giovedì 19 aprile 2012

Io mi rifiuto di sopravvivere: voglio vivere. Come salvaguardarsi dalla dittatura.


di Sergio Di Cori Modigliani



Paura, confusione, crisi economica, crollo verticale dei valori etici, perdita dell’identità.
Questi, in sintesi sommaria e pressappochista, sono gli ingredienti basici sui quali si fondano, in tutte le nazioni, i presupposti delle derive autoritarie che portano poi all’affermazione delle dittature.
Nonostante i dittatori si presentino regolarmente sulla scena della Storia come figure originali, sono invece sempre dei cloni l’uno dell’altro. Mussolini, Hitler, Stalin, Deng Xiao Ping, Kim il Sung, Pinochet, Videla, Castro.
Ne avete qui quattro di destra e quattro di sinistra, ma non cambia nulla, sono uguali.
E i risultati sono sempre gli stessi, chi finisce per rimetterci sono proprio quei ceti (soprattutto quelli medi) che li hanno voluti, chiamati, votati ed eletti credendo e pensando che quella specifica oligarchia o quel determinato uomo del destino avrebbe salvato la nazione dal baratro. Sull’onda dell’entusiasmo, il dittatore assume il potere perché la sua figura convince il popolo che lo salverà dal baratro.
Una volta acquisite le leve del potere, forma una cricca di fedelissimi funzionari asserviti alla logica di una ristretta di oligarchi e porta quel paese al baratro. Quando la popolazione se ne accorge è ormai troppo tardi.
E’ sempre andata così.
Osservando con occhio antropologico la specie umana dall’esterno (come se fossimo dei turisti che provengono da un altro pianeta) siamo davvero animaletti banali con reazioni e comportamenti elementari, facilissimi da comprendere, pilotare, dirottare, asservire.
E’ molto più difficile schiavizzare un gatto domestico che un essere umano. La differenza tra i popoli e le etnie che hanno subìto una dittatura e quelle che invece sono riuscite ad evolversi come animali sociali, consiste in un basico principio di igiene collettiva ben conosciuta dai medici. Si chiama: prevenzione.
Questa interpretazione della Storia e dei popoli non è mia. Appartiene a Winston Churchill. Era lui che la vedeva così. Tant’è vero che, poi, ci aggiunse specificando: “Non considero affatto la democrazia un regime perfetto. Non esistono regimi perfetti perché siamo tuttora una specie nella quale il numero degli imbecilli e dei deficienti è ancora troppo alto. Considero la democrazia il minore dei mali possibili e il miglior deterrente in assoluto mai inventato dagli esseri umani per riuscire a evitare qualsivoglia forma di dittatura. Il che non è poco. E io detesto e combatto ogni forma di dittatura. Per cui: benvenuta democrazia”.
Ha un sapore inevitabilmente tinto di British humour, ma a me piace e la sottoscrivo.
E qui, in quanto italiani, siamo già nei guai.
Perché in quanto ad esercitare un comportamento virtuoso che applica i concetti basilari della prevenzione, siamo davvero scarsi. E’ su questo terreno che dobbiamo, infatti, crescere, educarci a vicenda, maturare come popolo e comprendere che combattere contro le dittature DOPO è complesso, complicato, costoso, sanguinoso, doloroso, tragico, ed è una lotta che può durare anche decine e decine di anni cancellando intere generazioni. Provocando soltanto lutti e miserie e tristezza collettiva.
Le dittature, per avere buone chance di vincere, le si combattono PRIMA.
In Italia, nonostante le sciocchezze diffuse dai soliti demagoghi di turno, la dittatura non c’è da almeno 70 anni.
Non era un dittatore Andreotti, non lo era Craxi, non lo era Berlusconi, non lo è Monti.
I dittatori, infatti, muoiono di morte naturale stando al potere o vengono buttati giù a pistolettate, altrimenti non sarebbero dittatori.
Ma ritengo (altrimenti non starei facendo questa premessa) che in Italia, consapevolmente, le oligarchie si stanno già muovendo per costruire una feroce quanto implacabile dittatura di là da venire, a tempi medi.
E’ interesse collettivo, quindi, cominciare ad adottare comportamenti specifici, applicando dispositivi efficaci al fine di prevenire.
Muovendosi PRIMA si può anche battere la dittatura. Non dà soddisfazioni spettacolari perché nessuno finisce appeso a un gancio, non esistono processi sommari e fiumane di persone per la strada con bandiere e gonfaloni. Ma funziona. L’importante è il risultato.
Nel 2006, per la seconda volta in trent’anni, gli americani si sono svegliati e si sono resi conto che stavano costruendo una feroce dittatura che, di lì a breve, non avrebbe avuto niente da invidiare a Pinochet o Stalin, a seconda del punto di vista. In suo celeberrimo pamphlet dal titolo “The friendly dictatorship” (la dittatura amichevole) il prof. Noam Chomsky raccontava e spiegava ai suoi studenti la genesi del morbo. Ma gli americani, da molto tempo, coltivano il concetto di prevenzione, perché applicano il banale principio capitalista del rapporto costo/beneficio e sanno che una dittatura, alla lunga, ha un costo socio-economico insostenibile. Le dittature producono tutte miseria, nessuna esclusa. E si sono mossi in tempo. Risolvendola nell’unico modo in cui, una sana democrazia, può cercare di risolvere il problema preventivamente: licenziando senza eccessiva pubblicità la cricca che la sta costruendo. E i licenziamenti, va da sé, sono in tronco. Non vengono chieste né spiegazioni né giustificazioni né vengono fornite prove. Viene comunicato il benservito e i soggetti in questione o capiscono e se ne vanno oppure tentano una sortita militare. In quel caso o vincono o perdono, ma è sempre molto sanguinoso. Fu la parte democratica dell’esercito americano che alla fine prevalse, nella terribile estate del 2006, quando per qualche settimana –l’umanità ignara a sguazzare sulle spiagge- il braccio di ferro tra i cosiddetti falchi e le cosiddette colombe arrivò al limite estremo della resistenza. Vinsero le colombe, altrimenti a quest’ora questo blog non sarebbe stato legalmente permesso in nessuna parte dell’occidente.
Ma dopo pochissimi mesi, con tragico realismo, i più disincantati, intelligenti, responsabili e còlti, si resero conto che era stata una vittoria di Pirro.
Perché la rivoluzione elettronica aveva cambiato il complesso panorama planetario dei meccanismi introducendo uno scenario inèdito e i linguaggi erano cambiati e le pedine erano state spostate su un terreno “apparentemente” altro e virtuale, ma efficace e contundente quanto una bomba termonucleare.
Ricominciò il braccio di ferro, agli inizi del 2007.
La cosiddetta crisi economica del 2008 fu una semplice battaglia, e come tale ha prodotto morti, feriti, bombardamenti di varia natura (anche veri letterali) e noi tutti ci troviamo al fronte, anche quelli che vogliono dire a se stessi la bugia che la guerra non esiste. La particolarità davvero tragica della guerra, infatti, consiste nel fatto che tocca chiunque si trovi nel territorio dove si svolge il conflitto. Anche se non vuole partecipare ed è un bonaccione pacifista, non ha nessuna garanzia che all’improvviso si spalanchi la porta di casa e qualcuno butta dentro una granata micidiale. E il teatro in Europa è dovunque.
Nel 2008 se ne resero conto tutti.
