venerdì 22 luglio 2011

Svegliatevi: No alle liste di proscrizione per intellettuali ebrei italiani

di Sergio Di Cori Modigliani


Molti amici e conoscenti democratici mi hanno detto, oggi: “ricominciamo con questi imbecilli”.
E’ probabile che anch’io, in un’altra vita, avrei reagito nello stesso modo.
Il problema non è tanto relativo al fatto che “ricominciamo”, quanto piuttosto nel fatto che “non avevano mai smesso”.
E veniamo alla notizia:
Ieri la polizia postale, in collaborazione con Google e l’amministrazione di facebook ha cancellato e rimosso un sito e un blog denominato “rumors” –ospitato sulla piattaforma italiana del Cannocchiale-  nella quale veniva presentata una lista di 162 nomi di docenti ebrei da boicottare nella loro attività, colpevoli di “manipolare la mente degli studenti e quindi pericolosi per la salute sociale degli italiani”. Purtroppo il sito aveva raccolto decine di migliaia di accoliti.
La lista è aggiornata rispetto a quella apparsa nel 2008, e a suo tempo rimossa.
In seguito ad apposita denuncia presentata dal sottoscritto, è stata rimossa anche un’altra testata, due account su facebook e uno su twitter relativa a un’altra lista nella quale comparivano i nomi di ebrei intellettuali, scrittori, giornalisti, operatori mediatici, colpevoli “di sostenere la causa d’Israele e di star preparando la terza guerra mondiale sovvenzionati dalle lobby finanziarie degli ebrei di New York”. E’ stato per caso che ho scoperto –in quanto partecipante a quella lista- di essere regolarmente finanziato da banchieri statunitensi. Non lo sapevo. Si vede che hanno sbagliato indirizzo quando spedivano gli assegni miliardari, perché a me non è mai giunto neppure un cent.
I lettori intelligenti, di fede democratica, onesti quanto spaesati, è molto probabile avranno come istintiva reazione quella di pensare “il mondo ormai è allo sfascio, siamo pieni di pazzi pericolosi, ci sono siti razzisti, misogini, siti per pedofili, satanisti, è un vero schifo: mancavano anche i siti con le liste degli ebrei”.
E’ un’argomentazione che sento sepsso in questi giorni, rispetto alla quale devo aggiungere un commento che ritengo assolutamente necessario e indispensabile, da cui l’idea e il bisogno di pubblicare questo post.
E’ necessario operare un distinguo, altrimenti si corre il rischio di praticare quello che io definisco “qualunquismo etnico” che fa da pendant a quello politico sostenuto da coloro che dicono “i politici sono tutti ladri”, il che non è vero. In parlamento siedono sugli scranni anche parecchie persone per bene, oneste e rigorose, sia a destra che al centro che a sinistra. Idem per ciò che riguarda i connazionali. Non è vero che “sono tutti ladri oggi”. E’ falso. Esistono i furbi, corrotti e ladri ed esistono milioni di italiani onesti, per bene, che con quei ladri non hanno e non vogliono avere nulla a che fare.
Sono anni, e il 2010 è stato un anno terribile e infausto per gli ebrei italiani, che in Italia si è scatenata una campagna anti-semita silenziosa, pulsante, efficace, dirompente. Silente. Soprattutto silente.
