lunedì 15 luglio 2013

Che cosa sta accadendo ad Atene e Lisbona? Se ne parla poco da noi, troppo poco. E così, la CIna......






di Sergio Di Cori Modigliani

Geo-politica dell'attuale Europa, per cercare di comprendere che cosa sta accadendo nel nostro continente.

Un post relativo alle notizie degli ultimi dieci giorni, di cui la cupola mediatica italiana non ha parlato.

Si apre oggi una settimana di tempesta per la nostra economia e per tutte le nazioni della zona euro. Si ballerà: spread, borse, grande subbuglio.

Motivi? Diversi. Tra cui due che vanno segnalati di rigore:

1). La Grecia si è arresa. Il Portogallo invece no. Quindi sono dolori.

2). In conseguenza del punto 1 c’è chi vuole alzare la cresta e, anche se è davvero piccolo (ma non nella sostanza) ha senza alcun dubbio delle carte originali e buone da giocarsi. E saranno dolori davvero pesanti per l’intero sistema bancario spagnolo e italiano.

Veniamo al punto 1. 

Venti giorni fa, l’allegra pattuglia della Trojka ha annunciato con toni minacciosi che non avrebbe dato alla Grecia un becco di un quattrino e non avrebbe versato gli 8 miliardi di euro previsti per il 9 luglio a meno che….il punto è proprio questo. A meno che, il governo greco non si impegnasse a presentare un piano immediato di licenziamenti dell’ordine di 25.000 dipendenti pubblici entro il 31 ottobre, e altri 25.000 entro il 28 febbraio 2014. E’ stato –apparentemente- un braccio di ferro. La Grecia ha farfugliato delle tiepide proteste, a metà tra un timido cinguettio e una richiesta di elemosina pietosa ma la Trojka teneva duro. Alla fine, il consueto macabro trio composto da Van Rompuy, Olli Rehn, e Christine Lagarde ha annunciato, proprio all’alba del 9 luglio, che avevano raggiunto un accordo ed erano tutti soddisfatti. Non è chiaro se i licenziamenti ci saranno oppure no, ma l’aspetto economico è stato risolto. Così, il governo greco ha avuto i soldi sufficienti per pagare gli stipendi per i mesi di agosto e settembre a medici, poliziotti, guidatori di autobus, controllori di volo, maestre, portuali, ecc.. Molto soddisfatti soprattutto la Lagarde e il Draghi, perché l’aspetto interessante –ed è qui la notizia- consiste nel fatto che i soldi sono arrivati, questo sì, ma non li ha messi né la BCE né il FMI.

Sentite un po’ che cosa si sono inventati questi marpioni.

Li ha messi la Cina, i soldi. Ecco come.

Sul mio quotidiano surreale –inserto economia- in prima pagina titoli cubitali:

La Cina invade il Mar Mediterraneo. Più sotto, in aggiunta, un sottotitolo esplicativo:  i cinesi prendono possesso di una zona strategica dal punto di vista economico, militare, politico, e lanciano la sfida all’Europa che tace: entro il 31 dicembre del 2014 il porto di Rotterdam cesserà di essere il più importante centro nevralgico commerciale di scambio di merci del mondo dichiara Wei Tziafou il 10 Luglio, presidente della Cosc Company (China Ocean Shipping Company) nel dare annuncio di aver acquistato –in blocco pagando cash- tutto il porto del Pireo". 

Oltre al pagamento alle agenzie marittime locali al collasso, la loro quota parte agli armatori greci irresponsabili e le tangenti alla classe politica locale governativa, i cinesi hanno provveduto a emettere subito dei bonds a sostegno, acquistati da un pool di banche europee sotto l’amorevole controllo della BCE, che ha poi riversato il guadagno ottenuto (costruendoci sopra dei derivati già assicurati a Londra) ai greci, i quali godranno pertanto di un supplementare prestito di altri complessivi 80 miliardi di euro, di cui 75 rientrano subito dalla finestra perché sono interessi passivi composti, costruiti nell'arco di tempo dal 2003 al 2013 in scadenza a breve. L’operazione di acquisto era stata varata il 18 giugno del 2010, per un controvalore di 3,4 miliardi di euro iniziali. Ma la Grecia, consapevole che stava firmando il proprio suicidio definitivo, aveva gestito le cose, diciamo così, alla greca, modalità che noi italioti conosciamo fin troppo bene, essendo noi e gli ellenici una faccia una razza, non vi è dubbio: avevano cioè comprato tempo. Avevano sottoscritto un accordo, ma guarda un po’, mancava sempre la firma decisiva (con tanto di bollo ufficiale e formale dotato di semaforo verde della BCE, della UE e di tutti gli uffici preposti) che veniva rimandata con dei trucchi. Del tipo seguente: sei mesi dopo l’accordo firmato a metà giugno, vengono cambiate alcune clausole per rassicurare i socialisti al governo: non si tratta di vendita “per sempre” bensì di “vendita per soli 35 anni” presentato poi al popolo ellenico come il trionfo del socialismo che “aveva salvato l’onore”. Penso che i greci, come popolo, siano addirittura più rimbecilliti degli italiani, il che è davvero tutto dire. Se la sono bevuta. Poi, verso metà del 2011 hanno cominciato a rimandare con scuse varie, sostenendo che alcuni paesi dell’Euro non erano d’accordo. I cinesi che hanno capito come comportarsi con i pezzenti mediterranei, quatti quatti zitti zitti (alla cinese per l’appunto) si sono ingozzati nel frattempo di bpt greci, portoghesi, spagnoli e italiani che hanno presentato all’incasso venti giorni fa, potendolo “tecnicamente” fare.