Si capì subito, con agghiacciante sorpresa, che sarebbe durato a lungo, molto a lungo.
La realtà, infatti, era cambiata. I gangli mentali erano diversi. I percorsi erano altri.
Perché la realtà attuale dell’Homo Electronicus è complessa e variegata.
La chiave è la COMPLESSITA’.
E i falchi e le colombe (uso questi termini piatti tanto per capirci) sono dovunque e comunque. Quindi la zuffa è trasversale. E chi intende partecipare a questo braccio di ferro nella propria quota parte (in una guerra diventano tutti importanti, dal generale di corpo d’armata fino al soldato semplice che guida la jeep con gli scatoloni di latte in polvere per le truppe al fronte) prima ancora di compiere un qualsivoglia atto, deve ALMENO rendersi conto dove sta e con chi per individuare dove si annidano i sostenitori della dittatura e dove si annidano i sostenitori della democrazia.
Il sistema delle alleanze, quindi, è complesso e anòmalo rispetto alle categorie consuete cui noi siamo stati abituati per secoli. Perché il braccio di ferro è presente dovunque e comunque, dato che –in virtù della globalizzazione e dell’inestricabile intreccio di interessi collettivi caratteristici di un mondo plurimo, poli-etnico e multi-etnico- chiunque può essere un combattente per la dittatura o un combattente per la democrazia.
E’ infatti ciò che sta accadendo, sotto gli occhi di tutti.
Esiste la Reazione ed esiste il Progresso, ma non esistono più quelli di destra o quelli di sinistra secondo le categorie storiche da noi usate negli ultimi cento anni. Usarle ancora è fuorviante. Anche nella migliore delle buone fedi, si finisce per fare il gioco dei falchi che –con i poveretti come noi, normali cittadini- si traduce in “creare sconcerto e confusione affinchè non capiscano ciò che accade e abbiano sempre più paura”. Nella confusione, infatti (come la Natura ci insegna) vince sempre il Falco: individua i passerotti che volteggiano in preda al panico e identifica i più deboli colpendo senza tema di sbagliare. Lo scontro non è più tra capitale e lavoro, perché gli imprenditori non sono più nemici schiavisti dei lavoratori: c’è imprenditore e imprenditore. All’interno della Confindustria esistono anche squisite colombe che si stanno facendo in quattro per inventare produzione di lavoro e occupazione nel rispetto di tutte le griglie salariali, così come all’interno del sindacato esistono anche stupidi falchi che starnazzano idiozie, e così via dicendo in ogni àmbito sociale.
Bisogna selezionare.
La buona notizia è che, una volta assunta la consapevolezza che siamo tutti al fronte, si comprende, da bravi soldatini, che chiunque, per quanto piccolino sia, può dare un proprio solido contributo. Un generale senza il marconista che legge il radar fa poca strada: ha bisogno dei suoi dati.
Quindi, si tratta di capire.
Amare oppure odiare Mario Monti è inutile.
Se uno non capisce (e neppure sa né saprà mai) in quale territorio si trova e chi sono gli attori, tutto il resto diventa irrilevante.
E’ il vantaggio di questa Guerra Invisibile che è la Prima Guerra Mondiale dell’Homo Electronicus: categoria identificata e così definita dal geniale prof. Marshall MacLuhan nel 1958.
C’è la rete. C’è l’interconnessione tra individui e soggetti anonimi. Nel web c’è di tutto, basta saper dove andare a scovare, dove e come leggere, come pescare. Lo capite da voi che se è possibile trovare in rete addirittura le spiegazioni su come costruirsi una bomba atomica, piccola ma efficace, nel proprio garage, è possibile anche capire che cosa sta accadendo oggi in Italia e nel mondo.
Certamente non è facile, perché il ruolo centrale dell’attuale Guerra Invisibile si svolge nel campo mediatico. Lì avviene il distinguo. Lì si ha un’idea di chi affronta la complessità, l’elaborazione costante e continua di dati, l’argomentazione, la comprensione, la condivisione. Fondamentale è la rinuncia alla segretezza delle notizie perché aprendosi alla diffusione generalizzata e sottraendosi alla logica gruppale e clanica, si chiarisce che si intende combattere contro una concezione oligarchica e aristocratica dell’esistenza che è la base di ogni dittatura. Le notizie che il Potere ufficialmente ci regala, va da sé, sono notizie interessanti per loro. Non per noi. Oggi, il teatro è questo. Un tempo la NOTIZIA era secca e oggettiva. Oggi va decrittata, destrutturata, analizzata e compresa.
Viviamo in un mondo fantastico perché è possibile diffondere notizie importanti a una velocità inconcepibile fino a pochi anni fa. Ma è anche terribile allo stesso tempo e molto pericoloso perché è altrettanto difficile (per chi non ha strumenti specifici) saper distinguere il grano dall’oglio, la bufala dall’informazione, la Cultura dal marketing, il Sapere dalla manipolazione, la realtà oggettiva dalla mistificazione.
Il braccio di ferro è dovunque. Io li chiamo banalmente falchi e colombe, tanto per intenderci: all’interno della Chiesa, della magistratura, della Confindustria, dei sindacati, dell’esercito, dei partiti tradizionali, della massoneria. Dovunque e comunque fanno il braccio di ferro le due entità contrapposte: chi vuole un mondo libero a misura d’uomo e quindi molteplice, multiforme, poli-etnico e complesso, e chi lo vuole asservito e silente, unìvoco, piatto, dedito al lavoro per arricchire una ristrettissima oligarchia di individui che si ritiene superiore al resto della specie umana. E’ per l’appunto ciò che viene definito sotto il termine di DITTATURA:
In questa fase, noi italiani siamo favoriti. Alcuni aspetti del nostro becerume genetico ci consentono chicche inattese. Tipo: il governo dei tecnici professori.
Anche un bambino, oggi, comprende e si rende conto che, in verità –e nella migliore delle ipotesi- si tratta di un’accozzaglia di spocchiosi raccomandati che non hanno la benché minima idea né di che cosa stanno facendo né di che cosa stanno dicendo quando parlano. L’aspetto positivo consiste nel fatto che la loro totale insipienza ci permette di comprendere quale sia il teatro e dove si annidano i falchi e che cosa, in verità stanno combinando.
Non vi è alcun dubbio che Mario Monti sia un disastro per il paese. Purtroppo ce lo toglieranno molto presto. Perché è un disastro per il paese ma è diventato un disastro e un colossale flop anche per i falchi che lo hanno messo al governo. La sua scempiaggine dà troppe informazioni. Per il momento gli italiani ancora non se ne sono accorti in massa, perché abituati dal berlusconismo a non pensare, a non ragionare, a non elaborare e soprattutto a non avere memoria, neppure quella breve e brevissima. Faccio un esempio: “Grazie al decreto salva-Italia, grazie alla rivoluzionaria riforma del lavoro che presto vareremo con il totale consenso tra le parti sociali, già applaudita in diversi luoghi internazionali dove la nostra credibilità è stata ristabilita, l’Italia si avvierà verso una poderosa e impressionante ripresa e potremmo anche arrivare a un +10% del pil”. Dichiarazione in conferenza stampa in data 22 dicembre 2011. Il dato reale è che il pil è -2,2%. Ma nessuno se lo ricorda più che lui l’ha detto, e tantomeno nessuno GLIELO RICORDA. Questo è parte del teatro di guerra. Spiega (a chi vuole capire) che se un banale contabile può presiedere l’esecutivo sostenendo scempiaggini inaudite che qualsivoglia studente di economia al secondo anno è in grado di scardinare con due paginette ben congegnate, allora vuol dire che il POTERE VERO, ovverossia: coloro che davvero governano, sta da un’altra parte. Se il ragionier Mario Monti davvero fosse il vero capo di governo, l’Italia oggi starebbe affondando. Lui era semplicemente il “perfetto pupazzone” da sostituire a quell’altro capolavoro del suo squallido predecessore, divenuto a un certo punto contro-producente. E’ stata l’idea di un bambino, davvero infantile. Via i mafiosoni e le belle donne, via le orge a palazzo, adesso ci mettiamo il preside mitomane circondato da figure materne autoritarie tipo maestrine elementari, e siccome gli italiani sono bambini rimbecilliti, alla fine staranno buoni buoni a sedere sul banco a fare i còmpiti. Lì per lì è servito.
