martedì 12 giugno 2012

Un grande artista spagnolo ci spiega come abbattere lo spread. Ha trovato la soluzione giusta per l'Europa.



di Sergio Di Cori Modigliani




Rewind. 12 giugno 2012.

Sembra davvero un film di fantascienza.

Ma comincia ad assomigliare a quelli che poi, qualche anno dopo, nei salotti buoni, di solito frequentati dai radical chic semisnob che finiscono sempre per infilarsi come membri della giuria di qualche festival (quando va bene finiscono addirittura per presiederli) diventano film culto. E ci scrivono sopra anche dei saggi.
Sono filmetti di serie B, nel 99% dei casi prodotti e diretti da gente che ha 100 euro per fare un film, ha 200 euro di debiti, e punta al palato grosso del pubblico di massa. Se va male, tra sovvenzioni, aiuti e qualche furbata fiscale, vanno pari o coprono i debiti, se va bene, faranno poi altri 20 film di infimo livello.
Poiché viviamo in un buco culturale e la logica di mercato viene affidata ai gestori della comunicazione, basta che qualcuno, magari per superficialità, (se in buona fede) finisca per esaltare il prodotto trovando significati sottostanti inesistenti, e allora quel prodotto che in realtà fa schifo, diventa ciò che noi chiamiamo “cult”.
Una parola totem.
In realtà “cult” vuol dire (tradotto) “robaccia di infima qualità, che diventa divertente se fruita la notte d’estate insieme ad amici, ubriachi o strafatti come dei copertoni, provoca un collante di socialità condivisa e attribuisce un consenso di massa a quel prodotto. Si definisce “cult” perchè non ce la fa a diventare “cultura”: si è consapevoli che non ce la fa a rientrare nella “cultura” perché il prodotto è, per l’appunto, zoppo, cioè privo di competenze tecniche, di merito, di conoscenze adeguate. E allora anche il termine (in Usa dove l’hanno inventato) diventa “cult” cioè “oggetto di culto”, totem massificato da adorare, sul quale le agenzie di pubblicità e opinion makers ci si buttano sopra perché fa fare dei soldi.

Tutto ciò per sottolineare il film culto che ci stanno riproponendo.
Si chiama “The collapse of Euro” ma in italiano è stato tradotto in “la speculazione finanziaria attacca l’Italia”.
I protagonisti sono tutti attori comprimari di serie B, non  a caso non vengono neppure definiti “attori” bensì “tecnici”.
E’ un po’ come quei film del tipo “l’invasione dei ragni giganteschi venusiani”.
Nelle arene estive con vecchi amici al seguito, sono chicche insostituibili.

Ma noi siamo nella realtà.

Non essendo in grado di produrre un film decente di serie A (costano, ma soprattutto ci vogliono ottimi produttori, registi competenti, bravi attori, ma soprattutto sceneggiatori con le palle che sanno come raccontare una storia che funziona) allora fanno il solito film trito e ritrito, cambiando qualche scenetta. Invece di ragni giganti ci mettono mostruosi baccelli verminosi; invece che da Venere i mostri vengono da un’altra galassia, ecc.  La bella di turno è mora invece che bionda, e il ganzo è smilzo se nel film di prima era palestrato. La sbiobba è la stessa.

Tutto ciò per introdurre un commento su ciò che sta accadendo nella gestione economica europea.

E’ lo stesso film di giugno del 2011. Identico. Aggravato dal fatto che avendo a disposizione anche effetti speciali ingegnosi, alla fine mette paura per davvero.

E’ inutile star qui a parlare di numeri, cifre, aliquote, grafici e tendenze.
E’ tutto finto, già predisposto.

E’ un film scritto a tavolino e ci tocca vedercelo.

Basta sapere che va visto così (è un consiglio sincero per tutti) in modo tale da non farsi spaventare, da non introiettare paura, terrore panico collettivo come nei documentari dei primi anni’50 quando ci facevano vedere la gente che scappava via urlando dal cinema. E’ quello che vogliono. Così alla fine arrivano i maghi buoni che risolvono l’impaccio.
E l’impiccio.