E così è stata formalizzata l’intera vicenda. Va da sè con lo sconto.

Intendiamoci, tanto per essere onestamente puntuali. Bisognava intervenire il 20 giugno del 2010 e avviare una discussione generale in Europa. Ma se si fosse fatto questo, sarebbe venuto fuori il “piano di destabilizzazione della Grecia” e la crisi si sarebbe inceppata nell'estate del 2010. Tradotto vuol dire: l’euro esplodeva in quel momento, oppure si rinegoziavano tutti i giochi e il Fiscal Compact non sarebbe più stato imposto nelle diverse costituzioni nazionali, e la crisi finiva lì. Si sarebbe aperta tutta un'altra prospettiva. Allora pubblicarono perfino la notizia. Va da sé che non venne attribuita alcuna enfasi, né diffusione, né dibattito, né analisi alla notizia. Nulla. Cerchiamo di ricordare: era un’Europa diversa quella dell’estate 2010, in cui ci si trastullava in Italia appresso alla casa di Montecarlo di un certo Fini e si accoglieva come trionfante alleato, cui essere fedeli per sempre, un certo Mohammed Gheddafi, in visita ufficiale a Roma con bacio di mano da parte del nostro premier, non ancora Rubyzzato. In Francia, Sarkozy provvedeva a narcotizzare i suoi, la Germania iniziava ad acquistare aziende italiane, e in Spagna c’era ancora Zapatero al quale il Fondo Monetario Internazionale aveva promesso una iniezione di liquidità di ben 250 miliardi di euro in data 10 settembre per evitare l’esplosione della bolla immobiliare, evento che non si è mai verificato e quando l’ingenuo premier spagnolo si è accorto di ciò che sarebbe accaduto, ha fatto armi e bagagli e si è ritirato per sempre a vita privata scomparendo nel nulla. Ecco che cosa aveva pubblicato, allora, Il Sole 24 ore, in un lucido articolo a firma Alberto Annichiarico, che trovate qui se volete: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-06-15/

L'Europa spende per salvare la Grecia, la Cina compra porti, cantieri e olii

Questo articolo è stato pubblicato il 15 giugno 2010 alle ore 16:22. Si potrebbe dire, andando al sodo, l'Europa ci mette i soldi e i sacrifici per salvare la disastrata Grecia e i cinesi se la comprano, scegliendo i bocconi più prelibati. Oggi le autorità di Atene, il cui rating sovrano è fresco di declassamento a "spazzatura" da parte di Moody's, hanno siglato 14 accordi commerciali con Pechino, che in un sol colpo si aggiudica partecipazioni alle cruciali attività portuali e cantieristiche elleniche, e, altro fiore all'occhiello del paese, alla flotta commerciale greca che da sola rappresenta circa un quinto di quella mondiale. Altre intese riguardano le telecomunicazioni. Per non farsi mancare niente, i cinesi si sono anche assicurati una quota del celebre olio di oliva greco. mercoledì, prima di partire alla volta di Vienna, il vice premier Zhang Dejiang farà una capatina a Creta. Per siglare gli accordi il vice premier si è fatto accompagnare dal ministro dei Trasporti, Li Shenglin. La missione del Dragone in Grecia ha una durata di ben quattro giorni. Comitato di ricevimenti ben assortito: il premier greco, George Papandreou, il vice Theodore Pangalos e la ministra dell'Economia Louka Katseli. L'ammontare di queste intese non è stato reso noto, Papandreou ha invece affermato che le relazioni tra i due paesi sono "eccellenti", sia a livello politico che commerciale. Innazitutto il gigante cinese Cosco (leader mondiale della logistica e del trasporto su navi di container) ha riferito che punta ad espandere la sua presenza in Grecia, dove controlla già due terminal commerciali al porto del Pireo, con concessioni da 35 anni siglate lo scorso anno. Le nuove intese coinvolgono tre gruppi ellenici per la costruzione di sette cargo e una opzione su altri quattro. Un'altra intesa riguarda la cooperazione Grecia-Cina sulla flotta commerciale, segmento di cui Atene controlla circa il 20 per cento del mercato mondiale. Nel frattempo l'operatore di telecomunicazioni dominante della Grecia, Ote, ha siglato una intesa con la cinese Huawei Technologies.