Ma qualcosa è andato storto.
Non sono in grado di poter fornire notizie oggettive  e prove inoppugnabili relative all’entità poderosa dello scontro tra Monti & co. e i suoi datori di lavoro (i falchi iper-liberisti); se le avessi in mano, farei la scelta di Assange, mi rifugerei in un bunker da qualche parte e comincerei a pubblicarle tutte in rete. Non ho, quindi, né notizie né prove. Mi dispiace deludere chi mi sopravvaluta.
Ve la regalo, perciò, come una mia semplice opinione personale che vale quel che vale.
Nasce dall’analisi, dallo studio e dallo scambio di opinioni con altri combattenti democratici sparsi in giro per il mondo, che ogni giorno seguono la borsa, l’economia, i discorsi e gli incontri ufficiali (e qualche volta meno ufficiali) dei potenti e confrontiamo –molto spesso insieme- circa 250 quotidiani occidentali per decifrare e selezionare ciò che vogliono dirci.
A mio modesto parere, Mario Monti è stato già licenziato.
Il che, non è una buona notizia. Perché se il suo sostituto è più bravo di lui (ci vuole poco) più accorto, più abile, più sofisticato, sarà molto più difficile e complicato riuscire a smascherare le mosse. Sbugiardare Mario Monti quotidianamente è oramai impietoso. Non è quindi possibile che lui prosegua nella sua attività. Il suo còmpito che doveva durare all’incirca un anno e mezzo è smaccatamente naufragato ed è andato a sbattere contro l’inevitabile scoglio del suo Ego immenso e del suo fragilissimo Io, come si conviene a tutte le personalità narcisistiche prive di pulsione etica.
L’8 gennaio del 2012, Mario Monti va a Londra. Le cose vanno male, molto male in quel momento. Da fonte certa sappiamo che si incontra con il governatore della Banca d’Inghilterra, con il responsabile di Goldman Sachs in Europa, e con alcuni maestri venerabili di logge massoniche inglesi con i quali strappa un accordo: garantisce la svendita di gioielli nazionali attraverso abili dismissioni, l’incorporazione e l’ingresso attraverso la ricapitalizzazione di banche italiane dentro fondi a rischio sotto l’ombrello di Black Hawk investment garantito dalla Royal Bank of Scotland e da Goldman Sachs che ne è il custode. In cambio, ottiene la promessa che la finanza inglese abbatterà lo spread tra i bpt italiani e quelli tedeschi portandolo da 420 a 195 e provvederà affinchè il pacchetto di controllo di Unicredit finisca nelle mani degli arabi che investono a Londra e BancaIntesa finisca nelle mani di un colosso finanziario anglo-tedesco.  Come garanzia mette a disposizione diverse tonnellate d’oro della riserva strategica nazionale. Torna a casa tutto contento e presenta dei conti stabiliti su quelle decisioni. Previsione di Monti: al 30 marzo 2012 lo spread sarà intorno a 220, Unicredit in borsa varrà all’incirca 5,5 euro e BancaIntesa intorno ai 2 euro. Le banche italiane riceveranno soldi dalla Bce che investiranno una parte in bpt nazionali e l’altra nei fondi derivati suggeriti dagli inglesi. Dopo una ventina di giorni va in Usa dove vede gli omologhi americani. Si presenta come l’ago della bilancia europea e garantisce agli americani che fungerà da ammortizzatore in funzione anti-Merkel smontando l’asse tedesco anti-Obama. Torna a casa tutto contento, con la truppa mediatica asservita che esalta il grande condottiero.
Passano quarantadue giorni.
Lì avviene qualcosa che io ignoro. Gente molto più abile di me (diversi blogger indipendenti in Usa, Sudamerica e Australia) sta tentando di aver accesso a informazioni specifiche e garantite per capire con esattezza che cosa sia accaduto.
Qualcosa, infatti, è avvenuto. Ancora non sappiamo che cosa.
Mario Monti litiga con tutti. Ma non si sa perché.
Gli inglesi sono imbufaliti. Gli americani lo detestano. E da dieci giorni è entrato in rotta di collisione anche con la Francia e con il Fondo Monetario Internazionale.
L’Italia è di nuovo drammaticamente isolata.
Invece che finire a 200, lo spread sale a 400.
Unicredit, invece di volare con il vento di poppa crolla ai minimi storici, idem BancaIntesa.
Tutti i dati macro-economici presentati come previsione a tre mesi dal governo in data 15 giugno 2012 si rivelano sbagliati clamorosamente.
Corrado Passera inizia a fare dichiarazioni opposte e contraddittorie a quelle di Monti.
Mario Monti corre in Cina a metterci una pezza e lì si inventa l’applauso di Obama rischiando un grave incidente diplomatico. Da quel momento in poi tutti gli indici economici italiani virano in assoluto negativo e cambia di 180 gradi la comunicazione ufficiale da parte della BCE, del Fondo Monetario Internazionale, del Wall Street Journal, del Financial Times, di Asia Times, rispetto al nostro paese. Come mai? Che cosa è successo?
Non lo so.
So però che cosa sta accadendo in Italia.
Stanno costruendo un nuovo partito che avrà la denominazione di Partito Nazionale e che sondaggi preliminari privati danno come primo partito alle elezioni. Sarebbe una creatura di Pierferdinando Casini. Nascerebbe e si svilupperebbe dalle ceneri dell’Udc che si scioglie e avrebbe come proprio leader Corrado Passera, ormai identificato come l’anti-Monti. Diversi brandelli di PDL e di PD confluirebbero dentro per garantire la tenuta della nazione. Il tutto accelerato dal peggioramento quotidiano della situazione economica italiana. In questo momento, Monti non ha più l’appoggio di nessuno dei rappresentanti europei che l’ha sostenuto fino al 20 febbraio 2012. Non so che cosa abbia combinato. Si è giocato tutto il credito in meno di quattro mesi. E’ sostenuto soltanto dal PDL e dal PD, un po’ poco, data la situazione fragile del nostro paese. Perché il nuovo partito andrebbe contro Berlusconi e contro la Lega sostituendosi definitivamente ad entrambi.
Dal sultanato orgiastico-padano, nella sua variante italiota di malaffare, corruzione e corna (metaforiche sporcaccione e di plastica ai festival di Pontida) si passerebbe a una formazione presentabile e inappuntabile, molto dura. Per la serie: poche storie e poche proteste, o accettate questo o vi arrangiate.
Così lo presenta il quotidiano Il Giornale, in data 18 aprile, a firma Andrea Indini, imbufalito perché Mediaset. Mediolanum & co. stanno colando a picco:

E in questo nuovo partito, ci sarà anche l'attuale ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera? "E chi lo sa...", ha ribattuto Casini consapevole di scatenare così una grande curiosità ma anche allarme in alcuni settori della politica. A stretto giro è infatti arrivata la preoccupata reazione del Pdl che ha affidato a Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, il compito di "smontare" il nuovo progetto centrista. "Le dichiarazioni di Pier Ferdinando Casini sono azzardate se non addirittura gravi e pericolose per il futuro del governo Monti", ha attaccato Lupi spiegando che se i ministri dell’attuale esecutivo sarebbero già pronti a entrare in un partito, il governo non sarebbe più formato esclusivamente da tecnici. "E non mi sembra una buona notizia", ha chiosato Lupi. A Radio Anch'io, il leader del Pd Pier Luigi Bersani ha, invece, messo le mani avanti assicurando che "se i tecnici vorranno fare outing saranno i benvenuti da ogni lato". "Non credo - ha concluso Bersani - che perderanno competenza se diventano un po' politici".
Insomma, Casini ha gettato il sasso nello stagno. Senza entrare troppo nell'argomento, il leader dell'Udc ha lasciato intendere che i lavori per la nuova formazione sono già a buon punto. Il Partito della Nazione dovrebbe essere in pista per le politiche perché "c’è bisogno di un nuovo soggetto". E le elezioni del 2013 saranno il banco di prova. "Penso che ci saranno novità nelle prossime ore", ha detto Casini dosando le informazioni. "Già dei gesti ci sono stati all’interno dell’Udc - ha continuato - e noi dell’Udc e del terzo Polo siamo convinti che c’è bisogno di un nuovo soggetto politico, una cosa diversa che metta insieme tecnici e politici, sindacalisti intelligenti e imprenditori illuminati".
Questo partito si presenterebbe come una organizzazione politica compatta, alla quale finirebbero per aderire Rutelli & co., Fini & co. anti-berlusconiani del PDL e leghisti furibondi fuoriusciti (così si chiudono tutte le vertenze legali dei loro rispettivi partiti) che piace all’opus dei, alla finanza vaticana, ai tedeschi, molto di meno agli anglo-americani che sono titubanti. Soprattutto gli inglesi, estremamente cauti in questo momento.
Perché tutti questi signori che amano questi minuetti a tavolino, forse stanno facendo i conti senza l’oste.
In Gran Bretagna (massimo indice di numero di indigenti e di povertà mai raggiunto dal 1946) gli ultimi sondaggi rivelano che David Cameron non piace a nessuno e i laburisti stanno dilagando in tutti i municipi locali delle diverse contee del Regno. In Francia, è molto probabile che Hollande riesca a farcela il 6 maggio. E lì si apre una nuova potenziale partita del braccio di ferro.
Perché tutta questa gente si sente molto sicura e pensa di seguitare a portare avanti i propri disegni senza neppure prendere in considerazione l’idea che esistono i popoli, le nazioni, le etnie, le persone. Io, invece, ci credo. Ci ho sempre creduto e seguito a crederci.
Le dittature sono sempre state costruite dall’alto, ma hanno sempre fiorito trovando terreno fertile dal basso e da lì hanno trovato impulso, sostegno e consenso. Se dal basso non arriva il sostegno popolare, le dittature non decollano.
Non esiste nessuna speculazione in corso. E’ tutto falso.
La cosiddetta speculazione è una invenzione mediatica.
Il mercato senza controllo collettivo e statale, per definizione è speculativo.
Lo era quando andava bene ( e i gonzi applaudivano pensando che fare soldi facili è elementare) lo è nello stesso identico modo quando va male.
La realtà è che le scelte iper-liberiste della BCE e del duo Merkozy non funzionano. E il capitalismo, per produrre ricchezza (e quindi profitto) ha bisogno dei due pilastri fondamentali sui quali si poggia: efficacia ed efficienza. Oche chiacchiere.
“Siamo ormai arrivati alla stretta finale. La ricetta tedesca affonderà definitivamente l’Europa, sembra incredibile essere testimoni del suicidio di una civiltà senza che la gente se ne renda conto”. Così il nobel per l’economia Paul Krugman (una colomba)  lunedì scorso commentava ciò che sta accadendo. Da noi: silenzio.
Da modesti soldatini, nel nostro piccolo, possiamo e dobbiamo impegnarci per spingere dal basso diffondendo informazioni e dati reali alla mano smascherando continuamente le bugie governative per infilare dei granellini di polvere nel loro ben oliato meccanismo tritatutto sperando che gente come Stefano Fassina (un economista colomba addormentato) si risvegli dalla letargia e dalla stupefazione –tanto per fare un esempio-, e la gente cominci ad ascoltare un po’ di più magari un filosofo come Massimo Cacciari (che si sgola come e quando e quanto può) e un po’ di meno gli economisti tecnici che oggi vanno di moda alla tivvù.
La dittatura dell’oligarchia finanziaria è imperante e lo sappiamo.
Ma non ha ancora vinto.
Perché –per fortuna della specie umana- non funziona.
Non si tratta, infatti, di schieramento ideologico, ma di buon senso.
E quando comincia a diffondersi il buon senso, le dittature si afflosciano.
La dittatura vive e prospera nella paura, nella confusione, nella demagogia e soprattutto nella mitomania.
Paradossalmente (ma è la caratteristica di questa surreale guerra invisibile) se i lavoratori vogliono salvaguardare il proprio presente e futuro, devono solidarizzare con gli imprenditori che vogliono produrre merci. E viceversa. Gli imprenditori che vogliono aprirsi i mercati e far profitto creando ricchezza collettiva devono mettersi nella zucca l’idea che l’organizzazione sociale del lavoro in Italia non passa più attraverso l’annoso conflitto capitale-lavoro, bensì attraverso nuovi disegni e linguaggi dove sia chiaro qual è il terreno di scontro: da una parte chi produce (tutti insieme) e vuole e pretende che lo Stato sia garante e arbitro, e dall’altra chi vuole uno Stato debole che garantisca la libertà di far soldi senza produrre. Tutto qui. Elementare.
I falchi sanno che da un momento all’altro la gente può cominciare a capire, comprendere, quindi organizzarsi in funzione umana e quindi uscire fuori dal ricatto del bisogno legato alla sopravvivenza. Chi vuole sopravvivere e basta, diventerà cinese.
Uno slogan paradossale, ma superbo può essere “non vogliamo sopravvivere, se dobbiamo vivere in una nazione in cui i senatori vanno al mercato ad acquistare diamanti con i soldi delle nostre tasse allora preferiamo non sopravvivere perché noi, invece, vogliamo vivere”.
La surrealtà può aiutarci a inventare nuovi linguaggi diversi.
Nell’uso del mercatismo e dell’economicismo e del politichese perdiamo tutti.
“Io voglio vivere, mi rifiuto di sopravvivere”.
Nel 1952 non aveva senso.
Oggi, un Senso ce l’ha eccome.
Anzi: questo è il Senso.
E da lì che bisogna ripartire, da brave formichine pazienti.

