martedì 31 gennaio 2012

Unipol acquista un'azienda decotta. Garantiti da Goldman Sachs. E' la scelta politica del PD: meglio la finanza!

di Sergio Di Cori Modigliani

Ehilà!
Esultino pure gli asserpentati odiatori di Goldman Sachs. Questa volta hanno ragione da vendere e un succoso materiale sul quale scatenare i loro appetiti.
Ma, ahimè, è necessario fare dei distinguo e delle precisazioni.
Chi segue il mio blog sa quanto io sia sempre stato contrario alla demonizzazione di Goldman Sachs, trasformato in un totem, in un simbolo del Male Assoluto. In tal modo facendogli un enorme piacere: l’ha trasformato in un concetto astratto.
Goldman Sachs, invece, è concretissimo. E si occupa di danaro. Del danaro dei ricchi.
Anzi, dei super ricchi, degli investimenti di quell’oligarchia planetaria che finanzia ufficialmente Mitt Romney perché vuole abbattere Barack Obama in Usa, che ha concesso linee di credito agevolato a dodici società di Putin sostenendo la sua dittatoriale causa e si muove con facilità nella gestione –e pagamenti- della politica nei singoli paesi d’occupazione. Detestano la pubblicità, odiano la visibilità, amano minimizzare, adorano la clandestinità, ma soprattutto sono innamorati della mancanza di legalità e il loro sogno consiste nell’operare nelle nazioni e nei territori dove non esiste lo Stato di Diritto e possono quindi, con estrema facilità, manovrare i loro capitali a piacimento.
Chi vuole opporsi alle loro malefatte, quando li attacca come totem, fa loro un enorme piacere. Vanno seguiti, studiati, analizzati e beccati, denunciati quando e se violano le regole. Ma soprattutto STANATI: Avendo menti eccelse che lavorano per loro, è raro che commettano infantili errori di valutazione, così come è raro che non rispettino le regole del gioco nelle singole nazioni. Il punto è proprio questo.
Spetta alla stampa libera, “raccontare” ciò che fanno, come operano nel territorio e –con i dati in mano- affrontarli sul terreno politico.
Denunciarli come mostro totem non ha alcun Senso. E’ come strappare la cravatta verde a un amministratore leghista e imbufalirsi perché canta Va pensiero: è inutile e fuorviante. E’ più solido e intelligente mostrare e dimostrare che nella Roma Ladrona -dove si sono ben piazzati in parlamento e nelle istituzioni che contano- hanno dato un solido contributo ad affondare la spesa dello stato, a depauperare le quattro grandi regioni del settentrione, dirottando diversi miliardi di euro, gran parte dei quali sono finiti in società di comodo che finiscono tutte per confluire poi nella “Padania Fin”, una società finanziaria di investimenti finanziari off shore gestita dalla consorte di Bossi, da Rosy Mauro, da Paolo Reguzzoni, e dal cosiddetto Trota. Il cosiddetto “cerchio magico” non ha nulla da invidiare a una riunione d’affari di businessman siciliani a Trapani. La finanziaria è una vera e propria cassaforte del malaffare che finanzia lo spettacolo per i gonzi settentrionali, un’etnìa davvero deludente in quanto a intelligenza e lungimiranza, visto che li votano e che neppure si sono accorti che là dove arriva la Lega Nord a gestire la cosa pubblica, dopo breve tempo arriva il cemento, la distruzione ambientale del territorio, la speculazione finanziaria, il blocco dei fidi alle imprese, la ruspa della ‘ndrangheta con le loro società vittoriose alle aste degli appalti pubblici, e le imprese che contano rimangono con il loro marchio e un presidente di facciata ma i loro consigli di amministrazione finiscono per popolarsi di “terroni” di Cosenza, di Crotone, di Casal de’principi, di Caserta, di Siracusa, di Agrigento. Basti pensare che nelle 12 grosse banche del settentrione sotto controllo politico-manageriale della Lega Nord, il 75% dei posti nei consigli di amministrazione sono tutti occupati da individui nati vissuti e residenti da Formia in giù.
Ma veniamo al nostro Goldman Sachs.
Sta portando in porto un’operazione clamorosa. In Italia. Tra Bologna e Milano.
E’ il suggello all’accordo politico tra PDL e PD, con la benedizione dell’UDC.
Si tratta dell’accordo societario tra Unipol e Fondiara Sai, che stanno andando a costituire un grosso e gigantesco polo che gestisce le assicurazioni, gli investimenti finanziari, e che sta mandando davvero in brodo di giuggiole tutti i componenti delle direzione del PD che sognano di entrare nel grande gioco della finanza speculativa internazionale, ovverossia partecipare ai bagordi della oligarchia planetaria, raccontando poi ai gonzi di turno (cioè quelli che li votano) che dobbiamo scendere in piazza per manifestare contro la finanza.