In Italia, Grecia, Spagna e Francia, nessuno accennò alla questione. Ma in Europa c’era chi aveva iniziato a dibattere su questo argomento, soprattutto la stampa britannica, quella belga, olandese, e l’intera stampa scandinava. Ecco che cosa pubblicava in data 7 Luglio 2010 l’autorevole quotidiano inglese Daily Telegraph, in un bel reportage a firma Harriett Alexander:

http://www.presseurop.eu/it/content/article/289621

La Cina fa shopping in Grecia

7 luglio 2010

THE DAILY TELEGRAPH LONDRA

Con un accordo da 3,3 miliardi di euro per l'affitto di una parte del porto del Pireo, la Cina ha messo piede in Europa. Il Daily Telegraph racconta la strategia economica di Pechino, che punta ad approffitare della recessione globale investendo nei paesi europei più colpiti
Golfis Yannis sta in piedi sul cemento del porto ateniese del Pireo, impassibile davanti alla polvere sollevata dai pesanti tir e al rumore incessante degli elevatori che scaricano le enormi navi container. "Questa è la nuova Chinatown d'Europa", dichiara puntando l'indice verso il molo vicino. "Abbiamo venduto la nostra anima ai cinesi". Il molo 2 del porto commerciale, dove il quarantottenne Yannis lavora da 22 anni, è molto simile al molo 1. È più grande ma ugualmente affollato di gigantesche navi e intasato da container che sembrano enormi mattoncini del Lego. Ma c'è una differenza: mentre il primo è di proprietà greca, il secondo da oggi è cinese.
A giugno la Cosco, una società controllata dal governo di Pechino, ha speso 3,3 miliardi di euro per acquisire il controllo del molo per i prossimi 35 anni, e ha investito 564 milioni per migliorarne le strutture, costruendo un terzo approdo e triplicando il volume di carico. Il porto commerciale – situato vicino al terminal dei traghetti, la porta d'ingresso alle isole greche – al momento è in grado di caricare e scaricare 1,8 milioni di container all'anno. Il che significa che ogni giorno cinquemila moduli per il trasporto commerciale passano da queste parte.  Mentre molti investitori stanno lasciando il paese, a causa della crisi, la Cina ha capito che grazie al controllo del molo poteva mettere un piede in Europa, assumendo il controllo di postazioni strategiche a prezzi vantaggiosi e conquistando in questo modo l'accesso ai preziosi mercati europei. I cinesi puntano alla creazione di una rete di porti, centri logistici e ferrovie per la distribuzione dei loro prodotti in Europa: una sorta di nuova Via della seta, aperta con l'obiettivo di sveltire il commercio tra oriente e occidente e costruire un punto d'appoggio economico nel vecchio continente. Per questo, Pechino proverà a trasformare il porto commerciale di Atene in un concorrente di Rotterdam, il più grande porto d'Europa. "I cinesi vogliono una porta d'ingresso all'Europa", ha dichiarato il vice primo ministro greco, Theodoros Pangalos. "Sono molto diversi dagli operatori di Wall Street, che investono solo sulla carta. I cinesi fanno affari con l'economia reale, e in questo modo aiuteranno la ripresa della Grecia." Non è la prima volta che la Cina vede preziose opportunità dove gli altri scorgono solo problemi e difficoltà. Grazie al boom economico e alla moneta forte, Pechino ha effettuato una serie di controversi investimenti nelle miniere e nelle infrastrutture dell'Africa, che dovrebbero consentirgli di prelevare grandi quantità di materie prime senza produrre grossi benefici per le economie locali. I lavoratori del Pireo sono preoccupati per le conseguenze che sul  lungo periodo potrebbe avere lo sbarco dei cinesi al Pireo. Temono che la Cina approfitti della debolezza economica della Grecia per accaparrarsi una quota importante in un settore cruciale dell'economia del paese. Nel suo ufficio affacciato sul porto e sui palazzoni ammassati sulle colline intorno al Pireo, il presidente del sindacato portuale George Nouhoutides sostiene che il contratto stipulato è "catastrofico". "Quando un paese in salute discute un affare con una nazione in difficoltà, chi è che detta le condizioni?", si chiede in tono apertamente sarcastico. "La Cina vuole appropriarsi dell'etichetta del 'made in Europe' senza pagare le tasse e a condizioni favorevoli. Gli interessi della Grecia non contano". Nouhoutides è nato a due