21 commenti:

  1. Ri-complimenti, ormai ho messo il blog nei bookmarks, vale la pena di leggerlo.
    Forse però ci sarebbe da chiedersi come mai, come si dice da più parti, l' 1% della popolazione detiene il 90% delle ricchezze; se una persona tiene in scacco altre 99 significa che quelle 99 sono d' accordo o che sono troppo stupide. O si trova un modo di svegliarle o parlare con intelligenza e competenza della situazione servirà a molto poco.

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  2. E soprattutto bisognerebbe capire perché queste 99 persone sono così acquiescenti. L' unico orizzonte di senso per una lotta comune fatta anche di sacrifici la da un "senso di appartenenza"; come mai le classi subalterne preferiscono sognare di appartenere alla ruling class piuttosto che definire e riscattare la loro appartenenza alla classe dominata?

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    1. le potrei dare diverse risposte, forse a seconda della giornata. Oggi le dico: perchè sono ignoranti e non sanno che gli status symbol (il rolex, le pupone, la porsche)sono soltanto feticci e non sono reali. la responsabilità però è nelle mani degli intellettuali e di chi sa, perchè ha abdicato alla propria funzione di educatore civico preferendo la promozione attraverso i partiti e le loro immonde colpe non avranno mai perdono. Ecco perchè il primo passo di ogni dittatura che si rispetti consiste sempre nell'eliminare le avanguardie pensanti che resistono: per impedire che svolgano un'azione educatrice; gli altri se li comprano. Affamare gli intellettuali e criminalizzarli è fondamentale per le dittature. E' ciò che hanno fatto, è ciò che fanno regolarmente; a questo serve la tivvù, la promozione degli stupidi e la diffusione perenne di sciocchezze edulcorate.

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  3. Partito Nazionale? Chi si rivede: ai tempi del Littorio si chiamava Fascista. D'accordo, lasciamo perdere le distinzioni tra destra e sinistra che non hanno senso. Ma qual è il contributo di Cacciari in questa guerra? Infine, a metà circa del post, "saper distinguere il grano dal loglio", detto altrimenti zizzania, non "dall’oglio"! Grazie.

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  4. Temo che la storia abbia già ampiamente dimostrato che la capacità e la reale volontà degli intellettuali di risvegliare le coscienze siano pure illusioni. L' intellettuale sceglie la sua via proprio alla ricerca o di un nuovo e più prestigioso (o remunerativo) status (ossia "appartenenza") o, in via puramente individuale, per sentirsi elegantemente al di sopra e al di fuori delle classificazioni di classe sociale; ma è anche ovvio, dato che l' intellettuale non produce e dipende per costruzione dalla classe dominante che lo usa per definire il sistema di sfruttamento delle classi o (vedi ad esempio Noam Chomsky, per dirne uno) per canalizzare e neutralizzare il dissenso.
    E lo stesso concetto di "classe sociale" è del tutto astratto, valido solo come strumento euristico; pretendere come Marx che il proletariato acquisisca una coscienza di classe significa chiedere che il senso di appartenenza si basi su considerazioni puramente "materialistiche" ossia in base al ruolo nel sistema di produzione che definisce le classi sociali. Non è così, primo perché ovviamente appena qualcuno riesce a elevare il suo status socio-economico questo senso di appartenenza in base alla classe automaticamente non ha più motivo di esistere; ma soprattutto perché il "senso di appartenenza", che come ho detto è l' unico fondamento che renda possibile dare un orizzonte di senso ai sacrifici di una lotta di emancipazione, non si basa su considerazioni economiche ma anzi, proprio su un ordine di fattori che secondo Marx sarebbero pura sovrastruttura. Si sente di appartenere a un gruppo perché in questa appartenenza troviamo un senso alla nostra esistenza ossia perché in virtù di un esperienza di "essere insieme" abbiamo le categorie necessarie per interpretare e reinterpretare il mondo. L' intellettuale si pone come depositario "autentico" di un sapere al quale la gente comune non può accedere se non tramite la sua intermediazione e di qui la diffidenza della classe media che si ritrova quasi sempre a votare in massa proprio a favore di chi la tiene in una posizione di subordinazione.
    Abbia pazienza per le lungaggini ma è un discorso molto complesso e ci sarebbe da scrivere ancora moltissimo, troppo e per adesso mi fermo qui.

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    1. E' vero, il discorso sarebbe troppo lungo. Sono in disaccordo con lei per diverse ragioni, il suo, infatti, mi sembra un discorso obsoleto che appartiene a un mondo, una società (e quindi una interpretazione) che non esistono più da tempo, definitivamente da dieci anni. la sua idea di intellettuale è soggettiva 8il che va benissimo e merita rispetto come tutte le idee) ma è priva di alcun fondamento. L'intellettuale produce eccome. Sono Giulio Tremonti e Brunetta che pensano che l'intellettuale non produca: è proprio questo il pensiero figlio della finanza, perchè riduce il pensiero a una immediata monetizzazione quantificabile subito in termini di mercato

