lunedì 30 maggio 2011

Un sogno shakespeariano.

di Sergio Di Cori Modigliani


"I sogni sono fatti dello stesso tessuto dei nostri sogni".
Così scriveva cinquecento anni fa William Shakespeare, ed è proprio questo che in molti oggi, in Italia, sentono di riflettersi nel rispondere ai cinici, ai razionalisti, ai pragmatici che non pensavano, non credevano nella possibilità di un cambiamento democratico.
E invece è possibile.
Perchè qualcosa sta avvenendo.
E' ancora una volta il materiale onirico a consentirci una riflessione, che è anche un augurio.

Ipotizziamo, per un attimo, uno scenario fantascientifico, irreale quanto ipotetico.
Siamo in Italia nell’anno 2120. I soliti governi, le solite polemiche, la solita storia, insomma.
Ma non è questo che conta.
Da circa cento anni, l’umanità sopravvive a se stessa in conseguenza di qualcosa che è accaduto molto molto tempo prima. Gli storici sono suddivisi in fazioni e ciascuno interpreta i fatti a modo loro; chi sostiene che c’è stata una guerra atomica, chi sostiene un esplosione naturale autonoma. Nessuno ha delle certezze condivisibili.
Tant’è, che è sparito il cielo.
E di conseguenza, è scomparsa gran parte della vita vegetale, la maggior parte delle specie animali e la popolazione sul pianeta è stata decimata. Ormai sono soltanto pochi milioni, gli abitanti che popolano il pianeta. Da circa 90 anni, la Terra è avvolta in una spessa coltre di nubi e da quattro generazioni, i pochi sopravvissuti, non sanno che cosa ci sia oltre quello sbarramento di aria. Esistono delle primitive videoteche con immagini, film e fotografie di com’era il pianeta un tempo. E le persone, nel susseguirsi dei decenni, hanno finito per adattarsi, accettando la realtà per ciò che essa è: una vita quotidiana sotto una globale cappa radioattiva.
Nell’organizzare e gestire la società, i detentori del potere garantiscono cibo e lavoro ai terrestri, grazie alla costruzione di una gerarchia di controllo basata sull’accettazione delle condizioni quotidiane per ciò che esse sono in termini pragmatici.
Nessuno sa –tra coloro che comandano e organizzano la vita di tutti- che si è arrivati alla fine del processo. Dopo cento anni, infatti, la radioattività inizia a evaporare e, a tratti, iniziano a squarciarsi le nubi.
Capita così che una notte, un giovane adolescente, cresciuto in quello specifico ambiente, decide di attardarsi prima di andare a dormire e si affaccia alla veranda del suo balcone. D’un tratto vede le nubi nel cielo che si aprono e vede –per la prima volta nella sua vita e per la prima volta sulla Terra dopo cento dieci anni- il cielo blu, le stelle, la luna piena.
Lo squarcio dura poco, qualche secondo appena.
Il ragazzo rimane colpito. Non sa proprio che cosa pensare.
Ma, dopo qualche settimana, il fenomeno si verifica ancora.
E poi, la notte dopo e di nuovo la notte dopo.
Il ragazzo, entusiasta nell’aver visto le stelle e la luna, comincia ad andare in giro raccontando la sua esperienza. Viene trattato come un visionario, da alcuni. Come un pazzo che soffre di allucinazioni, da altri. Come un pericolo sociale, per i detentori del potere.
Ma il ragazzo riesce a convincere altre persone a star sveglie la notte con la testa rivolta all’insù, osservando le nuvole in attesa che si squarcino. E ben presto, anche altri, cominciano a vederle.
E nel vederle, si rendono conto che esiste qualcosa che non sapevano che ci fosse, se non per sentito dire, al di sopra della cappa mefitica che da quasi cento anni avvolge la Terra.
I detentori del potere si rendono conto che se comincia a diffondersi questa moda, ben presto le condizioni di vita sul pianeta cambieranno. E di conseguenza si modificheranno le specie, le abitudini, le esigenze, le voglie, le ambizioni, e ciò che più conta il desiderio. Perchè quando si vive sotto una cappa di nuvole e si e’ riusciti a vedere il cielo e le stelle, rispunta la fame della conoscenza e l’anelito alla liberta’.
Ritorna, inevitabilmente, la voglia di vivere. Ciascuno il proprio sogno.
I controllori lo sanno e ne temono il contraccolpo. E così, stabiliscono che chi sostiene di aver visto il cielo e le stelle è un pazzo, pericoloso per la società e per i suoi simili.
Non sappiamo come va a finire questa storia, perchè e’ ipotizzata in un futuro remoto.
Ma l’immagine che questo racconto evoca ci piace perchè ci consente di poterla adattare alla situazione che oggi, in tutta la penisola, vivono i nostri connazionali.
In compenso, grazie allo studio della Storia, sappiamo molto bene com’è andata a finire nel passato, sia prossimo che remoto. E’ avvenuto nello stesso identico modo, in tutti i tempi e in tutte le società. E il risultato è sempre stato lo stesso, dovunque. Sia in Europa che in Asia, Africa, America. La gente comincia a scrollarsi di dosso la paura, e i detentori del potere, accecati dalle loro abitudini che vogliono pensarle come eterne, seguitano ad innescare i consueti meccanismi automatici senza rendersi conto che la macchina non potrà più funzionare.
Perche’ la gente si è resa conto che c’è dell’altro.
Perchè alcuni, le avanguardie dei curiosi, hanno visto il cielo. Hanno visto le stelle.
E quando per cento anni si è vissuti sotto una cappa mefitica ma anche per pochi minuti si comincia a vedere il cielo e a vedere le stelle, allora, la vita cambia.
E’ ciò che è accaduto nelle colonie dell’Impero sovietico con l’irruzione dell’internet, con la diffusione dei primi fax, con la possibilità di vedere delle realtà esterne che non si sapeva esistessero. E’ quello che è accaduto venti anni fa in Cina, trasformandola in breve tempo da periferia del pianeta a leader mondiale dell’economia. E’ ciò che è accaduto al Brasile sei anni fa, allora la ventiduesima potenza economica al mondo, oggi, la nona potenza industriale che –come alcuni economisti prevedono- entro la fine di luglio del 2011 prenderà il posto dell’Italia che sta precipitando sempre di più verso il fondo.
E’ per questo motivo che i detentori del potere, in Italia, con una velocità ed efficienza degna di miglior causa, davvero anomala nella loro perfetta esecuzione, hanno provveduto negli ultimi venti mesi a tagliare tutti i fondi e le sovvenzioni per la cultura, l’istruzione, la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica.
Per impedire che aumenti il numero di persone che sapranno l’esistenza del cielo e delle stelle.
Perchè sono loro ad aver paura.
Perchè hanno paura che la voglia di vedere che cosa c’è dietro le nuvole cominci a diffondersi.
Sanno, infatti, che i pazzi visionari stanno aumentando a velocità esponenziale.
A Trieste, Cagliari, Novara, Gallarate, Crotone. Dovunque.
Milano e Napoli insegnano.