isolati di distanza dal porto, dove ha lavorato per 34 anni. "Fanno i furbi",  aggiunge. "Hanno un miliardo e mezzo di schiavi e soldi da buttare. È naturale che vogliano l'accesso ai nostri mercati. Sarà una catastrofe per tutti i lavoratori, non solo per quelli greci". Tuttavia Katinka Barysch, vicedirettore del Centre for European Reform, sostiene che difficilmente gli investimenti cinesi in Grecia saranno di tipo "predatorio". "Il pericolo che la Cosco si comporti come certe compagnie cinesi impegnate in Africa nell'industria mineraria e petrolifera è abbastanza remoto", dichiara. "La Grecia fa parte dell'Unione europea, quindi ha una copertura legale molto più solida. Ci sono delle restrizioni chiare a proposito di cosa possono o non possono fare gli investitori stranieri". L'investimento cinese nel Pireo è solo l'inizio di un piano più vasto per accedere ai mercati europei. La Cina sta tenendo un occhio puntato sulle irresistibili opportunità economiche offerte dalla crisi finanziaria in Spagna, Portogallo e Irlanda. Questo mese un gruppo di costruttori cinesi spera di ricevere il via libera per aggiudicarsi un lotto da 48 milioni di euro ad Athlone, nell'Irlanda centrale, per costruire un complesso di appartamenti, scuole, stazioni ferroviarie e fabbriche in cui si produrranno beni di fattura cinese. Pechino intende inviare duemila lavoratori cinesi per la realizzazione del sito, e successivamente impiegare ottomila irlandesi in quella che è stata battezzata la "Pechino-sullo-Shannon". L'affare Pireo potrebbe essere soltanto il primo mattone del progetto cinese in Grecia. Entro la fine dell'anno Pechino dovrebbe sviluppare un piano comune con una società greca per la creazione di un complesso logistico da 200 milioni di euro in Attica, destinato alla distribuzione dei prodotti cinesi nei Balcani e nel resto del continente. I cinesi stanno anche trattando l'acquisto di una quota delle disastrate ferrovie greche, ancora gestite dallo stato. Il Pireo si trova in una posizione strategica grazie alla sua vicinanza con il Bosforo, e per questo rappresenta anche una via d'accesso alla regione del Mar Nero, all'Asia centrale e alla Russia. Nonostante i cinesi siano innegabilmente coinvolti negli affari economici della Grecia, ad Atene la loro presenza fisica è decisamente limitata. I pochi cinesi in giro per le strade di Omonia – il quartiere di immigrati dove supermercati orientali vendono gioielleria di plastica da quattro soldi, prodotti per la casa e vestiti di nylon – dichiarano di non aver mai sentito parlare della Cosco. Poi si dileguano rapidamente. Negli uffici della compagnia di spedizioni navali gestita dalla Cosco, situati in un palazzo affacciato sul terminal turistico e sulle navi da crociera, ci dicono che dei 45 membri dello staff solo il direttore e il responsabile finanziario sono cinesi. Negli uffici del porto commerciale, invece, su 250 impiegati ci sono solo dieci cinesi: tutti responsabili dell'amministrazione e manager. In ogni modo è innegabile che la Cina stia lasciando la sua impronta sul continente. È molto probabile che Pechino, con le tasche piene e un'ambizione illimitata, riesca a realizzare davvero i suoi progetti. Wei Jiafu, direttore generale della Cosco, è stato intervistato recentemente da un'emittente televisiva greca: "Sono venuto qui per riportare il porto del Pireo al posto che gli spetta. Spero che entro un anno diventerà il principale scalo commerciale del Mediterraneo. In Cina abbiamo un proverbio: 'Costruisci il nido e l'aquila arriverà'. Abbiamo costruito un nido nel vostro paese per attirare l'aquila cinese. Questo è il contributo che vi stiamo offrendo".

Questa volta, tre anni dopo, è andata nello stesso modo. E’ uscito giusto un breve articolo su Il Fatto Quotidiano, in data 2 Luglio 2013, a firma Francesco De Palo, del quale riporto un estratto: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/02/

Al via la cinesizzazione della Grecia. Una piccola Dubai nascerà nell’Egeo

Pechino parte da Atene per giocarsi la carta europea. Con isole artificiali nel golfo di Saronico, resort a cinque stelle fino a Capo Sounio, sfruttamento del turismo in chiave mondiale e destagionalizzato e un ingresso prepotente nelle privatizzazioni del Paese