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    2. certe volte le cose piu' banali servono a rispondere.
      Ti sei mai chiesto come mai l'uomo o la donna in carriera dopo aver fatto il primo passo sullo scalino sociale cambiano moglie o marito?
      Marx diceva che la classe operaia da classe di per se doveva diventare
      classe per se. Non mi sembra che uno che dice questo si basi su considerazioni puramente materialistiche. Per diventarlo c'e' bisogno
      di un lungo lavoro, cioe' doveva creare un nuovo modello culturale.
      Io non l'ho mai visto ne conosco. Che poi Rousseau e compagni non abbiano risvegliato le coscienze o Lutero e Calvino non abbiano modificato niente mi sembra difficile a dire. A non essere che tu ti riferisca a quel modello di intellettuale che vuole essere pagato dallo
      stato. Quello direi e' il senso di appartenenza. L'intellettuale non dovrebbe averlo, dovrebbe vedere quello che non vedono gli altri o per lo meno saper descrivere quello che gli altri confusamente sentono ma non riescono ad esprimere. Vi sono due bisogni contrastanti nell'animo umano la liberta' e la sicurezza, in genere fanno a pugni. Possiamo chiedere a papa' di umiliarsi a chiedere un posto sicuro per noi e poi sballarci in qualche bar cantando "Voglio una vita spericolata"
      Il nostro grande problema e' che vogliamo assomigliare,direi essere l'altro, quello che ci piace. Per quello cambiamo moglie. Perche' nel nuovo scalino sociale non ci rappresenta piu'.
      E votiamo qualche partito in genere non per affinita' ma perche' immaginiamo possa garantirci una certa sicurezza.
      Tornando all'oggi si appartiene o ai garantiti o ai non garantiti, piu' varianti. I garantiti fanno blocco, hanno sicurezza e non la vogliono perdere, i non garantiti per ora non hanno ne' programma, ne' ideologia ne' nuove strade. E nemmeno, e questo e' il dramma, si
      sentono uniti dallo stesso problema. Per ora bussano alle stesse porte, quelle conosciute, senza papa'.
      Come diceva Marx sono una classe di per se ma non per se.

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    3. Per Anonimo

      E sto cercando di dire proprio questo ma vedo che non è semplicissimo farsi capire (anche se almeno tu non hai capito esattamente l' opposto come il blogger).
      "Classe di per sé ma non per sé" è appunto il problema: perché? Perché "per sé" significa avere un autentico senso di appartenenza che finalmente porta a rivendicare la propria emancipazione e a una lotta combattuta insieme. Il punto è che "di per sé" invece significa che questa categorizzazione viene dall' esterno, da una classificazione puramente metodologica che per di più si basa su considerazioni esclusivamente economicistiche (ossia materialistiche) perché la classe è una suddivisione in base al ruolo nel sistema di produzione. Ovvio che se sali nella scala sociale e quindi cambi ruolo non avrai più motivo di appartenere alla classe di partenza ed è quello che vediamo ogni giorno.
      Rousseau diceva che l' uomo nasce libero ma è ovunque in catene e giustamente gli è stato risposto (mi pare De Maistre) che se lo si ritrova ovunque in catene è ridicolo ipotizzarlo libero per nascita o diritto naturale. Ora secondo te a chi si rivolge davvero un intellettuale che parli di "diritti naturali", sapendo benissimo che gli unici diritti che esistono realmente sono solamente quelli che vengono compresi profondamente tramite una complessa crescita intellettuale e spirituale e soprattutto che vengono conquistati solo con una dura lotta combattuta "insieme"?
      "Insieme" perché, e ho notato che questo proprio è difficile da accettare non solo per voi, la tua antinomia fra "sicurezza" e "libertà" è un falso problema; all' interno di un forte e positivo senso di appartenenza questa dicotomia non ha più ragione di essere perché ciò che le unifica è "il senso" che l' appartenenza da finalmente alla nostra esistenza e ai nostri affetti. Per dirla in maniera brutale ma addirittura ovvia guarda quelli che sono pronti a farsi ammazzare in guerra in modi talvolta atroci: in nome di un senso di appartenenza sono in grado di rinunciare alla loro vita e quindi sia alla libertà che alla sicurezza.
      Questo dovrebbe capire l' intellettuale e più che di risvegliare le coscienze degli sfruttati si dovrebbe occupare di consolidare l' "essere insieme" delle classi subalterne.

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    4. L'intellettuale non risveglia le coscienze degli sfruttati, ne si occupa di consolidare, ne di creare "l'essere insieme" delle classi subalterne. L'intellettuale come mestiere fa "quello che pensa"
      "quello che interpreta" "quello che esprime" "quello che da voce a"
      "La liberazione degli oppressi deve essere opera degli stessi oppressi"
      Se no non e' liberazione.
      E questo e' successo ogni volta che una cultura del cambiamento ha vinto. Non si usa piu'frustare il gabbiere di prua ma prima era il quotidiano, Non si usa piu' tenere i carabinieri alle spalle della truppa pronti a fucilarla se non attaccava.
      Io sono nato libero, posso sempre fare l'eremita. Posso sempre abbandonare la societa'. Posso prendere la valigia e cercare un'altro
      luogo o almeno sono libero di cercarlo. E' nel contratto sociale, nel mio essere animale sociale che devo trovare la mediazione, la ricerca di una societa' giusta per me e per i miei simili.
      La sicurezza per i nobili erano gli schiavi, i servi della gleba. La sicurezza del padrone moderno e' il lavoro che da. Cosi come la Vandea si sollevo' in appoggio dei nobili o i contadini meridionali andarono col cardinale Ruffo a massacrare i liberali napoletani cosi le classi subalterne possono rispondere. Non esiste modello. L'unico che farebbe per te e' il soldato di Cromwell col fucile in mano e la Bibbia nello zaino. Ma prova a leggere da quale dibattito popolare e' nato quel essere. Leggiti "Il mondo alla rovescia di C.Hill."
      E' l'"intellettuale popolo" che alla fine cambia il mondo. E noi
      popolo viviamo di quotidiane necessita' che ci determinano nelle nostre scelte. Scelte per lo piu' di sicurezza. E' quando ne a noi ne' a le classi dirigenti ci e' piu' possibile sostenere il vecchio sistema che qualcosa succede.
      Lutero ha semplicemente affisso un proclama su la porta di una chiesa. E' chi l'ha letto che ha cambiato il mondo.

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    5. Io veramente stavo dicendo proprio che la liberazione degli oppressi deve essere opera degli stessi oppressi; piccolo particolare gli oppressi o non si rendono conto, o preferiscono restare oppressi o nella più "vitalistica" delle ipotesi si dannano l' anima per far parte degli oppressori. Come mai? L' "intellettuale popolo" non l' ho mai visto e non credo minimamente che esista anzi sono convinto che le classi subalterne siano sempre state totalmente asservite ai codici linguistici (e quindi di pensiero ossia l' elaborazione coatta di finalità esistenziali) della classe dominante. Capire la situazione come fate molto bene sia tu che il blogger è una cosa addirittura banale per chiunque sia di un livello culturale appena sufficiente; sembra però che sia molto più difficile costruire delle soluzioni alternative visto che nessuno riflette sul fatto che, come sto dicendo, occorre mobilitare una massa di persone felicemente asservite come i Vandeani e i Calabresi che citi nella tua risposta. Le vostre idee di "libertà naturale" misteriosamente non attecchiscono e per di più leggo che tu stesso dici:

      "E' quando ne' a noi ne' a le classi dirigenti ci e' piu' possibile sostenere il vecchio sistema che qualcosa succede."