Un delirio.
Per sintetizzare al massimo e spiegare a chi non ha seguito la faccenda, che cosa stiano combinando, ricordo che Fondiara-Sai è una fondamentale società nello scacchiere strategico italiano, di proprietà della famiglia Ligresti, tra le più corrotte in assoluto tra tutte le famiglie italiane che contano, dato che il loro capostipite (ufficialmente “grande finanziere”) è finito prima ammanettato, poi processato, poi condannato in primo e secondo grado, e infine in galera per due anni ai tempi di tangentopoli. Il figlio ha preso le redini del consorzio, e tra un sacco di arance e l’altro (quando andava a visitare papi in galera) ha ricostituito l’anello delle conoscenze necessarie per “creare ricchezza” (secondo la classe politica italiana). Strano modo di creare ricchezza. Il titolo che il 17 luglio del 2007 quotava in borsa 23,06 euro è sceso il 30 luglio 2008 a 12,19 euro, il 19 novembre del 2010 a 3,70 euro, il 3 novembre 2011 a 1,508 euro e il 26 gennaio 2012 a 0,7365 euro. In 4 anni di gestione amministrativa ha perso il 90% del capitale investito. Ha provocato il fallimento di 467 aziende, ha espoliato a circa 156.000 azionisti italiani il loro capitale d’investimento (i loro risparmi) e ha prodotto un colabrodo che al 31 dicembre 2011 ha raggiunto 1,2 miliardi di euro di debiti consolidati e insolvibili. Nessuno è in grado di poter dimostrare come e dove siano finiti quei soldi. In questi quattro anni non è mai arrivata neppure un’ispezione. Ma a gennaio del 2012 arriva Babbo Natale, grazie all’intercessione di Enrico Letta. E così, la cassaforte della sinistra democratica d’opposizione, la Unipol e tre banche emiliane, si prendono il colabrodo, salvano la famiglia Ligresti di cui diventano soci e firmano la propria disponibilità ad accollarsi un’azienda “totalmente decotta e fallimentare” assumendosi la copertura della situazione debitoria. A gestire l’operazione come advisor di controllo è chiamata (e accetta entusiasta) per l’appunto la Goldman Sachs di New York.
Ecco il punto.
Di solito, arrivati qui mi lascio andare al consueto attacco contro la truppa mediatica asservita, ecc. che non denuncia, non spiega, non dice nulla. E invece non va più bene comportarsi così, perché non è efficace. E non direbbe la verità.
C’è molta intelligenza in giro. E cominciano a esserci anche dei sussulti veri. Seri e attendibili professionisti della comunicazione cominciano a gettar via le briglie sul collo e dire come stanno le cose (e non parlo certo di firme minori). Ma (probabilmente con loro deludente sorpresa) non c’è più nessuno a far da cassa di risonanza. Sia il PDL che il PD hanno capito che in questo meraviglioso paese non c’è bisogno della censura, non c’è bisogno di agitarsi tanto, non si necessitano veline, né silenziatori high tech.
Basta far finta di niente.
Paradossalmente, diventa quindi compito civile dei bloggers indipendenti dare una mano a famosi e solidi giornalisti garantiti, per diffondere ciò che loro dicono e scrivono, sperando che le informazioni scorrano, che la curiosità dilaghi, che l’onda salga. Anche perché se una notizia la dà il sottoscritto, lascia il tempo che trova. Ma se, invece, si finisce per pubblicizzare una notizia del corriere della sera o de il sole24ore, forse qualche pulce nell’orecchio comincia a pizzicare anche le coscienze più addormentate.
Encomio solenne a Massimo Muchetti, vice-direttore del corriere della sera, che –qui lo ricordo- in data 5 gennaio 2012, in diretta televisiva intervistato da Lilly Gruber, con la faccia paonazza dallo sdegno e dall’indignazione esplodeva sostenendo “chissenefrega del meeting di Bruxelles…mentre sta passando sotto silenzio un’operazione di Unicredit sulla quale sarebbe necessario che intervenisse subito la Consob per controllare l’andamento in borsa quantomeno dubbio, verificare l’esatta conduzione della ricapitalizzazione, e soprattutto capire chi sono i finanziatori e come e quando….” e poi, giorno dopo giorno a scrivere sul suo giornale. Poi ha smesso. Nessuno gli è andato dietro. Nessuno ha detto nulla. E così Unicredit se n’è andata.
Altro che la banca made in Italy come sostiene la pubblicità bugiarda!