Isole artificiali sul modello Dubai nel golfo di Saronico, resort a cinque stelle fino a Capo Sounio, sfruttamento full del turismo in chiave mondiale e destagionalizzato, ingresso prepotente nelle privatizzazioni del Paese. La Cina ha deciso di giocare la “carta europea” e lo ha fatto nei giorni scorsi in Grecia. Dove, complice l’esigenza di monetizzare subito e il più possibile, e grazie a un memoradum che fa dell’eccezionalità delle decisioni una spinta per il governo, il premier Samarasha messo a disposizione di Wei Tziafou, numero uno del colosso Cosco, niente meno che il porto del Pireo: uno degli scali marittimi più strategici del continente.
Oltre ai progetti per il terminal container che Cosco realizzerà (a settembre pronti 500 posti di lavoro) sono stati diffusi i riverberi turistici dell’accordo Samaras-Wei Tziafou. Che prevede piattaforme petrolifere costruite dai cinesi al Pireo, mega porto turistico a Perama, partecipazione alla privatizzazione della società dei treni greci Trainose (termine per le offerte prolungato a fine luglio per favorire si dice l’offerta cinese). “Incoraggio vivamente le imprese cinesi ad investire in Grecia”, ha detto Tziafou dopo il brindisi svolto nel prestigioso Hotel Britannia che si affaccia su Piazza Syntagma ad Atene, a due passi dal Parlamento. Sancendo, di fatto, una colonizzazione intensa e duratura da parte di Pechino.
Oltre al porto del Pireo la Cosco pare abbia messo gli occhi sul vecchio aeroporto Ellenikon nella marina di Glyfada, gradimento espresso dallo stesso vertice cinese mentre firmava il memorandum di cooperazione con il neo ministro della marina, Milziade Varvitsioti e il Taiped (la società di stato per le privatizzazioni) per sancire ufficialmente l’estensione del Molo III, nella parte occidentale del porto. Wei Tziafou, riferendosi agli scenari futuri che riguarderanno la presenza del gruppo in Grecia, ha portato come esempio le recenti costruzioni di isole artificiali a Dubai, e ha espresso fiducia nel governo greco e nelle nuove forme di imprenditorialità. Il manager nell’occasione ha anche ricevuto dal vicepremier Evangelos Venizelos la Gran Croce al merito della Repubblica ellenica e sulla situazione del Paese si è detto certo che “la prosperità tornerà presto e la Grecia sarà il primo Paese dell’eurozona a riprendersi”.
Secondo il protocollo d’intesa, Cosco a settembre avvierà i cantieri per costruire l’ala occidentale del Molo III, nello stesso sito dove edificherà i nuovi terminali petroliferi (pagati dal governo greco). Come contropartita verrà costruito un mega porto turistico a Perama.

Un altro articolo è comparso sul sito web L’indro, a firma Giulia Tarozzi, che fa una sintesi studentesca dei comunicati stampa emessi e circolati, circa una cinquantina tra il 2 e il 9 luglio 2013. Se non altro ne parla. Eccolo qui:
di  Giulia Tarozzi
Martedì 9 Luglio 2013, 16:07