      Dov' è la libera scelta e l' atto di ribellione o la presa di coscienza della necessità etica di una società più giusta, se le cose cambiano solo quando "non ci è più possibile sostenere il sistema"? Almeno Cromwell è riuscito per un certo periodo a smuovere qualcosa e se vogliamo farlo anche noi in maniera un po' più matura di un esercito di teste rotonde integraliste, dovremmo se non altro prendere il loro spirito di corpo. Ma prima di tutto occorre riuscire a dare un senso culturale, spirituale (vorrei dire ermeneutico) alla subalternità di quegli oppressi che dovrebbero riscattarsi e purtroppo questo da soli non possono farlo.

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    6. "Ma prima di tutto occorre riuscire a dare un senso culturale, spirituale (vorrei dire ermeneutico) alla subalternità di quegli oppressi che dovrebbero riscattarsi e purtroppo questo da soli non possono farlo."
      Mi dispiace che Spartaco sia morto, forse lui ti darebbe una risposta.
      Dicono che Lenin una settimana prima della Rivoluzione d'Ottobre tenne una lezione ad una universita' svizzera dove disse che la rivoluzione "e' ineluttabile" ma che probabilmente lui non l'avrebbe mai vista. La Rivoluzione d'Ottobre fu una rivoluzione di popolo, e'
      quella di Febbraio quella bolscevica.
      Ma poi, scusa, perche' dovrei farmi il c... per 4 co... se io non fossi parte di loro.
      L'appartenenza e' appartenenza. Non e' un fatto di nobilta'.
      La vita "semplicemente succede" ma c'e' chi pensa di poterla dirigere.
      Io non appartengo a quest'ultima categoria. E sinceramente, quando ho chiuso la porta "...della folla davanti o dietro non chiedermi"
      Ciao e grazie per rispondermi.

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  5. Forse non ci capiamo sul "produce" che aveva un intento polemicamente riduttivo che lei probabilmente non ha colto come dimostra il suo discorso su Tremonti e la monetizzazione del pensiero che non mi appartiene minimamente (a proposito di obsoleto, non è che mi sta dicendo che Tremonti e Brunetta "reificano"? Lei non mi sembrava il tipo). Il mio discorso è tanto obsoleto che lei oggi scrive in una sua risposta che gli intellettuali "se li comprano". Allora: dobbiamo capire perché il 99% della gente si fa dominare dall' uno per cento, poi perché gli intellettuali si fanno comprare, poi perché quelli che non si piegano non trovano spazio ( spazio che è detenuto da quelli che si dedicano ad attività produttive nel senso molto ristretto a cui mi riferivo)...vogliamo chiedere a qualche intellettuale?

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  6. Scusi non so bene cosa intenda per ufficialmente. Comunque sia lei scrive cose interessanti e quindi, visto che me lo chiede, glielo chiedo ufficialmente.

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  7. Difficile scovare le notizie quando il resto del mondo ci considera un'espressione geografica mentre
    i vassalli al governo insieme alla troupe giornalistica al seguito non fa altro che filtrare tutto ad eccezzione dei soliti plot ad effetto.
    anche il grande oriente democratico sta iniziando a centellinare la informazioni (il famoso libro di magaldi che fine a fatto ? )

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  8. Mentre noi si sta a discutere usando ancora le vecchie categorie di pensiero, le dottrine polarizzanti del Novecento, il progetto per schiavizzarci va avanti in maniera sempre più subdola e sofisticata. L'intento di chi si arroga il diritto di decidere per tutti, in nome di una supposta forma di eredità divina (le famiglie reali)o perché più "illuminati", è proprio di metterci l'uno contro l'altro, la tesi e la sintesi di hegeliana memoria, per poi proporre una sintesi che nasconde al suo interno il veleno della dittatura. E' successo con le rivoluzioni del passato, se le guardiamo con occhi diversi e mente aperta, e soprattutto partendo dai risultati ottenuti. L'uomo oggi è apparentemente più libero, c'è più rispetto dei diritti (ma non dappertutto) se ci accontentiamo della parvenza di democrazia, secondo Churchill, ma nella realtà è schiavo di un sistema economico iper liberista dove l'unico metro di valutazione è lo status simbol, come espressione di potere finanziario.

    Quella che oggi viene chiamata, in modo artatamente arbitrario e volutamente ingannevole, antipolitica è il risultato di un progetto studiato a tavolino molti anni fa. Che il popolo si scateni contro l'attuale classe politica e dirigente serve a presentare una soluzione, che oggi è il governo tecnico di Monti e domani magari Passera o altri, che potrà essere accettata per disperazione. Gli scandali scoppiati nella Lega, nella Margherita, al Pirellone di Milano, nella Puglia di Vendola, nella Catania di Lombardo hanno un'unica regia: esasperare la gente e soprattutto allontanarla dalla Politica, quella vera, che significa partecipazione, scelta, amore per il bene comune. Invece ogni giorno tv e giornali ci dicono che ormai "tutti sono uguali", sinistra e destra rubano allo stesso modo, ed altre generalizzazioni pericolose. Stella e Rizzo, con la Casta, sono stati i battistrada di questa manipolazione, e forse non è un caso che entrambi lavorano da anni al Corriere...

    Le tecniche di manipolazioni mentali sono molto sofisticate e i mass media, la comunicazione, sono gli strumenti più efficaci per giungere ad interferire sullo sviluppo culturale di un popolo. Se oggi ci lamentiamo per il vuoto spirituale, per l'insicurezza, la decadenza, la frustrazione dei giovani, la paura, ebbene tutto questo è il risultato di anni ed anni di mind control e di interventi subliminali.

    Gli intellettuali dovrebbero invece smontare questa realtà, metterne in evidenza gli aspetti di rischio, agire in prima persona se convinti della bontà del loro sentire. E non firmare cambiali in bianco perché "Parigi val sempre una messa". Dovrebbero servirsi della loro intuizione per denunciare, come a suo tempo Pasolini, e non per acuire la separazione fra i cittadini, parlando di destra e sinistra, di classi, ancora in termini aristotelici e kantiani.

    Bisogna inventarsi un nuovo linguaggio, pescare dentro di sé nuove energie che possano unificare e non più separare perché esprimono solo odio, rabbia. Queste emozioni servono a nutrire la paura, sono funzionali al nostro essere schiavi delle passioni. E allora sì che saremo destinati a rimanere nel nostro ruolo di vittime se non saremo in grado di sognare un mondo diverso, un sistema economico altro, una Politica nuova.

    Il futuro è nei nostri sogni, nelle nostre mani, solo se sapremo anteporre l'idea di bene comune alla pretesa di voler rappresentare una classe o una categoria. Faremo la rivoluzione, ma prima o poi - come la Storia insegna - la restaurazione riporterà il pendolo dall'altra parte. Sta a noi dunque trovare l'equilibrio fra questi due estremi.