La splendida notizia è che la notte, sulle verande dei balconi delle case degli italiani, cominciano ad affacciarsi di nuovo le persone, gli Esseri Umani, che si sono fidati di ciò che e’ stato detto loro da un collega per bene, da un amico, dal coniuge, dall’amante, dal fidanzato. Oppure perchè lo hanno letto in un buon libro.
O se lo sono sognato e vogliono credere nei loro sogni.
La vittoria di De Magistris è più simile a un sogno che a una realtà strategica dal sapore politico.
E’ solo una questione di tempo. Tutto qui.
E’ la splendida sorpresa che quest’estate comincia a regalarci.
Qualcosa sta davvero cambiando, nel nostro paese.
Anche se, per il momento, non vogliono farcelo sapere.
Le nuvole cominciano a squarciarsi.
Molto presto, ricominceremo a vedere il cielo e le stelle per tutte le notti. Ogni singola notte.
Gli italiani cominciano a rialzare la testa.
L’indignazione comincia far breccia, poco a poco, goccia dopo goccia, tra le nuvole in cielo.
Bentornata estate.

Donne d'amore o donne in amore? Cinquant'anni dopo la cosiddetta rivoluzione sessuale, le donne hanno oggi nel 2011 un rapporto più armonico e felice con il maschio oppure no?


di Sergio Di Cori Modigliani

Mai come in questi ultimi dieci anni -in teoria offerti in pasto alla massa mediatica come esempio di assoluta libertà di costumi e di scelta sessuale- si è parlato così poco, così male, e in maniera così avvilente, dell'unico aspetto di cui valga la pena parlare quando si affronta il tema dell'erotismo e dell'amore e che rende interessante un qualsivoglia dibattito sull'argomento dello scambio sessuale tra il maschio e la femmina nella società post-moderna.
Se prendessimo dieci donne del 1971, dieci donne del 1921, appartenenti a età e fasce sociali diverse, un distinto censo, cultura, provenienza geografica, e le mettessimo oggi a chiacchierare (tanto per scambiarsi tra di loro un sereno confronto) con dieci donne italiane del 2011, verrebbe fuori, in percentuale, che le donne del 2011 sono più felici, sessualmente più appagate, libere ed espresse?.

In teoria la risposta sembrerebbe ovvia: naturalmente sì.
Non vi è alcun dubbio, infatti, che oggi la donna sia più libera di esprimere sè stessa come Persona di quanto non lo fosse nel 1971, nel 1921, nel 1871.
Eppure, leggendo romanzi, saggi, documenti storici di decadi precedenti alla nostra, riguardando film che un tempo fecero epoca (come "Donne in amore" di Ken Russell, film culto dei primissimi anni'70 tratto da un romanzo di David Herbert Lawrence che era un libro culto del 1921) ci si accorge che c'è qualcosa invece che non funziona.

Non è così facile come sembra.
Nè tantomeno come appare.

Tant'è vero che l'ultimo congresso internazionale di sessuologia (di solito riunioni di una noia mortale perchè sono sempre tutti d'accordo su tutto e le discussioni vertono su specifici capelli da spaccare, con risultati irrilevanti che non fanno notizia) ha prodotto un inusuale performance davvero inaspettata.
Neppure a dirlo, dato il campo d'analisi, a fare scandalo sono stati gli italiani e le italiane.
E parliamo qui di psicologi, psichiatri, sociologi, sessuologi, persone professionalmente competenti -quantomeno ufficialmente- nel campo della sessualità d'amore.

L'Italia sembra essere andata da un'altra parte, nel nome della ricerca di un proprio presupposto equilibrio psico/sociale, che la situa in una zona molto distante dal resto delle democrazie occidentali.
Il tema centrale e punto di discordia ruota tutto intorno al fatto che  l'Italiano (sia come nazione, come cultura, come popolo, che come individui) appare essere  l'unico soggetto etnico in occidente in cui la "Verità" non viene  contemplata o riconosciuta come valore. Nè assoluto nè aggiunto.
Non solo.
I sessuologi italiani sostengono che il cosiddetto -loro lo definiscono con questo orrendo termine- "tradimento fuggevole occasionale" alimenta la relazionalità del rapporto sessuale tra marito e moglie e finisce per diventare un "saggio riequilibratore di dinamiche inceppate e addirittura un humus sul quale innescare nuovi stimoli di eccitazione reciproca".
La fedeltà, la fiducia, l'attribuzione di un valore assoluto al concetto di Verità sono stati sminuiti dai congressisti italiani che li hanno ghettizzati nella dimensione di "una interpretazione religiosa cattolica dell'esistenza che non riguarda e non ha nulla a che vedere con un approccio laico".

Secondo me, questi sessuologi sono pazzi o sono stupidi.

Oppure, sono semplicemente realistici, il che aggiungre sconcerto e tristezza al necessario pragmatismo da applicare per sopravvivere in Italia accettando la situazione per quella che essa è.

Ma sopravvivere non vuol dire vivere..

E' una modalità inconscia di incorporazione del "berlusconismo psicologico" (qui il Premier, non c'entra nulla, lui come Persona) che comporta come onda d'urto l'impossibilità di poter dibattere su questioni che, a mio avviso, sono invece determinanti e causa di gravi fattori di malessere, confusione e infelicità.

Ritengo infatti che le dieci donne italiane del 2011, alla fine del loro tè pomeridiano con le colleghe del 1971 e del 1921, ritornerebbero a casa sconvolte nel rendersi conto di quanto fosse più divertente ed espressa la loro vita di allora rispetto a quella di oggi.

L'Italia, ufficialmente, è diventata una nazione (la definizione è di un sessuologo americano che l'ha così definita sul New York Times) "a metà, e quindi poco compatta, a rischio di grave squilibrio psicologico".

Tradotto in termini esemplificativi vuol dire che gli italiani sostengono (dati alla mano) che essere single è splendido e stimolante ma vogliono essere accoppiati; che la fedeltà è un elemento fondamentale e  necessario, ma a a condizione che la pratichi e la sostenga il partner e non va applicata a se stessi; che la verità non fa bene alla salute di una relazione; che le fantasie non vanno represse ma neppure espresse; che bisogna dirsi tutto e condividere tutto ma è meglio usare la rete e facebook per farlo con estranei; sostengono che la solita minestra dopo un po' annoia ma allo stesso tempo che il troppo stroppia....e così via dicendo.

Ne è venuta fuori una agghiacciabnte mappa geografico/emotiva della notra nazione.
E soprattutto -a mio avviso- un allarmante sintomo di uno stato confusionale e di infelicità collettiva (soprattutto delle donne).
Basterebbe ritornare a dibattere degli aspetti fondamentali nella relazionalità, di cui si parla poco.
Sarebbe necessario rifondare tre concetti spariti nelle modalità collettive del nostro popolo: la Verità, la Responsabilità, la Fiducia.
I sessuologi italiani sostengono che queste siano banalità puritane (così le hanno definite) scontrandosi con statunitensi, tedeschi, scandinavi -soprattutto con le colleghe di questi paesi- perchè l'ambiguità aggiunge pepe, perchè la contraddizione è umana e denota maturità, e perchè la domanda -nel mondo odierno- è talmente alta e variegata per cui non si può e non ci si deve fidare del partner.

Ho capito quindi che, secondo loro, io sono un puritano banale.

Ritengo infatti che i single dovrebbero essere contenti di essere single se l'hanno scelto;  quando si è accoppiati bisognerebbe assumersi la responsabilità di una condizione basilare dell'essere due e non più uno, altrimenti tanto vale stare da soli; che la fedeltà è un Valore profondo, autentico, che va rispettato da entrambi, perchè è insito e scontato nel contratto emotivo d'amore; e che la Verità condivisa sia il pane di una relazione sana e matura.
Secondo me la Verità, proprio perchè l'Italia è quel che è, deve diventare sexy.

