sabato 23 luglio 2011

Incidente diplomatico tra l'Italia e l'Argentina per colpa di una frase di Berlusconi

di Sergio Di Cori Modigliani


L’inghippo è stato scoperto. Anzi, clamorosamente denunciato.
Sabato 23 luglio, sulle prime pagine dei quotidiani sudamericani si dà la notizia di una “frizione molto forte” diplomatica tra Silvio Berlusconi e il governo argentino, verificatosi nell’ultima settimana di maggio. La Farnesina ha cercato di metterci una pezza, ma ormai è troppo tardi.
Ecco i fatti:
A fine maggio, il giorno prima della chiusura della campagna elettorale in Sardegna, nel corso di un comizio a Cagliari, il premier Berlusconi aveva regalato una delle sue battute. Stava protestando contro la sinistra “mondiale” che stava montando –a suo avviso- una campagna di destabilizzazione internazionale contro di lui paragonandolo a Hitler, Mussolini e ai dittatori argentini. Disse, allora “Io non ho mai insultato nessuno, mi chiamano orco mentre invece faccio soltanto del bene a tutti; la sinistra mi odia perché è soltanto capace di odiare, mi hanno addirittura paragonato a quel dittatore argentino che si disfaceva dei suoi oppositori facendoli salire su un aereo, perché facevano proprio così: dicevano loro: su ragazzi andiamo a fare una passeggiata, li facevano salire su un aereoplano e si portavano appresso anche un pallone, con gli argentini basta poco, si sa, sono persone semplici, e a un certo punto aprivano il portellone e dicevano loro ”ragazzi è una bella giornata piena di luce fuori perché non andate a giocare con il pallone?” perché si sa gli argentini amano il gioco del calcio e li volavano giù. La cosa, a dire il vero è comica, però diciamoci la verità ha anche un suo sapore drammatico”.
La frase non è piaciuta agli argentini.
Ci sono voluti circa venti giorni prima che il discorso registrato arrivasse sul tavolo della Presidenta Cristina Kirchner, la quale, a suo tempo, è stata una leader del movimento di opposizione contro la dittatura soffrendo anche il carcere duro. Ha chiesto ragguagli attraverso canali diplomatici. La risposta è stata “non è vero niente, è tutta una invenzione della sinistra italiana che hanno costruito una montatura”. Gli argentini hanno impiegato altri quindici giorni per avvalersi di consulenza tecnologica al fine di stabilire se il video fosse autentico o meno.
E così si sono arrabbiati, offesi, e hanno cominciato a scambiarsi delle lettere con il governo italiano, il quale ha seguitato a negare. E’ andata a finire nel seguente modo:
Ieri mattina, venerdì 22 luglio, l’ufficio di presidenza della Repubblica Argentina ha convocato l’ambasciatore italiano Stefano Ronca e ha ufficialmente presentato una nota diplomatica di protesta pretendendo spiegazioni immediate perché “il nostro paese” –dice la nota diplomatica del governo argentino- “vuole sapere se il governo italiano e il parlamento italiano condividono l’idea espressa dal primo ministro nel considerare la tortura praticata nel 1978 e 1979 nel nostro territorio come una cosa comica”. La protesta accompagnata da una nota che preludeva a una interpellanza presso l’apposito ufficio dell’Onu a New York prima della fine di luglio è stata firmata e declamata da Alberto D’Alotto, capo di gabinetto della cancelleria della presidenta (una sorella, due cugini e diversi amici uccisi proprio in quel modo durante la dittatura). L’ambasciatore italiano è sbiancato e ha chiesto “almeno un’ora di tempo” per fornire una spiegazione esauriente. E’ ritornato dopo quaranta minuti con una lettera inviata da Frattini nella quale si diceva che “le parole del premier sono state malintese per via di una particolarie modalità di espressione del premier Silvio Berlusconi che non è facile da comprendere per chi non conosca la lingua italiana: lui aveva inteso sottolineare quanto brutale sia stata quella dittatura, e il governo italiano conferma la denuncia di ogni dittatura e di quell’efferato e criminale comportamento dei militari allora al potere”.
La lettera è stata letta in conferenza stampa dall’addetto dell’ufficio stampa dell’Italia, Alessandro Modiano.
Il caso è stato chiuso.
Ma si è aperto quello politico.
Quindici giorni fa le quattro più importanti organizzazioni di italiani residenti in Argentina (sono tre milioni di elettori votanti che alle ultime elezioni hanno dato un senatore e due deputati, tutti e tre nelle file del Pdl) avevano espresso un grande rammarico sostenendo in un comunicato congiunto “che non esistono più le condizioni per poter appoggiare e sostenere una personalità politica del tutto impresentabile a livello internazionale. Gli italo-argentini che esercitano il loro diritto di voto in Argentina alle elezioni politiche nazionali italiane, dichiarano pertanto di voler prendere ufficialmente le distanze da una personalità politica così squallida”.
Quattro giorni dopo quest’annuncio, il ministro Calderoli ha annunciato –con enorme sorpresa di tutto l’ambiente politico italiano che non riusciva a capire il perché di questa mossa, e ancora oggi non lo capisce- di aver deciso di “combattere lo spreco per dare una mano all’Italia e di aver deciso di far chiudere diverse sedi consolari all’estero e di portare avanti una battaglia per eliminare il voto degli italiani all’estero”.
Capito l’inghippo?
In Italia la notizia non è stata ancora riportata da nessuno.

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