venerdì 12 agosto 2011

Se fossi Cameron denuncerei Marchionne e chiederei i danni. a proposito dei fatti di Londra

di Sergio Di Cori Modigliani


A proposito di Londra e sull’ennesimo uso delle armi di distrazione di massa.
Barbari, delinquenti e criminali: quasi tutti d’accordo.
Altri, invece, attribuiscono loro delle valenze –davvero surreali-  di espressione di una rabbia compressa, di una potenziale voglia di liberazione, di un disegno addirittura politico.
Categorie obsolete e perdenti per un mondo diverso, davvero completamente diverso, da quello che in realtà è invece diventato.
Il trionfo del Grande Fratello in questo inizio di millennio ruota tutto –e lì trova il suo perno centrale- nel tentativo di convincere le masse e gli intellettuali cosiddetti pensanti che la realtà sociale è composta e strutturata in un certo modo, mentre, invece, lo è in modo diverso.
In tal modo è possibile seguitare ad usare le armi di distrazione di massa.
Tutti preoccupati, oggi, di ciò che è accaduto a Londra, Birmingham e in altre città britanniche. Non riesco a comprendere quale dovrebbe essere la sorpresa.
Caso mai, la sorpresa, è che non avvengano simili episodi tutti i giorni anche in Lombardia, Piemonte, Puglia e Toscana.
E veniamo al punto:
Una ventina di giorni fa dovevo incontrarmi con i miei  due figli maschi per pranzare insieme a loro prima che andassero in vacanza. Ero arrivato all’appuntamento con qualche minuto di anticipo. Loro ancora non c’erano. Ad un certo punto li ho visti che camminavano verso di me assorbiti da una discussione tra di loro che sembrava davvero importante. Non appena incontrati, il più giovane (appena 19 anni) mi ha subito chiesto:
“Papà, ma il lusso è un nostro diritto? E’ un diritto che dovrebbe essere garantito a tutti?”.
Siamo andati a mangiare parlando della questione. Mi hanno spiegato che in tutta Roma  (e immagino, quindi, anche nel resto d’Italia) -da cui la loro animata discussione- la città era piena di giganteschi manifesti pubblicitari che reclamizzano un’automobile economica per le masse, la Lancia y10, prodotta dal gruppo Fiat di Torino. Nella pubblicità, come testimonial, invece della consueta pupona in deshabillé, c’è l’immagine dell’attore francese Cassel, il coniuge di Monica Bellucci, simbolo di una visione dell’esistenza macho celodurista, interprete (davvero un ottimo attore) di molti film in cui rappresenta sempre il duro post-moderno per eccellenza, una specie di variante del terzo millennio di quello che a metà degli anni’70 era stato Clint Eastwood con il suo ispettore Callaghan.
L’immagine mostra soltanto il suo volto, non il corpo per intero.
Il messaggio è chiaro: “è la maschera che parla” quindi, la summa dei personaggi che lui rappresenta.
Lo slogan è micidiale “Il lusso è un diritto”.
Il messaggio sarebbe comico se non fosse tragico.
Comico perché Cassel è proprietario di quattro automobili, una Bentley, una Jaguar decappottabile ultimo modello, una Maserati biturbo e una Mercedes Benz suv ultimo modello per metterci su i bambini quando va nella sua villa di campagna. Nella mente del pubblicitario che ha ideato il messaggio, il fine –penoso nella sua tragica inconsapevolezza- consiste nel far arrivare il messaggio che la Lancia Y10 è un oggetto di lusso. Fin qui, lo si poteva anche accettare. E’ una variante di comunicazione di un’altra celebre pubblicità italiana nella quale si vedono reclamizzati dei cioccolatini di cui è ghiotta una miliardaria aristocratica servita dal suo cameriere. In quel caso il messaggio incitava a pensare che mangiando quei cioccolatini si condivideva lo stesso stile di vita del jet set. Una messinscena banale quanto efficace. Senza potenziali danni sociali (se non per il fegato per chi ingoia troppa cioccolata). E senza parole.
Qui, invece, si introduce un messaggio politico, chiaro, netto, diretto, dirompente.
Si afferma (con un falso da usare per le masse dei gonzi) che una macchinetta utilitaria è un oggetto di lusso. Si afferma che tale oggetto non deve essere il frutto di un investimento economico ottenuto grazie al proprio lavoro, ai propri guadagni, al proprio profitto meritato, bensì è un diritto. Quindi, è sancito da un’autorità più alta. E' per tutti garantito.
La gravità di questo messaggio subliminare consiste nel fatto che non si tratta di una immagine su Vogue in cui si commercializzano grossi diamanti o una Rolls Royce o la vendita di una villa sulla Costa Smeralda: in quel caso, essendo il target i super ricchi, è giusto e comprensibile ricordare loro che il lusso è, per loro, un diritto. Perché loro vivono in quel mondo e per loro lo è per davvero, un diritto. Tant’è vero che considerano un “diritto” non pagare le tasse. La discriminante consiste proprio in questo: essendo il lusso un diritto, ne conseguono tutte le prerogative psicologico/sociali, tra cui: il privilegio, l’unicità, l’esclusività, ecc.,ecc.
Proponendo questa pubblicità, invece, alla massa, per strada, davanti alle fermate dell’autobus nelle periferie urbane italiane, colme di disagio che ormai sta raggiungendo un livello preoccupante di ebollizione, quale effetto può provocare nelle menti –mediamente prive di strumenti culturali e di capacità culturali d'interpretazione-  che osservano e leggono e incorporano (ne sono, per l’appunto in-formati, cioè: formati dentro) tale messaggio?