Così cambierà la nostra vita, e così cambieremo il paese.
Così si fa la rivoluzione sessuale, oggi. In Italia. Non inventandosi diciotto identità diverse su facebook.

Invece di avvalorare le tesi di questi sessuologi (che io considero delirantemente rappresentativi del malessere italiano e davvero poco educativi) dovremmo affrontare la fondazione di nuovi valori, partendo dall'uso del linguaggio.

Basterebbe pensare che l'espressione (in assoluto, lo sostiene il 72% delle donne italiane  intervistate) scelta come sintesi di una identificazione erotica di un uomo è stata la dizione "adorabile bugiardo".
Le tedesche, le statunitensi (che però sono molto ma molto più felici e appagate delle donne italiane) considerano l'aggettivo adorabile incompatibile con il sostantivo bugiardo: o uno o l'altro.
In Italia, invece viaggiamo a metà come al solito.
Con buona pace di sessuologi incompetenti, esperti improbabili (sia maschi che femmine) e la conseuta sfilza di opinionisti che ogni sera affollano i templi mediatici televisivi per dirci nulla che ci serva a evolvere.

domenica 29 maggio 2011

Memorie letterarie: l'immortale grandezza di Colette

di Sergio Di Cori Modigliani


 "Io voglio… io voglio… io voglio fare quello che voglio! […]. Voglio recitare la pantomima, anche la commedia. Voglio danzare nuda se il costume mi impaccia e umilia la mia plasticità, voglio ritirarmi su un'isola, se mi pare, o frequentare signore che vivono delle loro grazie, purché siano allegre, bizzarre, persino malinconiche e sagge come lo sono molte delle donne di vita. Voglio scrivere libri tristi e casti dove non ci saranno che dei paesaggi, dei fiori, della tristezza, dell’orgoglio, e il candore di animali affascinanti che si spaventano dell’uomo… Voglio sorridere a tutti i volti amichevoli, e allontanarmi dalla gente brutta, sporca e puzzolente. Voglio amare teneramente chi mi ama e dargli tutto ciò che possiedo al mondo: il mio corpo ribelle al destino, il mio cuore così dolce e la mia libertà! Io voglio… io voglio! »
Non c’è nessun motivo per celebrarla, oggi.
Non c’è una ricorrenza, un festeggiamento, una data.
L’Amore e il Rispetto, quando sono tali, hanno forse bisogno di scuse?
C’è soltanto una domanda, questa sì davvero imperiosa, che seguita a martellarmi da sempre; ed è la seguente: “perché la scrittora che in tutto il mondo occidentale è considerata la numero uno, la più armoniosa, profonda, libera e potente, amata e venerata da scrittrici femministe, scrittori maschi maschiacci maschilisti, critici letterari, in Italia non ha mai goduto di adeguato riconoscimento?”.
E’ uno dei tanti misteri della nostra vita provinciale.
Colette (1873-1954) è stata la prima donna a essere insignita di tutte le più alte onorificenze possibili (arrivate tutte insieme) come omaggio alla sua ricca e variegata esistenza, nel 1953 quando compie 80 anni e riceve tributi e onorificenze quali la medaglia della Città di Parigi, l’elezione a membro onorario del National Institute of Art and Letters di Nuova York, e il grado di Grand’Ufficiale della Legion d'onore.

Un’autora che ha una particolarità unica nel mondo letterario e nella cultura contemporanea del secolo ventesimo: è riuscita –nella sua assoluta competenza e nella sua totale libertà esistenziale- ad affascinare sia femministe intellettuali come Simone de Beauvoir che scrittori maschilisti anti-femministi come Philip Roth. E’ riuscita a farsi considerare come la top assoluta in una immaginaria hit parade sia da Camille Paglia che da Henry Miller. Nel 1948, Truman Capote andò a Parigi per conoscerla di persona. Nel 1950 quando uscì “Il giovane Holden” di D. Salinger –il più famoso romanzo della letteratura statunitense- l’autore pubblicò una auto-recensione sul New York Times dichiarando “se il mio romanzo non piace a Colette io mi ammazzo”.
Due anni fa, sul New Yorker apparve una lunghissima intervista a Philip Roth, nel corso della quale la giornalista chiedeva al celebre romanziere americano quale fosse –se ce l’aveva- il più grande cruccio della sua esistenza. “Uno ce l’ho, e ha reso sempre la mia vita miserabile e forse inutile, al punto tale da avermi fatto sentire un fallito: quello di essere nato troppo tardi, il mio primo libro comparve quando lei era già morta. Non aver fatto l’amore con Colette, non aver potuto godere del privilegio di sapere che lei leggeva i miei libri, non aver potuto trascorrere un pomeriggio a chiacchierare con lei prendendo il thè. Una tragedia che mi porterò sempre appresso”.
In Italia è considerata un culto, letta e stimata da uno sparuto manipolo di gustatori di libri dotati di sopraffino palato. Niente di più.
Praticamente sconosciuta.

Era una contro tutti e tutte.

Le femministe la adoravano perché lei diceva (e scriveva) dei maschi: “I maschi sono dei criminali, tutti: è per questo che noi donne siamo affascinate dai gialli e dal crimine. Io non potrei vivere senza i criminali. Basta saperlo”.

E i maschilisti l’amavano per ciò che diceva e scriveva sulle femministe: “«Femminista io? Starà scherzando. Le suffragette mi fanno schifo. E se a qualche francese salta in testa di imitarle, spero che le facciano capire che comportamenti del genere in Francia non sono tollerati. Sa che cosa meritano le suffragette? La frusta e l’harem» (risposta di Colette ad un intervistatore che nel 1910 le chiese se fosse femminista).

Lei scriveva così:
vai oltre il dolore,e cerca le tue risorse..la tua forza..la tua fede...alzati e porta con te la lanterna della gioia per illuminare il cammino buio..tu puoi vincere quando vivi nella piena potenza di una vita libera di paure e scoraggiamento.."

Ha scritto e pubblicato circa 90 libri tra romanzi, saggi, racconti, novelle, critiche sociali e letterarie.
In Italia, soltanto due editori, Adelphi e Passigli hanno pubblicato qualche suo libro.
Seguita a essere sconosciuta e ignorata dal pubblico.
Un grande mistero.

  • Nelle edizioni Adelphi: Il puro e l’impuro (1980), Il mio noviziato (1981), Chéri (1984), La fine di Chéri (1985), La nascita del giorno (1986), Sido (1989), Il grano in erba (1991), Gigi (1992), Il kepì (1996), Julie de Carneilhan (1997)
  • Nelle edizioni Passigli: L’ancora (1994), I retroscena del music-hall (1994), Mitsou (2002), Per un erbario (2002), Camera d’albergo (2003), Luna di pioggia (2003)

·      "Da un capo all’altro del libro, non un cedimento, non una ridondanza, non un luogo comune"[17] e anche "Che splendido argomento è quello che ha scelto! E con quale intelligenza, padronanza e conoscenza dei segreti meno confessati della carne"[.   così scriveva di lei il premio Nobel Andrè Gide nel 1935.
Co
Claudine, serie composta da quattro romanzi con lo stesso personaggio protagonista:

sabato 28 maggio 2011

Le donne di cui i media non parlano in Italia: Siham Sergewa, coraggiosa eroina dei nostri tempi.