Il primo polo bancario italiano è stato “regalato” ai cinesi, ai kazaki, ai russi. Sono usciti gli inglesi, i libici, i tedeschi e naturalmente gli italiani. Un’operazione intelligente gestita da lontano da Putin grazie all’appoggio della 12esima holding finanziaria fininvest. E dalla 14esima holding Fininvest. Tradotto in termini politici: la banca è finita, in pratica, a Berlusconi e ai suoi amici internazionali.
Poteva il PD rimanere a guardare?
Naturalmente no. Aveva due possibilità: una era quella di intervenire politicamente, andare appresso a Mucchetti, montare la diffusione delle notizie, pretendere l’intervento della Consob, del governo, presentando interpellanze parlamentari alla commissione finanze.
Ha scelto la seconda: “e noi che cosa ci becchiamo?”
Si sono presi la Fondiaria Sai.
Così il gioco è fatto. Il PDL controlla Unicredit, il PD si prende la Fondiaria Sai.
Ma sono andati a rompere le uova nel paniere agli imprenditori e all’industria che spinge verso lo sviluppo, privilegiando la finanza pura. E così, la Confindustria ha capito che saranno proprio loro (e l’intero paese) a rimanere al palo. La recessione avanzerà, l’industria arretrerà, il governo e la classe politica aiuterà sempre di meno le imprese che producono ricchezza e lavoro e quindi valore, perché PDL e PD insieme stanno dimostrando di aver optato per la speculazione brutale coperti entrambi dall’ombrellone di mamma Monti, abile stratega, il quale, conoscendo i propri polli, ne conosce le sottigliezze bulimiche, e sa che pur di entrare e rimanere nel gran giuoco della finanza d’assalto, saranno disposti e disponibili a sostenerlo nel suo piano politico “esclusivamente e smaccatamente politico” il cui fine ultimo consiste nel costruire una nazione governata in maniera autoritaria e non autorevole, dove la ricchezza finanziaria aumenterà sempre di più indebolendo l’industria, dove la sussistenza e l’assistenzialismo seguiterà ad operare per garantire ai burocrati dei partiti il cash necessario e sufficiente per mantenere i propri funzionari che pagheranno i giornalisti perché spieghino ai votanti il perché e il come.
Lega Nord docet: Umberto Bossi è diventato un grosso finanziere rampante e senza scrupoli che si presenta ai suoi gonzi padani come un bonaccione groviera, pardon grana padano, che difende i vecchietti.
Qui di seguito, pubblico per intero uno splendido articolo di giornalismo economico.
Davvero ottimo.
Non è certo uscito né su Il Manifesto né su L’Unità, tantomeno su Il Giornale. Sono troppo presi dalla loro ansia elemosiniera nell’attendere il sussidio di Stato per occuparsi di allertare la nazione su ciò che sta accadendo sulle teste di tutti noi.
E’ comparso su Il Sole24ore.
Il paradosso dei nostri tempi.
L’opposizione al sistema tecnocratico-partitico della destra medioevale italiana pilotata dal ragionier robotico, è ormai passata alla Confindustria, che non sa più che pesci prendere perché, giorno dopo giorno, nell’omertoso silenzio del regime, sente il fiato sul collo avendo perfettamente capito che dovrà accollarsi la spesa di quei 2 milioni di ingordi funzionari nazionali che prestano servizio a pieno carico. Ciascuno di loro è un piccolo capo-bastone, che porta voti, costruisce clientele, affossa il rischio impresa, ostruisce il mercato.
E’ un articolo molto molto tecnico. E’ giusto che sia così. Non comprensibile a chicchessia.
Io ho scritto e presentato a voi la mia interpretazione politica dell’operazione.
Ci tenevo quindi a fornire i dettagli della fonte, così ciascuno avrà la possibilità di andare a verificare, seguendo  nomi, chi sono costoro, che cosa c’è dietro e che cosa vogliono.
Ma è un bellissimo pezzo, a dimostrazione di come va scritto un articolo di buon giornalismo economico.
Neanche a dirlo nessuno l’ha ripreso. Né in tivvù si parla dell’accordo.
Chi è curioso e conosce un po’ la materia se lo legga con attenzione.
Spiega proprio come stanno le cose. Senza fare ideologie, senza fare scandalo, dando specifiche notizie e facendo informazione. Breve e sintetico, presenta tutti gli attori. Secco e sobrio, ma tra le righe…chi vuol capir, intenda.
L’autore dell’articolo si chiama Carlo Festa, poco noto alla cosiddetta grande platea.
Se avesse riguardato la Jp Morgan e fosse stato pubblicato sul Wall Street Journal a firma di un giornalista statunitense, avrebbe senz’altro avuto un effetto dirompente.
Buona lettura.

