tutto qui, per oggi.
Buon martedì.

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