                                         di Sergio Di Cori Modigliani


Questa donna si chiama Siham Sergewa.
In Italia nessuno sa chi sia. Di lei non si è parlato, non è stata intervistata. Nessuno sa neppure che esista.
Eppure è salita alla ribalta della cronaca quotidiana dell'informazione in tutte le democrazie avanzate d'occidente.
L'intervista che ha rilasciato a una giornalista di CNN circa dieci giorni fa, è stata venduta a 47 nazioni, teletrasmessa in prima serata, suscitando dibattiti, confronti, discussioni.
L'Italia è l'unico paese del Consiglio d'Europa (insieme alla Romania) che non ha acquistato i diritti.

Ma chi è questa donna?

Laureata in Psicologia Dinamica all'univesrità di Londra, specializzata in Psicologia comportamentale e della relazionalità all'Università del Cairo, Siham Sargewa è una cittadina egiziana, di religione mussulmana, proveniente da una famiglia ricca della buona borghesia del suo paese.
Ai primi di gennaio si trovava in Lybia, a Bengasi per la precisione, quando sono iniziate le rivolte armate contro il rais di Tripoli.
Lei ha deciso di rimanere nella città potendo contare sull'ospitalità diplomatica nella sede del consolato della repubblica d'Egitto.
E' stata quindi testimone della rivolta, dell'arrivo delle truppe di Gheddafi, degli scontri, dei successivi bombardamenti della Nato e della definitiva vittoria dei ribelli con la fuga dell'esercito di Gheddafi in rotta.
Quando la Comunità Europea ha deciso di riconoscere il governo della Cirenaica ha inviato un proprio alto commissario, di mazionalità spagnola, Veloso, il quale si è trovato davanti una accapricciante situazione.
Un enorme degrado, un numero molto alto di persone torturate, voci su donne vittime di stupro di massa.
Ha chiesto subito a Bruxelles di inviare delle donne dall'Europa con due precise qualifiche: laurea in psicologia, perfetta conoscenza dell'inglese e dell'arabo.
Da Bruxelles hanno risposto che nesuna era disposta ad andare a Bengasi. Troppo rischioso.
Venuta a sapere della richiesta da parte dell'alto commissario, Siham Sargewa si è presentata volontaria, mettendosi a disposizione.
E così è stata assunta.
Per quaranta giorni è andata in giro su una jeep militare visitando 234 villaggi della zona (ancora sotto le bombe) nei quali erano arrivate le truppe di Gheddafi prima del contrattacco nemico. Ha parlato con al gente ed è riuscita -grazie alla sua competenza- a ottenere delle confessioni.
Ha fatto trasferire circa 500 donen in una zona sicura dove è riuscita a convincere l'Alto Commissario a far venire dall'Europa ("non abbiamo bisogno soltanto di bombe") psicologhe e infermiere che parlassero arabo. Ne hanno trovate due. Altre quattro le ha trovate su internet e le ha fatte venire dall'Indonesia, dall'Iraq, dall'emirato dell'Oman.
Ha messo su un gruppo di assistenza e ha preparato un libro bianco e un dossier sul comèportamento dell'esercito libico. E' venuto fuori che alle proprie truppe, Gheddafi ha dato l'ordine militare di bere una specie di sciroppo afrodisiaco composto da frutta e pillole di viagra "regalando" loro il diritto allo stupro. E così i soldati sono entrati nei villaggi hanno preso i maschi, alcune volte li hanno uccisi; altre ancora li hanno legati a un palo facendo loro assistere allo stupro di massa delle donne.
La Dott. Siham Sargewa ha raccolto finora 34.000 confessioni raccontando in televisione le orribili vicende della esperienza personale di queste donne.
I governi della coalizione militare hanno deciso alla "quasi" unanimità di diffondere questo video intervista perchè la gente venga informata e sappia ciò che là succede.
L'Italia è l'unico paese nel quale non eè stata diffusa la notizia, non sono state rilasciate cifre, non è stato fatto circolare il video.
Richiesti di un parere, all'ufficio stampa del Minsitero degli Affari Esteri e della Difesa, i portavoce hanno risposto "è stata una scelta strategica, non vogliamo impressionare la popolazione italiana. l'abbiamo fatto per cautelare i nostri cittadini".
Novità del 2011: adesso la censura contro lo stupro la chiamano "scelta strategica".

raglia raglia Giovane Itaglia!!

venerdì 27 maggio 2011

memorie cinematografiche: ricordando il film più "cult" della storia, di cui ricorre il cinquantenario dalla sua ideazione


                                                                                         http://www.youtube.com/embed/lL7d0OQUdSQ
di Sergio Di Cori Modigliani

E' in assoluto il film più cult che sia mai esistito.
E non è certo un caso che il tema principale fosse per l'appunto, la mitologia del culto.
Dieci giorni fa  la Royal Library of History Movies di Londra, lo ha definitivamente consacrato come il film che ha "maggiormente sconvolto le coscienze collettive del mondo occidentale decretando il lancio di una nuova moda che avrebbe cambiato per sempre gli usi, i costumi, le consuetudini di tutte le società del mondo".