Unipol-FonSai, subito un crollo

Unipol e la galassia Fondiaria-Sai debuttano male in Borsa il giorno dopo l'annuncio dell'accordo con il quale la compagnia bolognese andrà ad integrare il gruppo della famiglia Ligresti.
Un'operazione che nascerà con alcuni passaggi fondamentali: Unipol entrerà infatti in Premafin, la holding che controlla il 35% di Fonsai, con un aumento di capitale riservato per massimi 400 milioni funzionali a dotare la holding delle risorse finanziarie necessarie per consentirle di partecipare all'aumento di capitale di Fonsai da 1,1 miliardi. Anche Unipol procederà, a sua volta, a un aumento di capitale di 1,1 miliardi di euro per far fronte alla maxi-operazione e per rafforzare il gruppo.
Le cause dei crolli di Borsa
Le variazioni al ribasso dei titoli hanno spiegazioni diverse: a incidere su Unipol e Fonsai (con ribassi del 3,3% e dell'8% e con la controllata Milano Assicurazioni pure in discesa a -6,6%), è stato infatti l'annuncio degli aumenti di capitale da 1,1 miliardi di euro, più rotondi rispetto a quelli previsti fino a qualche giorno prima. Si tratta di una cifra monstre se si pensa che le due compagnie capitalizzano a Piazza Affari 300 e 400 milioni di euro.
Ma c'è di più. Gli operatori sono rimasti assai scettici di fronte al continuo mutamento delle cifre sul tavolo. Fonsai è infatti stata penalizzata dalle nuove indicazioni sul rosso accumulato nell'intero 2011: a quota 1,1 miliardi rispetto alle stime precedenti di 925 milioni e alle previsioni (che circolavano sul mercato tra i principali broker) di 950 milioni, con un margine di solvibilità al 75%, ben al di sotto dei livelli regolamentari e più basso delle precedenti indicazioni al 90% a causa dell'impatto delle più elevate perdite.
Fonsai dovrà uscire dalle secche della crisi con una ricapitalizzazione fino a un massimo di 1,1 miliardi contro la precedente indicazione di 750 milioni in modo da riportare il margine di solvibilità consolidato ad almeno il 120 per cento. Diversa la ragione del crollo di Premafin, che ieri ha registrato scambi da record, dieci volte oltre la media giornaliera dell'ultimo mese. La seduta pesante per la holding, archiviata dopo una prolungata sospensione per eccesso di ribasso, dipende dal cambiamento della struttura dell'operazione verso un aumento di capitale riservato. Il precedente accordo prevedeva invece il lancio del l'Opa a vantaggio di tutti i soci di Premafin.
Il riassetto: banche al lavoro
Dopo la ricapitalizzazione, Unipol sarà il primo azionista di Premafin di cui deterrà il 70%. A sua volta la famiglia Ligresti si diluirà fino al 10% di Premafin: quota che scenderà ulteriormente dopo la fusione a quattro tra Premafin, Unipol e Fonsai-Milano Assicurazioni.
I passaggi per la costituzione del secondo gruppo assicurativo italiano sono ora a tambur battente: assemblee, Cda e l'avvio delle varie istanze autorizzative sulle quali si pronunceranno Consob, Isvap, Bankitalia e Antitrust. Si inizierà con l'assemblea di Fonsai del 16-19 marzo, che dovrà approvare un aumento di capitale da 1,1 miliardi. Proprio ieri il cda della compagnia milanese ha nominato un comitato di amministratori indipendenti per stabilire i termini dell'integrazione, estendendo inoltre gli incarichi giá conferiti agli advisor Goldman Sachs e studio legale Carbonetti.
Ma il lavoro principale sarà la costituzione del consorzio di garanzia bancario. Mediobanca ha ricevuto l'incarico per la promozione del consorzio e sarebbero stati presi contatti con istituti stranieri tra i quali Deutsche Bank e Morgan Stanley. Ma costituire il consorzio non sarà impresa semplice. Insomma, l'operazione con Fonsai, come ha spiegato l'amministratore delegato di Unipol Carlo Cimbri, resta «complessa ma si cerca condivisione e gradimento delle autorità di controllo».


1 commento:

  1. Questa volta per bramosia le cooperative e la sinistra potrebberò prendere una sonora batosta!

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