Il colosso cinsese della logistica marittima Cosco intende effettuare nuovi investimenti, per un totale di 224 milioni di euro, nel porto ateniese del Pireo. L’obiettivo è quello di renderlo il più grande ed efficiente del Mediterraneo. Secondo il protocollo d’intesa, i lavori verranno avviati a settembre quando la compagnia inizierà la costruzione dell’ala occidentale del Molo III, zona dove il governo greco ha previsto di edificare (questa volta a sue spese) i nuovi terminal petroliferi. Il nuovo investimento nel Pireo, ha spiegato il premier, prevede la creazione di 500 nuovi posti di lavoro, a questi si aggiungeranno poi altri 200 posti di lavoro nei tre anni di costruzione dell’impianto. 
Il premier ha sottolineato che la Cosco ha investito sinora in Grecia 340 milioni di euro e ci sono ancora grandi possibilità di ulteriori investimenti. Secondo Marco Donati, direttore generale Coscon Italy, «c’è stato un forte corteggiamento del governo greco verso la Cina affinché Cosco investisse nel paese ellenico» ma questi investimenti portano ad una situazione di reciproca soddisfazione. «La Grecia beneficerà dei cospicui investimenti e degli introiti delle concessioni, Cosco avrà un terminal tutto per sé. Con le banchine Pier II e Pier III siamo in grado di movimentare 4,2 milioni di teu, e con il completamento della fase 2 del Pier III arriveremo a una capacità di quasi 7 milioni di teus».
La sintonia tra il premier greco Antonis Samaras e il presidente della società, Wei Tziafou, sembra tale da aver spinto l’intero management del gruppo di logistica a manifestare serio interesse per le privatizzazioni ferroviarie greche. Un investimento nel settore ferroviario, abbinato a quello portuense, vorrebbe dire un incremento della capacità di Cosco di aumentare il numero di container destinati a raggiungere l’Europa. Se nel 2012, primo anno di accordo con la Grecia, sono giunti 2,1 milioni di container attraverso il Pireo, si stima che quest’anno la cifra possa superare i 2,5 milioni e, una volta finito l’ampliamento del porto, arrivare a 5 milioni. Così il Pireo diventerebbe il primo porto per scambi commerciali del Mediterraneo e, se associato alle ferrovie elleniche, la Cosco potrebbe giungere ancor più agilmente in tutta Europa.
Se ciò dovesse essere confermato, la Grecia potrebbe iniziare a tirare un sospiro di sollievo nei confronti del proprio progetto di recupero di fondi attraverso le pritvatizzazioni. Visto che nell’ultimo periodo i grandi investitori esteri, Gazprom in testa, avevano snobbato gli assett statali ellenici l’arrivo dei cinesi potrebbe riportare parte dell’interesse economico ed imprenditoriale mondiale nell’area.
I fondi per l’ampliamento del porto di Atene non sono giunti solo da Pechino. Anche l’Europa ha fatto la sua parte, e la scorsa settimanala Commissione Europea ha dato il via libera a 113,9 milioni di euro di aiuti pubblici per questo progetto. La partecipazione dell'Unione europea all'ampliamento e all'ammodernamento di questo porto non è però una novità, i primi lavori, risalgono addirittura agli anni '80. Da allora, tuttavia, i fondi sono stati destinati principlamente alla costruzione di un secondo scalo merci, "Eleftherios Venizelos", con la relativa attrezzatura, e di una strada periferica. 
Oggi le sovvenzioni europee servono a costruire una seconda banchina di 900 metri di lunghezza e all'acquisto di 36 elevatori e di 5 carri ponte per container, upgrade indispensabili per fare si che, in accoppiata agli investimenti cinesi, il Pireo continui ad essere in modo efficiente il perno del sistema di trasporto marittimo di tutto il Mediterraneo orientale.
Lo sviluppo del porto si muove dunque sul doppio binario della crescita interna del Paese e della proiezione esterna della Grecia. Sul piano interno creerà posti di lavoro, aumeterà l'attività economica indiretta legata ai passeggeri e alle aziende che la nuova struttura sarà in grado di attrarre e, soprattutto, darà nuovo slancio al progetto di vendita degli assets statali ellenici. Sul piano esterno, invece, il nuovo Pireo migliorerà le potenzialità di accoglienza dei servizi per le crociere e il sostegno allo sviluppo regionale. La zona in cui esso è costruito è strategica. Si trova accanto al Bosforo, al Mar Nero, prossimo alla Siria e al Libano, quando e se saranno più stabili e riprenderanno a commerciare con l’Europa come un tempo.Attraverso questo porto la Grecia, e l’Europa, possono raggiungere agilmente tutti i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, senza contare che, grazie alla presenza di Cosco, la Cina sembra sempre più vicina.

Tutto ciò rappresenta sicuramente il lato positivo dell’investimento cinese in grecia. Ma come in tutto, c’è sempre un rovescio della medaglia e molti si chiedono a quale prezzo tutti questi investimenti e “aiuti” arriveranno. Il timore è quello di una cinesizzazione della grecia, non tanto per il progetto Pireo in sè, ma per quello che da lì ne potrebbe derivare e per i legami, sempre più stretti, che Samaras sta stringendo con i delegati cinesi. In particolare ciò che ha fatto discutere è la possibilità di costruzione di isole artificiali sul modello Dubai nel golfo di Saronico, resort a cinque stelle fino a Capo Sounio, sfruttamento 365 giorni l’anno del turismo in chiave mondiale, il tutto made in china. A ciò va poi aggiunto che oltre al porto del Pireo e alla possibile trattativa sulle ferrovie, la Cosco pare abbia messo gli occhi sul vecchio aeroporto Ellenikon. Il gradimento per questa operazione sarebbe stato espresso dallo stesso vertice cinese mentre firmava il memorandum di cooperazione con il neo ministro della marina, Milziade Varvitsioti e il Taiped (la società ellenica per le privatizzazioni) per sancire ufficialmente l’estensione del Molo III, nella parte occidentale del porto. Wei Tziafou, riferendosi agli scenari futuri che riguarderanno la presenza del gruppo ad Atene, ha portato come esempio le recenti costruzioni di isole artificiali a Dubai. Ma la Grecia non sono gli Emirati Arabi, e l’artificialità che ha fatto meraviglie nel Deserto Arabico potrebbe non scaldare altrettanti cuori se accostata ai resti della centenaria acropoli ateniese. Certo Samaras ha bisogno della Cina e, soprattutto, dei suoi yen, ma dovrà cercare di non farsi scappare la mano e rischiare di rovinare le bellezze e tipicità del suo Paese in cambio della tanto agoniata rinascita economica.