Il film si chiamava "The knack" e venne distribuito nel 1963.
Distribuito si fa per dire (e fu proprio questa la sua fortuna).
Nessuno osò correre il rischio e assumersi la responsabilità di proporlo al grande pubblico.
E allora i produttori (un gruppo di giovanissimi cineasti britannici) dopo due anni di tentativi falliti decisero di proiettarlo a pagamento nella cittadina di Liverpool, nella discoteca dove suonava un complesso locale che stava diventando abbastanza celebre, the Beatles.
Il regista, Richard Lester, divenne il padre della swinging London. E la protagonista del film, Rita Tushingham, una giovane attrice di teatro shakespeariano, alta e allampanata, bruttina, timida, impacciata, il simbolo sexy di un modello erotico di donna impensabile a chicchessia fino a pochi mesi prima.
Il film venne girato tutto nell'appartamento del regista e in una via laterale di un quartiere della periferia di Londra, dove c'era la possibilità di girare senza pagare le tasse al comune. Le comparse (circa duecento ragazze) parteciparono gratis. Siccome non c'erano neppure i soldi per montarlo, non lo montarono.
Racconta la storia di un ragazzo di diciotto anni che scopre, all'improvviso, di essere talmente sexy ma talmente sexy che le donne pagherebbero pur di farsi baciare da lui. E così si fa convincere da un amico ad aprire un baracchino nell'ingresso del suo modesto appartamento dove in cambio di mezza sterlina (il corrispondente d'oggi di 10 euro) accetta di baciare a pagamento le ragazze in pubblico. Pone un'unica condizione: che tutte le ragazze indossino una gonna corta "ma davvero molto molto corta". Tutto qui.
Il film è la storia dell'incontro tra questo giovane attraente (che possiede per l'appunto "The knack", quel certo non so che) e un suo amico che vuole carpirgli il segreto della sua fortuna.
Si incarica di tagliare le gonne un'amica del regista che da grande voleva fare la stilista di moda ma nesuno le dava retta perchè per definizione "Moda" voleva dire solo e soltanto Parigi, Milano e Roma.
La ragazza si chiamava Mary Quant e sulla cintura di ogni gonna ci appiccicò la sua etichetta "miniskirt by Mary Quant".
Quando il film uscì, la platea dei giovani di allora impazzì per questo film (che veniva proiettato soltanto il week end).
Due settimane dopo alle sette del mattino c'era una fila di almeno duemila giovani che prenotavano il biglietto per andarlo a vedere. Nacquero presto delle copie pirata che venivano proiettate di nascosto nelle scuole, nei club privati, nelle aule dell'università la notte.
Finchè la grande distribuzione si accorse dell'impatto e decise di distribuirlo.
Dapprima provò con cinque sale a Londra.
E così un sabato mattina, la città si svegliò e vide una interminabile fila di migliaia e migliaia di ragazze che indossavano la miracolosa "minigonna del film" provocando scandalo tra i passanti per prenotare un biglietto del cinema.
Dieci giorni dopo il film era distribuito su 5000 sale cinematografiche del Regno Unito.
Arrivarono proteste in parlamento. Ci furono deputati che chiesero l'arresto del regista, del produttore e del distributore per oltraggio al pudore. E iniziò una battaglia politica e di costume.
Nel frattempo a Mary Quant cominciarono ad arrivare decine di migliaia di richieste per le sue gonne.
Ma lei lavorava in un garage di un sobborgo di Londra.
Scrisse una lettera a Sua Maestà, la Regina Elisabetta II, chiedendo aiuto.
La Regina che seguiva il dibattito in corso sui giornali si fece inviare a Buckingham Palace una copia del film.
Lo guardò, chiamò la BBC e si fece intervistare. "Trovo questo film semplicemente adorabile e incantevole".
Era il 20 giugno del 1964.
La settimana dopo degli uomini d'affari legati alla corona si presentarono da Mary Quant e si offrirono come sponsor della sua attività mettendo a disposizione un capitale iniziale (corrispondente a circa 100 milioni di euro di oggi) per lanciare il suo capo di vestiario, aggiungendoci una striscetta con la frase della Regina Elisabetta.
L'arcivescovo di Canterbury dichiarò -in aperta polemica con la corona- che questo fatto avrebbe distrutto la società inglese in pochi mesi facendo decadere per sempre la nazione.
Sei mesi dopo, Mary Quant presentava la sua collezione a Parigi e diventava la più famosa stilista mai esistita sulla Terra, mettendo il primo mattone dell'industria della moda inglese.
In Italia non venne concessa la distribuzione del film, considerato osceno "e lesivo del comune senso del pudore". Uscì soltanto un anno dopo nel 1965, con il titolo "Non tutti ce l'hanno" ma vi aggiunsero un vietato ai minori di 18 anni, decretandone l'insuccesso. Si vedeva, allora, di nascosto.
Ma lo vide Michelangelo Antonioni che protestò ufficialmente contro l'ufficio censura italiano e annunciò in pubblico che andava a vivere a Londra.
Quando il film arrivò negli Usa si trasformò subito in una bomba sociale.
Ci furono denuncie, sollevazioni, perfino dei suicidi da parte di ragazze alle quali i genitori vietavano di acquistare la minigonna di Mary Quant nei negozi.
Ma il sindaco di New York, John Lindsay, diede il suo consenso per la grande manifestazione a Central Park organizzata dalle giovani americane che rivendicarono pubblicamente il diritto di indossare le minigonne in pubblico. L'America puritana rimase sconvolta nel vedere sfilare decine di migliaia di adolescenti con le gambe scoperte nel centro di Manhattan.
Fu la prima diretta televisiva di un evento sociale nella storia dei mass media.

Pochi anni dopo, a Richard Lester venne attribuito dalla Regina Elisabetta il titolo di baronetto e a Mary Quant venne concessa l'onorificenza al merito "Ordine della Giarrettiera per motivi civili" che per la prima volta dal 1565 venne data a una donna.
La menzione sosteneva di riconoscere a Mary Quant "il merito di aver aperto un fondamentale e strategico segmento di mercato alla Gran Bretagna e di aver contribuito alla diffusione della cultura inglese e all'amore dei cittadini del mondo per gli usi, i costumi, le consuetudini del Regno Unito".

Verso una nuova ecologia della mente: "La guerra tra sessi di cui non si parla mai: inequivocabile sintomo di una società in via di regressione e di decadenza".


di Sergio Di Cori Modigliani

Chi ha avuto l'opportunità e la fortuna di viaggiare all'estero -e non soltanto per motivi di turismo e diletto- nelle nazioni occidentali a buon diritto considerate le più evolute e progredite d'occidente, stanziandosi per un certo periodo, e facendo un'esperienza di lavoro in loco, ha potuto toccare con mano l'enorme disparità che esiste (rispetto a una nazione come l'Italia) nella modalità di relazione uomo/donna in quei paesi e nel nostro.
Gli impietosi indici dell'Istat, i conti dell'economia, il forte ammonimento della Marcegaglia, e un penoso stato di arretramento culturale collettivo -sintetizzato dall'imbarbarimento nelle attuali competizioni elettorali sia a Milano che a Napoli- rivelano tutti i sintomi di una società aggravata nella propria regressione.
"L'Italia non cresce, questa è la verità. Corre, dunque, il rischio di rimanere ai margini dello sviluppo europeo".
Lo ha detto la Presidente di Confindustria, lo dice il Governatore della Banca d'Italia, lo dicono ormai tutti.

Ma io non mi occupo di economia.

Che il paese fosse andato a finire in una zona di grave emarginazione rispetto a Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e paesi scandinav, iera chiaro -per chi dopo tanti anni ritornava in Italia- nel vedere lo stato penoso della relazionalità intima e privata tra uomo e donna oggi nel nostro paese.
Basterebbe pensare al fatto che non c'è stato un solo talk show (Porta a Porta, Ballarò, Anno Zero, Exit, NdP, L'ultima parola, Linea Notte, Che tempo fa, tanto per nominare quelli più seguiti alla tivvù) che abbia scelto di destinare una serata a un dibattito relativo all'arresto di Dominque Strauss Kahn, alle sue implicazioni, all'impatto che il suo comportamento svelato può avere sulla coscienza collettiva.
Non se n'è dibattuto neppure su nessuno dei quotidiani più importanti del paese.
Mentre, nelle altre nazioni, da settimane non si parla d'altro.
Perchè l'Italia è rimasta fuori dal dibattito più avanzato nelle società evolute e si rifiuta di affrontare un problema fondamentale della nostra società oggi: il ritorno massivo alla guerra tra sessi.