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  9. ...."Come garanzia (Monti) mette a disposizione diverse tonnellate d’oro della riserva strategica nazionale".
    Mi è apparso come un lampo ciò che ho letto tempo fa sulle tonnellate di oro italiane, probabilmente custodite dal Vaticano o dalla FED.
    Non so davvero se quanto letto sia veritiero o meno, fatto sta che gli italiani vorrebbero sapere dove sarebbe custodito effettivamente l'oro, in quanto proprietà del popolo italiano.
    Personalmente sospetto che vi siano forti frizioni tra più poteri e più livelli di poteri mescolati tra loro e poi divisi in varie alleanze, ma sempre restando in pura immaginazione...mi piace pensare ad un atto di fiera collaborazione da parte della S.p.A. più ricca del mondo - il Vaticano - che generosamente restituisce ori e fiumi di miliardi e miliardi di incommensurabili valute estere e nostrane al POPOLO ITALIANO che lo ospita nel suo territorio e ne è doppiamente vessato e tabellato.
    Mi piace pensare che restituisca l'immenso patrimonio immobiliare che possiede e le migliaia di micro società con le quali gioca in borsa né più né meno come i cosiddetti investitori privati

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  10. Il tesoro del Vaticano in metalli preziosi è stato stimato dalla pubblicazione United Nations World Magazine come ammontante a diversi milioni di dollari. Una gran parte di questo tesoro è immagazzinata in lingotti presso la U.S. Federal Reserve Bank, mentre il resto è custodito in banche britanniche ed elvetiche. Questa, comunque, non è che una piccola quota della ricchezza del Vaticano che, nei soli Stati Uniti, è più consistente di quella delle cinque aziende più floride della nazione. Se a questo si aggiungono proprietà immobiliari, azioni e titoli all'estero, la cospicua fortuna della Chiesa cattolica diventa così imponente che risulta impossibile darne una valutazione credibile.
    "Il Vaticano possiede enormi investimenti presso gli istituti Rothschild di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, la Banca Hambros, il Credit Suisse di Londra e Zurigo. Negli Stati Uniti ha ingenti investimenti presso la Morgan Bank, la Chase-Manhattan Bank, la First National Bank di New York, la Bankers Trust Company e presso altri istituti di credito. Il Vaticano possiede miliardi di quote delle più potenti multinazionali, come Gulf Oil, Shell, General Motors, Bethlehem Steel, General Electric, International Business Machines, T.W.A. etc. Facendo una stima prudenziale, nei soli Stati Uniti tali quote ammontano ad oltre 500 milioni di dollari.La Chiesa di Roma, una volta sommati i suoi patrimoni, è il maggior agente di cambio del mondo. Il Vaticano, indipendentemente dai vari papi di passaggio, si è sempre di più orientato verso gli USA. Il Wall Street Journal ha affermato che le transazioni finanziarie del Vaticano nei soli Stati Uniti sono state così importanti che spesso riguardavano la compravendita di oro per lotti da uno o più milioni di dollari alla volta. La Chiesa cattolica è il maggiore potere finanziario e detentore di beni oggi esistente. È il maggior possessore di ricchezze materiali, più di qualsiasi altra singola istituzione, azienda, banca, fiduciaria, governo o stato dell'intero pianeta. Il papa, in qualità di amministratore ufficiale di questo immenso Eldorado, è di conseguenza il più facoltoso individuo del pianeta. Nessuno può realisticamente stimare quanto valga il suo patrimonio in termini di milioni di dollari. E in miliardi di euro.
    http://www.free-italy.info


    ....per essenzializzare: Monti voleva dare in garanzia "quali" tonnellate d'oro?

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    1. le cifre che tu dai non sono accurate....comunque Mario Monti ha dato 456 tonnellate d'oro che provengono dalla riserva del Tesoro italiano. Per Legge, le riserve strategiche possono essere autorizzate soltanto da tre firme congiunte: presidenza del consiglio, tesoro ed economia. Dal 1962 non è mai esistito un governo in Italia in cui lo stesso partito avesse i tre dicasteri, proprio per evitare "scherzi" sull'oro. La prima garanzia che Monti ha chiesto e ottenuto è stata quella di avere tutti i tre dicasteri per sè, così non deve rendere conto a nessuno per Legge. Le riserve aurifere dell'Italia erano fino all'8 gennaio 2012 2.506 tonnellate per un controvalore di circa 120 miliardi di euro. Oggi sono 2.008 per un controvalore di 112 miliardi. Il resto è stato dato come pegno per avere lo spread al rialzo. Era oro della Banca d'Italia, quindi della nazione, quindi del popolo. In quota anche mio, anche tuo. Era oro tuo per 1/60 milionesimo di parte.

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    2. Che Monti sia uno e trino è il più grave vulnus della democrazia italiana. In teoria dovrebbe rispondere al popolo italiano, ma non è stato eletto da nessuno, o al presidente Napolitano, che l'ha scelto forzando la prassi costituzionale. In ogni caso è molto pericoloso che Monti possa decidere su questi delicati problemi relativi alla sovranità nazionale in piena autonomia e senza alcun dibattito pubblico. Ecco perché i partiti politici non sono più credibili.

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  11. Sono circa 2.500 le tonnellate di verghe e lingotti in oro di proprietà della Banca d'Italia, ma solo una parte riposa al sicuro nelle sorvegliatissime 'sagrestie' (così vengono chiamati in gergo i caveau di via Nazionale). Una gran parte della dote aurifera dell'Italia si trova infatti oltreoceano, a Manhattan. E' qui infatti, nei sotterranei di un anonimo palazzetto di pochi piani, vicino alla sede della Federal Reserve di New York, che la banca centrale Usa custodisce la maggior parte dell'oro di sua competenza e i quantitativi che le principali potenze economiche occidentali le hanno affidato.

    Anche l'Italia, come altri paesi, ha da molti anni affidato la custodia fisica di parte del proprio oro alla Federal Reserve (altri quantitativi sono immagazzinati nei forzieri della Banca d'Inghilterra e nei sotterranei della Banca dei regolamenti internazionali a Basilea). Mentre parte di quello custodito in via Nazionale è affidato alla Banca Centrale Europea.

    Il fascino di Palazzo Koch, comunque, anche dal punto di vista di forziere centrale, rimane intatto. Passeggiando nelle 'sagrestie' del palazzo infatti, è ancora possibile imbattersi in verghe 'fuori misura' (il peso standard utilizzato nelle transazioni internazionali è attualmente di 12,5 chilogrammi, ma la Banca d'Italia ne conserva da 14, 16, fino ad arrivare ad una 'magnum' da 17 chili), con punzoni e simboli stampigliati (si possono ancora vedere, in alcuni casi, le svastiche naziste). Una sorta di galleria che, attraverso l'oro, ripercorre la storia dell'ultimo secolo.



    Altri quantitativi di lingotti si trovano nei forzieri della Banca d'Inghilterra e nei sotterranei della Banca dei regolamenti internazionali a Basilea, in Svizzera. Infine, parte dell'oro custodito a Roma, in via Nazionale, è affidato alla Bce.

    Monti ha promesso in garanzia l'oro...ma quale? E siamo sicuri che non sia stato nel frattempo traslocato o venduto?

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