Quindi, la Grecia si è arresa. Non ha più industria mercantile portuale. Non ha più neppure il controllo del proprio turismo. Non ha più accesso alle banchine del porto del Pireo. Se una nave greca (35% dell'intero traffico mercantile mediterraneo) vuole attraccare, deve pagare dazio alla Cina. Non solo. Il contratto firmato, poichè reca la presenza di un'azienda governativa cinese, automaticamente fa valere i principii giuridici cinesi in tema di mercato del lavoro e non quelli europei. Tradotto vuol dire: salario minimo 350 euro, come al porto di Shangai. 
No news.
Dalla parte opposta d'Europa, il piccolo e povero Portogallo sta davvero nei guai. Le manovre della BCE hanno steso la nazione lusitana. In Grecia se la godono in confronto. E così il loro spread è salito a circa 680 e devono pagare 7,56% di interessi (noi italiani siamo ogi rovinati e paghiamo 4,52%). La Trojka ha presentato un piano, amorevolmente sostenuto da due consulenti d'eccezione, in rappresentanza di Merryl Lynch e di J.P.Morgan, un certo Monti jr, figlio di un certo Mario e un certo Draghi jr. figlio anche lui di un certo Mario. L'Europa, si sa, è una grande famiglia. Ma qualcosa non ha funzionato. I socialisti portoghesi si sono ribellati e hanno detto no.
Stanno all'opposizione e si sono categoricamente rifiutati di appoggiare un governo di larghe intese.
Così, a Lisbona, sede del famigerato trattato, e colonna culturale e storica della nostra Europa, attualmente c'è il caos. Il paese è piccolo. Ma la notizia è un'altra. 
Ovvero: "I portoghesi hanno detto di no".
A Francoforte tremano, quindi.
Anche perchè questo punto 1) introduce il punto 2).
2). Il Regno d'Olanda. I Paesi Bassi (altra colonna d'Europa) sono una nazione economicamente davvero modesta se paragonata a colossi come l'Italia (ancora per poco). Si dà il caso, però, che in quattro settori sia leader incontrastata: a). Petrolio. Hanno una delle 7 sorelle: la celebre Shell. b). Hanno un istituto finanziario statale, la Royal Dutch Bank, che da sola vale tre volte di più dell'intero sistema bancario italiano e spagnolo messo insieme. c) E’ leader nelle comunicazioni planetarie con una multinazionale importante, la Philips. d) Il Regno d’Olanda è proprietario al 100% di tutte le banchine e di tutte le attività mercantili e commerciali del porto di Rotterdam, il più grande snodo di merci del pianeta, che dà da mangiare a circa 200.000 micro aziende, vero polmone economico della nazione. In Olanda si sono fatti un veloce calcolo. Alla fine del 2014, in virtù della presenza cinese nel Pireo, a Rotterdam falliranno circa 25.000 aziende gettando la nazione nella più profonda crisi economica della loro Storia. E gli olandesi non sono italiani. Sono un'etnia diversa, libera, orgogliosa, libertaria. Hanno già fatto sapere che non hanno nessuna intenzione di sacrificare il loro benessere (lo spread dei loro bpt viaggia intorno a 25, i loro titoli valgono ormai quanto quelli tedeschi, lo spread della Francia è a quota 64 e il nostro è a quota 293) e non accetteranno mai, ma proprio mai, di vedere il declino del porto di Rotterdam, sostituito da un Pireo sotto la ferrea amministrazione cinese. "Anche a costo di uscire dall'euro senza neppure avvertire prima", frase, quest'ultima, abilmente declamata -come fuorionda non ufficiale- dal gran ciambellano di corte, subito ripresa dai media nazionali e locali. Carte in mano da giocarsi ne hanno, eccome. (se è per questo le avremmo anche noi, ma noi siamo penalizzati dall'italianità)
Con un panorama come questo, è davvero avvilente accorgersi che in Italia si parla di Calderoli, di Berlusconi, di Renzi, (come se fossero notizie) mentre l'intero continente sta in totale subbuglio dinanzi a ciò che sta davvero accadendo: La Cina si è piazzata nel cuore strategico-militare dell'Europa Mediterranea e intende dar battaglia all'Olanda che venderà molto ma molto molto cara la sua pelle, e gli olandesi sono grandi maestri d’affari. Mentre il Portogallo sta a un millimetro dal collasso e in Italia il governo occulta le cifre reali della crisi economica, gli olandesi alzano il tiro e negoziano con la Cina. Ecco qui di seguito un’agenzia di stampa europea ufficiale, che in Italia è stata pubblicata con quattro giorni di ritardo senza alcun risalto, e senza aver fatto nessuna connessione: http://www.borsaitaliana.it/notizie/finanza-etica/news/philips-504.htm