Importanti editori, alcuni importantissimi, hanno aderito con enfasi ai siti feisbucchiani “boicottiamo Israele” praticando una discriminazione contro autori ebrei italiani. Purtroppo, e lo dico con acuto e autentico dolore che viene dalla mia passione civile, sono personalità importanti della sinistra. Io stesso ne ho fatte le spese. Ho rifiutato di portare avanti delle lucrose relazioni di lavoro perché mi sono rifiutato di accettare ciò che invece ha accettato Moni Ovadia: di avere accesso al mercato a condizione di mettersi a disposizione pubblicamente nell’attaccare lo stato d’Israele. E la casa editrice Editori Riuniti gli ha trionfalmente aperto le porte. Nello stesso ambiente di lavoro, a me, e a tanti altri come me, le hanno, invece, chiuse.
Capisco umanamente Ovadia. Ma lo disprezzo.
Così come, da ebreo italiano, disprezzo Alberto Moravia.
Nel 1936, infatti, la polizia fascista decise su denuncia dello scrittore Pittigrilli di chiudere la giovane casa editrice Giulio Einaudi, per motivi politici. In seguito al loro arresto vennero condannati Giulio Einaudi in quanto editore, e in quanto giovanissimi scrittori Cesare Pavese, Italo Calvino, Leone Ginzburg e Natalia Ginzburg alla pena dell'esilio e al divieto di pubblicare in Italia. Vennero inviati tutti al confino. Tutti dichiarono di "accogliere la sentenza con orgoglio".
Alberto Moravia, ebbe allora a dire che lui, dinanzi a questi fatti rimaneva "indifferente; in quanto autore de "Gli indifferenti" tradirei me stesso se non fosse così". Ottenne unp stipendio mensile di 800 lire da parte della segreteria generale del Minculpop, il Ministero della Cultura Popolare fascista. Fu un abile mossa di Moravia per eliminare la concorrenza.
Purtroppo per lui, Pavese e Calvino e Natalia Ginzburg e la famiglia Einaudi, sopravvisero, e finirono per avere una gloria meritata ben maggiore della sua. I suoi libri sono spariti insieme a lui. Quelli della Einaudi, di pavese e di Calvino sono rimasti e vi rimarranno a lungo.
Perché la sinistra oggi tace?
Approfitto di questo appiglio che la cronaca quotidiana mi consente per ricordare un evento accadutomi in data 16 ottobre 2010, reduce dall’iscrizione sulla lista nera degli scrittori italiani che non vanno pubblicati perché ebrei che si rifiutano di “attaccare pubblicamente lo stato d’Israele e si rifiutano di sostenere pubblicamente la causa araba”.
E’ relativo a un articolo che ho scritto per commemorare la più tragica data, in assoluto, per un ebreo romano: il 16 ottobre. La data che ricorda la deportazione degli ebrei di Roma da parte delle truppe naziste con conseguente trasferimento nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in Polonia.
Scrissi quell’articolo e lo proposi a diverse testate.
La risposta allora fu –da parte della sinistra- negativa. Il Manifesto e l’unità si dichiararono contrari alla mia tesi, perché attaccava la sinistra. Il giornale, Libero e il Foglio si dimostrarono contrari perché attaccavo la sinistra e non volevano guai.
Terribile fu la reazione de “Il Messaggero”, quotidiano sul quale ci tenevo moltissimo –come romano- che comparisse la mia “lettera aperta di un ebreo romano figlio di una coppia di ebrei italiani che il 16 ottobre del 1943 stava a Roma”.
Il capo-redattore de Il Messaggero, Alessandro  Di Lellis, mi scrisse una lettera sostenendo che ciò che io scrivevo non corrispondeva a verità. Allego qui di seguito la e-mail –che ha valore legale- come prova dello scambio epistolare di allora. Nel mio articolo/lettera aperta, infatti, si faceva riferimento a un fatto molto preciso e specifico. Che è tuttora in atto.
BASTA CONTRO LA DISCRIMINAZIONE INTELLETTUALE DI EBREI ITALIANI.
DICIAMO NO ALLA LISTA NERA DI SCRITTORI EBREI ITALIANI CHE APPOGGIANO ISRAELE.