La discriminante fondamentale che sèpara una nazione evoluta da un paese regredito ruota intorno alla capacità di una determinata etnia, popolo, cultura, paese, società, comunità, nel riuscire a fondare e stabilire una sostanziale armonia tra le esigenze dei maschi e le esigenze delle femmine; riconoscendosi, identificandosi, e quindi aiutandosi l'un l'altro nel rispetto delle proprie differenze genetico/culturali.
In Italia, invece, il rapporto maschio/femmina è finito congelato.
Di conseguenza vengono congelate tutte le argomentazioni relative alle modalità che devono essere affrontate quotidianamente e socialmente nell'affrontare la possibilità di una vita comune in una società complessa.
Il nostro paese è ritornato ad un muro contro muro, rifondando una guerra tra sessi, che finirà per impoverire entrambi, sia maschi che femmine.
Non esiste partito nè formazione politica che in Italia si sia sottratto a questo infelice ruolo.
Perfino le esibizioni di "apparente" liberalità (come ad es. i divertenti siparietti di Luciana Littizetto nella sua fortunata trasmissione televisiva insieme a Fabio Fazio) ruotano intorno a una interpretazione vetusta, obsoleta, dichiaratamente perdente sia del maschio che della femmina. La Littizetto ha cavalcato il sintomo della degradazione per conquistarsi i favori di un pubblico basso e quindi riconfermando in pieno proprio gli stereotipi che "in apparenza" vuol fare credere di combattere. Esasperandoli nel ridicolo li esalta e li conferma.
Certo, è facile, oggi per una donna, in televisione fare dell'umorismo contro i maschi.
Così come è facile, per i maschi, farlo contro le donne, seguitando a usare la donna come merce di scambio.
Nelle altre nazioni ci sono stati sviluppi e modalità che hanno comportato cambiamenti traumatici ed epocali, che alla fine hanno provocato come risultato ultimo un allargamento dei confini psicologici individuali, un miglioramento della posizione della donna sul mercato del lavoro, un approfondimento esistenziale di gioia e di piacere nel maschio, un nuovo sistema di investimento di energia nell'economia.
Il documentario "Il corpo delle donne" che ha avuto una certa fama e un seguito, diventando anche un libro, come abbiamo visto, non ha ottenuto effetto alcuno. Non ha provocato nessun cambiamento, nessuna modificazione, nessuna presa d'atto collettiva. Non ha prodotto alcun risultato tangibile.
"Sarebbe stato molto diverso se a farlo fossero stati dei maschi".
Una frase, questa, che in Italia suscita subito delle impennate da parte delle donne.
Ma è l'opinione di Camille Paglia, la più importante, profonda e lucida  intellettuale femminista statunitense, che si è occupata molto marginalmente,  del caso Italia, (essendo noi considerati una civiltà marginale nel dibattere il confronto tra maschio e femmina; al pari con l'Egitto, la Giordania, l'Indonesia, la Turchia) quel poco sufficiente per averle fatto capire il disastroso stato delle relazioni intime qui da noi.
Nelle altre nazioni, infatti, già da molto tempo diverse associazioni di diritti civili delle donne, appartenenti per lo più a quello che viene identificato come "post-femminismo militante attivo" hanno finito per accordarsi con i maschi tenendo presente che il fine è comune: l'armonia.
Sono stati quindi identificati dei comportamenti base di massa sia dei maschi che delle femmine, riconoscendoli per ciò che sono, e di conseguenza accettandoli come strutturali. Da lì, si sono stabiliti dei parametri per porre le fondamenta di una educazione civica collettiva.
Esempi vari di diversa entità:

1). Un testo come "il corpo delle donne" è inutile. Perchè i responsabili della mercificazione del corpo femminile sono i responsabili esecutivi delle grandi organizzazioni che gestiscono la pubblicità in occidente. In tutto 1876 dirigenti. Di questi il 74% sono maschi. Non leggono e non ascoltano le donne. Quindi, un test e un documentario come questo a loro non interessa.
Sia in Usa che in Danimarca che in Germania è stato fatto un documentario analogo (nel 1994, era Clinton, in Usa; nel 1996 in Germania, nel 1998 in tutti i paesi scandinavi). Si sono accorti che non otteneva gli effetti desiderati, ci sono state per qualche anno riunioni, confronti e scontri tra maschi e femministe su questo argomento e alla fine sono state trovate delle soluzioni pragmatiche che hanno prodotto un enorme effetto. E così nel 2002 è stato pubblicato un testo che ha venduto 12 milioni di copie (firmato da due maschi, sociologi entrambi, il cui titolo era: "perchè ci piace vedere -e possibilmente toccare- delle belle tette e un culetto da favola"). Quel libro venne osannato -circa dieci anni fa, questo è considerato oggi il ritardo dell'Italia rispetto alle altre nazioni- proprio dalle femministe e liberò la nazione affrontando delle argomentazioni reali basate sul fatto (ad es.) che il maschio ha una libido attivata dal senso della vista mentre la femmina ce l'ha dal senso dell'udito (in Italia non esiste neppure un testo o una relazione su questo argomento) e di conseguenza il maschio è portato a leggere (e comprendere) argomentazioni portate da altri maschi.
Da qui, la svolta operata dalle femministe post-moderne, nel suddividere i maschi in due grandi categorie: i gorilla e gli umani evoluti,  cominciando ad esaltare l'esistenza, l'impegno e il lavoro dei cosiddetti evoluti (che sarebbero tutti i maschi il cui fine è l'armonia con la femmina riconoscendola e accettandola per ciò che essa è nella sua Persona; mentre i gorilla sono coloro che vogliono l'assoggettamento della femmina non attribuendole facoltà di Persona). In cambio i maschi, sentendosi accettati e riconosciuti per ciò che sono, combattono contro i maschi gorilla per la "propria libertà di maschio" e inevitabilmente finiscono per favorire anche le femmine.
Le donne, dal canto loro, invece di inseguire stereotipo obsoleti e ideologizzati, sono scese in campo a dare una mano ai maschi su problemi per i maschi fondamentali ai quali nessuno badava: la silenziosa e non riconosciuta tragedia emotiva dei padri (per bene) separati con figli. Un testo di Jeanette Mac Donald, femminista statunitense, uscito nel 1998, ha aperto un enorme varco nel fondare questa alleanza. "Belle stronze che siamo, a volte" sosttotitolo "il diritto dei maschi padri ad esercitare la loro funzione anche quando non hanno soldi". Un tipo di testo che in Italia potrebbe procurare una rivoluzione.
E' l'unico paese in cui non è stato tradotto.

2). Seguitando i maschi a nascondere se stessi ironizzando sulla femmina e le femmine ad attaccare i maschi perchè sono ciò che sono, aumenterà la guerra tra sessi. Non porta ad armonia. Finisce per provocare un trionfo di una società maschilista e retrograda.

3). Nelle società più evolute sono i maschi che parlano e scrivono e dibattono di stupro, violenza sessuale, assoggetamento in schiavitù della femmina. Perchè questo è un argomento tra gorilla ed evoluti. E un gorilla o non ascolta nessuno o comunque se ascolta c'è una possibilità che ascolti un altro maschio.
Dalla parte opposta sono le donne che sostengono le argomentazioni dei maschi padri (è la principale tragedia maschile che colpisce il mondo maschile adulto in occidente con la stessa violenza d'impatto con la quale colpisce la violenza sessuale nel mondo femminile. In Italia non è mai stata registrata neppure l'esistenza di questo fenomeno che -dati statistici ufficiali- tocca in Italia circa 12 milioni di maschi adulti nella fascia d'età tra i 27 e i 57 anni).

4). Il malinteso rapporto tra comodità e sessualità, considerato ormai un refuso di una società obsoleta.
Al maschio che la femmina scelga abiti o vestiti comodi non glie ne importa nulla. Per il maschio è importante che l'abito lo attragga. Noi maschi siamo fatti così. Da cui il celebre testo femminista uscito nel 2001 "Io mi metto il reggicalze se tu mi riconosci per quella che sono" sottotitolo "sarà forse scomodo, ma è più comodo vederlo arrapato che in fuga o aggressivo: sono animaletti banali e a noi piacciono così come sono".
In Italia una argomentazione come questa è considerata una follia o una provocazione malvagia.

Tutto ciò per ricordare -per l'ennesima volta, la settima nelle ultime tre settimane- che nel nostro paese non si può parlare di argomenti che trattano le questioni fondamentali della collettività. Non si è parlato di Strauss Kahn, non si parla dei padri single, non si parla di violenza sessuale, non si parla apertamente dei veri gsuti del maschio e dei veri gusti delle femmine.
I maschi non vogliono compiacare il mondo femminile.
Le femmine non vogliono compiacere il mondo maschile.
L'Italia oggi è così.