Non c’è nessuna speculazione.
Non c’è nessuna novità.
Non c’è nessuna sorpresa.
Non c’è nulla, ma davvero nulla, che non si sapesse già l’anno scorso, nel 2010, nel 2008, i più colti e profondi già nel 2002 e nel 1992.

Siccome noi siamo il pubblico pagante (tasse mescolate a gadgets marketing che inducono alla distrazione, narcolessia, amnesia, assuefazione alla stupefazione idiotica) ce lo dobbiamo cuccare tutto.
Ci si può anche alzare e andare via dal cinema.
Ma c’è un problema.
Ecco il punto.
Ce lo ricorda un vero artista (no cult, qui siamo nella cultura vera, nata da chi sapeva ciò che stava facendo perché dotato di ampie visioni) Luis Bunuel, uno dei grandi padri del surrealismo europeo.
Perché noi viviamo in una surrealtà e quindi il surrealismo serve, oggi, per comprendere la realtà che ci hanno costruito davanti agli occhi. E’ un film girato 50 anni fa. Mirabile opera. Indimenticabile.
Si chiama “L’angelo sterminatore”.
Un film in cui Bunuel spiega quale straziante modello esistenziale proponga il potere in carica, offrendoci un campione sommario di volgarità animica, corruzione, depravazione, ignoranza, avidità. E lo fa in maniera surreale.

Per chi non lo conosca e non lo abbia visto, ne faccio qui una brevissima sinossi:

“un gruppo di persone di ceto medio-alto, mescolato a politici e aristocratici, si incontra in una bella villa per una ricca festa al fine di divertirsi gozzovigliando; a un certo punto, una delle persone, per motivi personali, deve andare via: sorpresa! Non può. Attraversando la sala che introduce all’atrio dove si trova il guardaroba c’è un gigantesco muro invisibile. Invalicabile. Non si riesce a fendere l’aria. Nessuno può guadagnare l’uscita. L’ostacolo non si vede, ma c’è. Scatta quindi la claustrofobia, la cattiveria, la volontà furba di trovare una via d’uscita individuale. Le provano tutte. Ma essendo persone sporche e corrotte, falliscono tutte. Poco a poco comincia a mancare l’aria. Nè i vigili del fuoco né la polizia può entrare; loro non possono uscire, i poteri forti non possono aiutare. Il panico provoca follia e isteria, omicidi, suicidi. Finchè, il tutto si risolve. Dal giardino, arriva saltellando una bimbetta con i riccioli biondi di circa 6 anni. Vede tutte quelle luci e sente i rumori. Entra dentro, vede quelle persone, si avvicina, fa “salve” e con la sua fresca innocenza squarcia l’invisibile ostacolo. I sopravvissuti, finalmente escono all’aperto. Sono liberi”.
Intervistato sul senso del film, il geniale autore, allora rispose: “E’ l’incubo che i gestori del potere stanno preparando per noi; la decadenza etica e culturale e la corruzione politica ed economica erigerà una barriera che ci trasformerà in topi asserragliati. Ci salverà soltanto la fresca vitalità dell’innocenza femminile”.

Consiglio a tutti di guardare quel vecchio film. Un capolavoro surrealista.

Noi stiamo vivendo quel film, che hanno scritto, prodotto e diretto per noi.

Quando leggiamo e seguiamo con apprensione le dinamiche e crediamo alla speculazione, indici di borsa, debiti delle banche, prestiti, dati del pil, ecc.,ecc, allora siamo il pubblico pagante.

C’è anche un’altra possibilità.

Far parte del cast.

Ci si diverte di più. Se non altro si ha la consapevolezza di non essere passivi, e parte in causa.
Noi stiamo lì a quella festa.
E non ci fanno uscire fuori all’aperto.

Speriamo che arrivi presto la bimbetta con i boccoli.
A costo di dovercela inventare.

Forse, a questo servono gli artisti.

2 commenti:

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