ecco qui di seguito la lettera del capo-redattore de Il Messaggero e l'articolo che nessuno, il 16 ottobre del 2010, in Italia, ha avuto il coraggio di pubblicare.

Gentile Dottor Di Cori,

ho letto con interesse le Sue riflessioni. Per quanto riguarda l'appello finale, devo però dirLe che, dopo nostri accertamenti, non abbiamo riscontrato nell'Università di Bologna la situazione da Lei descritta.
Restiamo comunque aperti ai Suoi contributi.

Cordiali saluti, Alessandro Di Lellis 
----- Original Message -----
Sent: Friday, October 15, 2010 11:29 AM

                                     In memoriam

14 ottobre 2010.
L’antisemitismo, e’ cosa nota, e’ una gran brutta bestia.
Quantomeno nelle culture e nelle nazioni che si richiamano, nei loro principii costitutivi, alle solide radici della democrazia liberale e pluralista.
Come la Repubblica Italiana.
Quando si verificano plateali episodi di aggressione verbale contro gli ebrei, da parte di personalita’ che svolgono incarichi pubblici, oppure siedono in Parlamento, oppure occupano una posizione di alta visibilita’ mediatica, oppure sono delle vere e proprie celebrita’, tutti quanti i leader politici -all’unisono e senza eccezione alcuna- fanno a gara nel condannare la personalita’ autrice dell’esternazione, prendendo subito le distanze e chiarendo ai propri potenziali elettori e al proprio pubblico di non aver niente da condividere con quella specifica persona. Nei casi piu’ clamorosi scendono in campo addirittura il Presidente della Repubblica o il Presidente di Senato e Camera per rendere chiaro l’appoggio istituzionale alla comunita’ israelita italiana.
Passata la bufera, l’evento in questione viene dimenticato, e quello specifico episodio viene rubricato nella biografia sociale della nostra nazione.
Ma dopo qualche settimana, o mese o anno, si verifica un altro episodio.
E il giro ricomincia.
Quantomeno nella Repubblica Italiana.
Inevitabile la domanda: “Perche’ questo accade, da noi?”.
A caldo -quando la cronaca spinge inevitabilmente a risposte immediate e su tutta la stampa i piu’ accreditati editorialisti fanno a gara nel redigere proclami di protesta garantendo solidarieta’ agli amici ebrei italiani- si assiste a un sussulto di confronto, a una parvenza di dibattito, a un vagito di discussione.
Poi, di nuovo, cala il silenzio, e della questione non se ne parla piu’. Come se la radice velenosa dell’anti-semitismo fosse stata estirpata per sempre. Se ne parla soltanto quando la realta’ offre degli spunti clamorosi, dato che c’e’ sempre qualcuno che un mattino si alza e non potendo aggredire i propri autentici avversari in affari e in politica, sceglie la piu’ antica e squallida strada.
Oggi, 15 ottobre 2010, non si e’ verificata nessuna dichiarazione. Non c’e’ stata nessuna personalita’ che abbia pronunciato neppure una parola contro gli ebrei, e la cronaca non registra nessun episodio di rilievo degno di menzione. La ritengo, quindi, un’ottima occasione per intervenire fuori dal coro usuale.
Perche’ consente la splendida occasione di risolvere subito un problema grave dell’immaginario collettivo: abbattere l’identificazione dell’Ebreo (in quanto tale) come capro espiatorio e vittima del potere costituito.
Non c’e’ protesta, non c’e’ proclama, non c’e’ corteo.
C’e’ il ricordo –per il sottoscritto che proviene da una famiglia di israeliti romani- del 16 ottobre 1943, quando, all’alba, le truppe naziste entrarono nel ghetto della capitale e deportarono gli abitanti nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, da cui non fecero piu’ ritorno.
A quei morti innocenti, attori di un film che oggi, 67 anni dopo, a noi appare come un horror dal sapore surreale, dobbiamo una risposta che non sia soltanto ed esclusivamente retorica e celebrativa, bensi’ politica.
Totalmente e squisitamente Politica.
Nella fase attuale del dibattito nazionale, non esiste nessun soggetto politico che non dichiari, ogni santo giorno, l’assoluta necessita’ di abbassare i toni della nostra consueta faziosita’ e riproporre il dibattito tra le parti generando un confronto tra diversi per restituire alla Politica quella nobilta’ che sembra essere declinata.
Forse, una volta tanto, “il problema” degli ebrei e quindi dell’anti-semitismo, puo’ dare un contributo a questa esigenza collettiva che nasce davvero da un bisogno reale e condiviso da tutto il popolo italiano, qualunque sia il loro schieramento.