Se non fosse così non avremmo sopportato Berlusconi per 17 anni.
Non è stato lui a renderci così.

Lo eravamo già.
Per questo l'hanno votato in tanti.
Basta prenderne atto.
Se si vuole un cambiamento

giovedì 26 maggio 2011

Una scena da "Lo spaccone" del 1961 e qualche notiziola sul perchè di questo film

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di Sergio Di Cori Mlodigliani
A proposito dei luoghi comuni su Hollywood e della perdurante idea anti-americana che l'industria cinematografica statunitense si sia affermata nel mondo perseguendo soltanto l'idea del profitto.
Ieri notte ho rivisto dopo tanti anni il film The Hustler (in italiano "Lo spaccone") con Paul Newman, Piper Laurie, Jackie Gleason e uno strepitoso George C. Scott. Ancora oggi, esattamente 50 anni dopo, è ancora un capolavoro assoluto con una ottima sceneggiatura e brani di dialogo che rimangono indelebili nella memoria. Ad un certo punto, nel film, il protagonista maschile, un vagabondo spostato, solo al mondo, che ha incontrato una giovane donna, sola al mondo, una intellettuale scrittora, alcoolizzata e zoppa, discutono sul loro potenziale futuro. Siamo agli albori degli anni'60, John Fitzgerald Kennedy ha appena vinto le elezioni e gli Usa innescano la marcia verso un cambiamento di modello di vita. La scena sentimentale clou del film, dopo che lei gli ha spiegato di essere una "donna emancipata che tiene alla propria indipendenza e autonomia" li vede seduti sul letto che affrontano le potenzialità del loro futuro insieme.
Paul Newman, ad un certo punto le dice: "Siamo realisti. Ci siamo incontrati, ci siamo fatti compagnia, abbiamo fatto l'amore. Io non avevo e non ho nessuna idea sull'amore. E neppure tu. Se passeggiando per Central Park, insieme, per caso avessimo incontrato l'Amore, non saremmo stati neppure capaci di riconoscerlo".
Piper Laurie lo guarda e gli risponde "Io sì. Perchè sono una donna".
E' un film nato da una scommessa intorno a una piscina.
Quando ancora c'era anche qualcosa in più del denaro. Come oggi.
I grandi studios di Hollywood facevano soldi a palate distribuendo i loro film in giro per il mondo, ma si stava diffondendo la voglia di cominciare a produrre anche dei film di rilievo, rischiosi dal punto di vista del profitto perchè affrontavano temi relativi al disagio umano, esistenziale, sociale.
In una festa nella villa di un grandissimo produttore, Hans Mayer (uno dei fondatori della Metro Goldwin Mayer, quello del leone che rugge) si discuteva, per l'appunto, di questo.
E naturalmente la scusa relativa al fatto che non si poteva investire nella cultura ruotava, come al solito, sui costi troppo elevati e sulla idisonicrasia del pubblico ad andare al cinema a vedere film che non fossero di intrattenimento puro.
Ad un certo punto, uno scrittore di New York che di lì a qualche mese sarebbe diventato poi celebre e famoso, Norman Mailer, sfidò i produttori sostenendo che "se un film ha una sceneggiatura di ferro, un direttore delle luci e un regista con le palle, due protagonisti e due comprimari che sanno dare emozioni, si può anche fare un film in una stanza e in bianco e nero che non costi nulla".
Tutti si misero a ridere.
Hans Mayer -che era reduce da un incontro alla Casa Bianca dove il neo eletto Ministro della Giustizia Bob Kennedy gli aveva "formalmente" chiesto di spingere Hollywood per aiutare il Presidente e l'America a "educare i nostri cittadini verso una evolzuione più robusta"- decise di raccogliere la sfida, e davanti ai suoi colleghi (nonchè concorrenti) diede ragione allo scrittore. Ne nacque una discussione. Allora, un film medio costava intorno ai 2 milioni di dollari -corrispondente agli attuali 20 milioni di euro- era molto arduo riuscire a produrre un film di qualità a una cifra inferiore.
Jack Warner (fondatore della Warner Bros.) propose una scommessa a Hans Mayer.
"Visto che adesso fai il galletto e ti piace appoggiare i cosiddetti artisti, tu pensi che saresti capace di produrre un film con soltanto 100 mila dollari e guadagnafrci anche?"
La cifra corrispondeva a circa un milione di euro di oggi, con la quale si può oggi sì e no fare un buon documentario.
Hans Mayer (che era un giocatore spaccone, proprio come il protagonista del film) gli rispose davanti a tutti:
"Ne faccio anche cinque, se è per questo, anzi....dieci. Entro la fine del prossimo anno io produco dieci film a un prezzo inferiore ai 100 mila dollari ciascuno e scommetto che riesco ad avere un profitto del 500% per ciascuno di questi film. Scommetti un milione di dollari? O hai paura?".
Jack Warner accettò.
Hans Mayer vinse la scommessa e quindici mesi dopo andava in giro per Hollwyood sostenendo di aver trovato un modo geniale per farsi pagare i film dalla concorrenza.
"Lo spaccone" è stato il primo della serie, il decimo fu "Il laureato".
Questo film gli costò neppure 50.000 dollari perchè convinse Paul Newman -sensibile ai problemi sociali- a non farsi pagare prendendo una enorme fetta in percentuale sugli incassi. Prese tutti professionisti disoccupati, che erano finiti sulla lista nera nel decennio precedente durante la caccia alle streghe. Il regista, Robert Rossen, prese una cifra minima e fece fare le prove tetrali per due mesi prima di girare per risparmiare la pellicola. Invece dei consueti 90 giorni per girare il film ne impiegarono 22, per risparmiare.
Lo girarono per intero nella casa di campagna del produttore.
Invece che a colori lo stamparono in bianco e nero.
Lui stesso, di persona,  andò a scovare uno per uno, a casa loro, tutti quelli di cui aveva bisogno: scrittori, montatori, scenografi, costumisti. Uno dei due sceneggiatori era senza tetto, viveva in spiaggia, dormiva sotto il pontile del promontorio di Santa Monica.
Il film costò alla fine 48.500 dollari.
Dodici mesi dopo ne aveva incassati 50 milioni.
Un introito superiore del 1000% rispetto al capitale investito.

Fonti attendibili e molto bene informate ci danno la buona notizia che Hollywood, oggi, sta affrontando lo stesso guado. La prova sta nella palma d'oro a Cannes a Malick per "The tree of life", un regista culto (il film è di una bellezza strepitosa e coinvolgente, un vero e proprio capolavoro).
Il suo successo ha convinto i nuovi dirigenti delle majors di Hollywood a cambiare registro spostando capitali dagli effetti speciali a film d'autore.