Protesto, dunque, contro la proposta offerta dalla Fiat.
Questo messaggio è offensivo, anti-costituzionale e molto ma molto pericoloso.
E’ un messaggio pornografico.
Perché è socialmente osceno.
E’ la pornografia dell’anima, una variante delle trasmissioni di Maria De Filippi.
Usato come arma sottile e abile (altrimenti non sarebbe un’arma di distrazione di massa) perché si “dà per scontato” che tutti vogliano il lusso, che quello sia l’autentico valore oggi, e che perseguirlo per poterlo ottenere equivalga nell’estate del 2011 a un inalienabile diritto.
E si sa come funziona la mente umana: convincete le masse che un'idea è un diritto, dopodichè ci vuole davvero poco nello spingerle a esercitare la violenza per acquisirlo.
In Gran Bretagna questo messaggio non c’è, la Fiat lì non vende auto.
Ce ne sono altri come questo, invece. Almeno quattro.
Tutto ciò per denunciare l’ingresso pericoloso della pornografia sociale subliminare nel campo della commercializzazione degli oggetti di largo consumo.
Non sono criminali, quei ragazzi. Non sono militanti politici. Non sono neppure arrabbiati.
Sono normalissimi consumatori, robotizzati dal disagio esistenziale, che eseguono meccanicamente gli ordini che vengono loro dati attraverso input studiati da psicologi della comunicazione, sociologi della pubblicità, agenzie, mondo mediatico.
Reagiscono come topi in un laboratorio.
In quanto topi, sono –paradossalmente- innocenti.
Non sanno neppure che cosa stanno facendo.
Che cosa pensavate che fosse il Grande Fratello, se non questo?

Non è certo un caso che l’ideatore e geniale autore di quel romanzo sia stato un grande pensatore britannico, George Orwell, che molti decenni fa allucinò con una grande capacità visionaria ciò che il mondo sarebbe diventato se non si fossero applicati dei correttivi sociali, economici. Soprattutto etici.

NO ALLA ROBOTIZZAZIONE SOCIALE DEI CETI DISAGIATI E PIU’ DEBOLI.

Fermatevi a osservare per strada quel manifesto pubblicitario e pensateci su.
Buona estate a tutti.



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