Vediamo di fare il punto della questione: di tutte le definizioni date sull’anti-semitismo, ancora oggi, la piu’ autorevole e valida e’ quella firmata dal filosofo francese Jean Paul Sartre, datata 1949: “Gli ebrei sono stati sempre perseguitati dalla destra in quanto ebrei, perche’ erano ebrei; in compenso, la sinistra li ha sempre attaccati e perseguitati perche’ loro si sentono ebrei”.
E’ proprio cosi’. Per piu’ di quarant’anni, in Italia, la Destra ha seguitato ad attaccare gli ebrei nella loro essenza, perseguitandoli perche’ deicidi, diversi, dotati di un’essenza culturale e psicologica che i piu’ estremisti finivano per attribuire addirittura ad un fattore genetico, identificando quindi i propri connazionali di etnia e religione israelita come dei soggetti biologicamente inferiori. Poi, negli anni’80, le cose sono cambiate. La clamorosa svolta e’ avvenuta grazie alla visita di Papa Giovanni Paolo II alla singagoga di Roma, il quale, nel definire gli ebrei “fratelli maggiori” ha cancellato con una semplice frase l’infamante e oscena accusa di essere deicidi, liberando quindi gli ebrei dall’addossarsi inconsciamente una responsabilita’ collettiva cosi’ mostruosamente ampia.
In seguito a quella visita, all’interno dei partiti politici della Destra, si e’ svolta un’ampia e profonda rilettura della definizione degli ebrei finche’, nei primi anni ’90, dapprima in luoghi di nicchia, poi in alcune pubblicazioni specialistiche, infine in dichiarazioni pubbliche dall’inequivocabile sapore liberal democratico, ufficialmente la destra italiana ha abbattuto l’identificazione dell’ebreo italiano come diverso, cancellando la distinzione tra gli israeliti e i cattolici nella loro essenza spirituale, sociale, e quindi politica.
Con questa posizione, automaticamente, la Destra e’ uscita fuori da qualsivoglia accusa –usando sempre come parametro la definizione sartriana- di anti-semitismo militante, immettendo se stessa nel mercato della politica democratica e sottraendo quindi alla Sinistra il predominio assoluto nel glorificarsi come unici rappresentanti e difensori italiani dei connazionali ebrei.
Da quel momento in poi, i cittadini italiani di etnia israelita si sono sentiti liberi e autorizzati, nel caso corrispondesse alla loro ideologia politica, di poter votare a destra e sostenere candidati della destra, basando la propria selezione sulla base di un discorso politico, visto che la Destra aveva cancellato per sempre l’attacco agli ebrei nella loro essenza, perche’ erano ebrei.
La Sinistra, invece, e’ rimasta al palo.
L’opzione anti-semita e’ ormai scomparsa a destra –e senza pochi scossoni-  mentre a sinistra e in tutta la Sinistra e’ piu’ viva che mai. Soprattutto in campo intellettuale, le notizie di vera e propria discriminazione da parte della sinistra nei confronto di scrittori, scienziati, artisti italiani di religione e di etnia israelita, sono all’ordine del giorno, e la loro diffusione sta aumentando sempre di piu’. Con la ignobile scusa di una posizione politica favorevole alla causa palestinese, nei luoghi dove la Sinistra detiene ancora un potere effettivo e fattuale nel mercato della produzione culturale, sia essa accademica o commerciale, si approfitta di tale posizione per discriminare gli ebrei.
Al cittadino italiano di etnia isrealita, infatti, la Sinistra seguita a rinfacciare e non riconoscere il proprio “sentirsi” ebreo, ne’ piu’ ne’ meno di quanto non lo facessero nel 1948. Sono in ritardo storico di almeno sessant’anni.
E non hanno nessuna intenzione neppure di aprire il dibattito interno. Non hanno in agenda nessun confronto, nessun dibattito, nessuna apertura.
Oggi, la Destra Italiana non e’ in grado –perche’ intimidita dall’attuale pochezza squallida del dibattito politico- di chiedere un rendiconto su quest’argomento alla Sinistra Italiana.
E la sinistra non ha nessuna intenzione di affrontare l’argomento.
Purtroppo, nel nostro paese e’ sparita, ingoiata dalla decadenza, la possibilita’ di poter assistere a un confronto tra conservatori e progressisti, destra e sinistra, filo-semiti e anti-semiti. Si parla soltanto dei duelli Berlusconi/Fini, Veltroni/Vendola, Bersani/Follini, Di Pietro/Rutelli e ogni argomentazione viene risucchiata all’interno di queste zuffe interne.
Da cui la necessita’, nel darne la notizia pubblica, di approfittare di questa testata (nel ricordare la tragica data infausta del 16 ottobre 1943) per rivolgermi ufficialmente a Giorgio Napolitano, Mario Schifani, Gianfranco Fini, Silvio Berlusconi, il quartetto politico che rappresenta al piu’ alto livello istituzionale la sintesi dell’intera coscienza collettiva, e fare il seguente appello:

“Illustrissime Eccellenze, per il quindicesimo anno consecutivo, nella dotta citta’ di Bologna, nella regione Emilia-Romagna, i comitati accademici dell’Universita’ hanno stabilito di dar vita, come consuetudine ormai tradizionale ,alla “settimana di boicottaggio della cultura israeliana”. In termini pratici, questo vuol dire che i 645 studenti di nazionalita’ israeliana, ospiti dell’universita’, dove producono cultura, scienza e istruzione, non potranno presentarsi a svolgere le loro mansioni. Non solo. Tale tradizione spinge anche i cittadini italiani di etnia israelita, regolarmente iscritti all’universita’, a doversi astenere dalla frequentazione dei corsi  per evitare di finire nella consueta gogna discriminante che li vede inevitabilmente obbligati a dover approvare manifesti, proclami, discorsi contro l’esistenza dello Stato d’Israele, se si vuole aspirare a una carica universitaria, una pubblicazione dotta, una promozione meritata.
Nella sede dell’organizzazione che il sottoscritto presiede, e’ arrivata la notizia che, emulando la tradizione della citta’ di Bologna, anche l’Universita’ della citta’ di Napoli si appresta a seguire tale tradizione.
Noi riteniamo che questo programma sia lesivo e discriminatorio di una parte –pur minoritaria- di cittadini italiani e non, ai quali viene attribuita come colpa la propria appartenenza etnico-religiosa alla comunita’ israelita. Il Rev. Sermoneta, Rabbino Capo della piccola comunita’ ebraica di Bologna, nel definire la citta’ “Bologna la Rotta” ci ha esternato con profondo dolore spirituale l’insistenza con la quale il mondo accademico bolognese intende perdurare questa tradizione, a nostro avviso contraria a ogni principio di lealta’ democratica sancito dalla nostra Costituzione, tuttora vigente. Vi chiediamo di avviare una indagine conoscitiva per appurare i fatti, chiedendo “ufficialmente” che le piu’ alte cariche istituzionali della Repubblica Italiana onorino la propria tradizione salvaguardando gli intellettuali ebrei italiani, gli scrittori ebrei italiani, gli studiosi ebrei italiani, da qualsivoglia campagna discriminatoria nascosta dalla scusa di non essere d’accordo con la posizione politica di una nazione terza.
Ringraziamo per l’attenzione e nel comunicare la nostra imperitura devozione ai fondamenti basici della Repubblica che Voi quattro ben rappresentate, nel ricordare che in quanto connazionali, mai nella Storia ci siamo sottratti al nostro dovere civico nazionale manifestando sempre il nostro autentico amor patrio, Vi porgiamo i sensi della nostra piu’ doverosa stima e restiamo in attesa di una risposta ufficiale”.

Sergio Di Cori Modigliani
Presidente Uise (Unione Italiana Scrittori Ebrei).

Roma 15 ottobre 2010

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