Una splendida notizia per tutti gli autentici amanti del cinema.

le frontiere del cosiddetto sesso estremo: lo stupro non è una moda, è un reato

di Sergio Di Cori Modigliani

Quante sono le donne stuprate ogni anno in Italia?
E' difficile a dirsi.
Lo stupro sessuale, infatti, a differenza del furto e dell'omicidio, è un reato simile a quello della truffa; molto spesso -il più delle volte- anche se, per motivi diversi, la vittima non sporge denuncia per timore dell'impatto negativo sulla propria immagine, per vergogna sociale, per pudore, per cautelare la propria intimità.
Per paura di eventuali ritorsioni.
Dobbiamo quindi affidarci ai dati ufficiali e lavorare sulle cifre a disposizione.
Le ultime statistiche ci rivelano che nel 2010, i casi accertati su denuncia, hanno raggiunto la cifra di
84.756. Nel 2009 erano stati 69.450. Nel 2000 erano 41.400. Nel 1990 non raggiungevano la cifra di 20.000.
Nell'ultimo decennio, quindi, c'è stato un incremento del 105% e nel 2010 un aumento del 23% rispetto all'anno precedente, il più alto in tutta l'Europa occidentale.
Se si va ad analizzare il dato parcellizzandolo si viene a scoprire che, rispetto al 2000, c'è stata una modificazione nell'età degli stupratori. Si è clamorosamente abbassata e alzata. Nel 2010 l'età media era 22/28 anni; nel 2010, invece è scesa a 16/22, con una percentuale del 26% di stupratori che hanno un'età media inferiore ai 16 anni. Nel 2000 soltanto l'8% aveva un'età superiore ai 50 anni; nel 2010 questa fascia anagrafica è salita al 19%.
A questa cifra, va aggiunta "l'onda d'urto di propagazione", termine socioologico che indica l'impatto traumatico e negativo che colpisce genitori, fratelli, fidanzati, mariti, amici delle vittime.
Tutte le agenzie che si occupano di monitorare il territorio e si occupano di quest'aspetto socio-patologico della nostra realtà, moltiplicano quindi il dato per cinque. L'evento dello stupro, oltre alla vittima, colpisce "almeno" altre quattro persone direttamente e intimamente collegate alla persona oggetto della violenza sessuale.
Dal punto di vista sociale, pertanto, le cifre ufficiali ci comunicano che i cittadini coinvolti in questa tragedia collettiva (sulla base dei dati ufficiali) si aggira intorno alle 400 mila unità.
E non c'è nessun dato ufficiale che ci parla del sommerso.

Esistono tre modi diversi di leggere queste cifre.
Quello super ottimista, che tende a considerare l'aumento di coraggio civile e individuale da parte delle vittime (rispetto a dieci anni fa) per cui oggi il reato di stupro non viene più coperto dalla vittima stessa e/o dai suoi familiari più stretti. Dal che, se ne dedurrebbe che più che un aumento c'è stata una esposizione.
Quello pessimista, invece, ritiene che il sommerso è sempre lo stesso ma è il dato in clamorosa espansione.
La terza lettura, invece, è una sintesi delle prime due.

I dati statistici non si occupano di questioni etiche o morali; sono oggettivi. Servono per leggere la realtà e attuare gli ammortizzatori sociali necessari, la prevenzione, la rilevazione del sintomo e la sua eventuale cura.


Ciò non toglie che, in Italia, il fenomeno è già da molto tempo allarmante per la sua diffusione massiccia.

Lo stupro è un atto che non appartiene -come la piattezza del senso comune vorrebbe dare ad intendere- ad un fattore istintivo relativo alla natura aggressiva del maschio.
Appartiene, invece, a una interpretazione culturale, psicologica e sociale dell'esistenza.
Negli Usa, nei paesi scandinavi, in Svizzera e in Germania, dal 2008 il reato penale di stupro è stato "elevato" come gravità sociale, passando dal quinto più pesante reato penale al secondo, subito dopo l'omicidio, sostituendo addirittura la rapina a mano armata, l'organizzazione di banda armata, il furto con scasso.
Il costo sociale e psicologico per l'intera società è considerato talmente alto da aver spinto i legislatori, le forze dell'ordine, i detentori del potere politico esecutivo ad accelerare un processo di educazione civica collettiva per "educare" la società -partendo dalle scuole medie inferiori- per lanciare dei piani di prevenzione, controllo, e salvaguardia della propria identità e della propria famiglia.

In Italia, purtroppo, di questo fenomeno non se ne parla.
Si dà per scontato che esista.
Si fa credere al cittadino che viviamo in una società ancora permeata dal mito della seduzione, del playboy, dell'italian lover, e di tutti i consueti stereotipi, considerando lo stupro come un evento da ascrivere soltanto e unicamente alle fasce sociali più disagiate ed emarginate.
Non è così.
Tant'è vero che i dati forniti dal Ministero degli Interni ci rivelano che, tra gli arrestati, il 32% appartiene ad una fascia socio-economica medio alta.

La "cultura" del sesso che si è diffusa nell'ultimo decennio, in Italia, ha comportato una diffusione del concetto di stupro talmente massiccio da averlo fatto diventare un fenomeno trendy, identificato nella sezione "sesso estremo" e quindi, in pratica, depenalizzandolo. E' l'uso continuo di questo termine che facilita e fortifica le fantasie di stupro tra persone sessuo-emotivamente fragili, represse, complessate.

Basterebbe prendere atto che nel 2010 il dvd porno più venduto, cliccato, affittato e visto nella Repubblica Italiana è quello riportato nell'immagine qui in calce, il cui titolo "stupro con gioia" la dice tutta.
Esistono addirittura dei cosiddetti esperti sessuologi, in Italia, che attribuiscono allo stupro una modalità di trasferimento nella realtà di una fantasia sessuale lecita che ha il diritto di essere espressa nel nome di una presupposta libertà sessuale, che si starebbe diffondendo sempre di più a livello di massa. L'uso improprio, sia da parte della pubblicità che da ignoranti giornalisti, del termine "sesso estremo", finisce per alleggerire la tragedia psico/emotiva dello stupro trasformando l'evento in una specie di sport o di moda legata ai tempi che corrono.
Il sesso estremo non esiste.
E' una finzione voluta da chi giustifica lo stupro o lo vorrebbe praticare.
E', rimane, e deve rimanere un reato penale contro la persona.
Il cosiddetto "sesso estremo" non è altro che un termine glamour per giustificare l'irruzione della violenza fisica all'interno della pratica sessuale, attribuendo un significato accettabile -addirittura di moda- per l'intera società. Il risultato dell'uso di questo termine improprio è stato quello di una totale indifferenza al problema.

Non è certo un caso che la diffusione dello stupro sessuale sia l'unico argomento al quale non vi è dedicata neppure una riga nè nel programma elettorale dell'avvocato Pisapia nè in quello della signora Moratti.
Eppure, a Milano città e nell'hinterland i casi di stupro sono aumentati nel 2010 del 235% rispetto all'anno precedente e del 756% rispetto al 2000. Ma non fa notizia.
Non si spiega alla gente l'immenso costo sociale che questo fenomeno comporta.

La massificazione di questo comportamento deteriore e criminale è un sintomo di degradazione culturale di una società. Quando le cifre della violenza sessuale si impennano verso l'alto, vuol dire che in quella società la violenza e la brutalità si stanno diffondendo a scapito della relazionalità condivisa.
Bisognerebbe riflettere su questo aspetto sottaciuto, e pretendere dai propri amministratori locali che l'argomento venga affrontato in termini preventivi.
Dipende da tutti noi fare in modo che il sesso estremo non diventi presto sesso normale.
Chi pratica lo stupro è un criminale e chi ha fantasie in quel senso è bene che provveda, in qualche modo, a cercare collaborazione e aiuto da parte di amici, psicologi, psichiatri.
Se non fermiamo la diffusione in Italia di questo fenomeno, aggiungeremo un fattore -e non da poco- all'idea sempre più diffusa nel resto d'Europa che si va diffondendo sul nostro paese, ormai identificato come una nazione decaduta e regredita dal punto di vista culturale e civile.
E ci spingerà sempre di più fuori dall'Europa.