PHILIPS SI ALLEA CON CHINA ELECTRONICS CORPORATION

Per l'illuminazione intelligente cinese 11 Lug - 16:05
Royal Philips e China Electronics Corporation hanno annunciato oggi la costituzione di una joint venture per la creazione di un importante protagonista del settore dell’illuminazione stradale intelligente in Cina. La nuova società sarà controllata al 70% da SED (gruppo China Electronics Corporation) e al 30% da Philips. La jv si focalizzerà sui sistemi di controllo intelligente, sul software e sull’illuminazione a LED. Patrick Kung che dirige la divisione Grande Cina di Philips ha dichiarato: “L’alleanza con SED, uno dei pionieri cinesi del LED, è una pietra miliare per la crescita dei sistemi di illuminazione intelligente in Cina. La joint venture combina l’efficienza e la sostenibilità ambientale dell’uso dei LED e dei sistemi di controllo Philips proponendola al mercato della Repubblica Popolare. Prevista l’applicazione di CityTouch, un sistema di gestione intelligente basato sul web e dedicato all’illuminazinoe delle strade cittadine che consente un controllo dell’illuminazione su vasta scala mantenendo la sicurezza. Combinato con l’utilizzo dei LED consente risparmi fino al 70 per cento.

E’ la prima volta nella storia della Cina che il governo consente a una entità straniera di partecipare a livello societario, economico, azionario, alla gestione di un aspetto sociale dell’organizzazione della vita quotidiana dei cinesi. Gli antropologi attenti considerano questo iniziale accordo tra la Philips e il governo cinese un momento cruciale e di svolta nella riorganizzazione e nel riassetto delle strategie europee. Ne dovremmo parlare tutti insieme.

E l’Italia? Che cosa accade da noi? Quali sono i piani industriali governativi?
Come si comporterà il governo quando domani –perché accadrà a breve, a molto breve- si presenteranno i cinesi con un bell’assegno in bocca per acquistare, in contanti, i cantieri marittimi e le banchine portuali di Monfalcone, di Trieste, di Ancona, di Fano, e l’intera zona turistico-alberghiera adriatica, quella che va dal ravennate al pesarese? Lì la crisi morde, le aziende chiudono, la disoccupazione è alta. Accetteranno tutti, magari senza dirlo, mettendosi d’accordo (all’italiana, si intende) sottobanco, in maniera occulta e silenziosa, con i sindacati e le autorità locali. La verità (ma è il segreto di Pulcinella) è che le trattative sono già avviate da diversi mesi e sono in fase avanzata. E’ proprio la Cina a frenare la stipula degli accordi. Almeno altri otto mesi di crisi dura in Italia, economica e istituzionale, e c‘è la possibilità di ottenere un ulteriore sconto. Come avvenuto in Grecia. Il Pireo era in vendita a 7 miliardi di euro, e alla fine hanno chiuso a 3,4: prendere o lasciare. E quando sei strozzato con l’acqua alla gola, prendi e prendi e prendi senza pensarci su due volte.

Sono stato costretto ad affrontare questo problema partendo dall’economia e parlando di cifre e numeri. Come sapete non mi piace.

L'aspetto interessante di tutto ciò appartiene invece alla sfera politica e culturale.
E' in atto uno scontro tra economie piccole e marginali (vedi Portogallo e Olanda) da una parte e dall'altra le decisioni autoritarie prese a Francoforte dal duo di ferro Draghi/Merkel. I socialisti portoghesi si sono ribellati, può essere un buon inizio. In ballo c'è anche -e direi soprattutto- la presenza della Cina che intende iniziare a gestire l'industria turistica e il traffico merci nel Mar Mediterraneo e dalla prossima settimana avrà la possibilità "legale" di far attraccare anche le sue navi da guerra nel porto del Pireo: è proprietà legittima del governo cinese. E quel porto sta a un metro e mezzo dalla Siria e dall'Egitto.

Tutto ciò avviene nel silenzio miope, ottuso e complice di un'Europa sfiancata, addormentata.
Soprattutto non informata, quantomeno da noi.
A questo serve la cupola mediatica italiana. Stanno facendo davvero un ottimo lavoro. Come al solito.

Buona settimana di lavoro per chi ce l'ha, buone ferie per chi se l'è meritate, e un saluto fresco e solidale a tutti quelli che non lavorano e  non vanno in ferie perchè non se lo possono permettere. 

Se ci saranno guai in borsa e con lo spread, se non altro, sapete il perchè.

15 commenti:

  1. Sono operazioni che praticamente mi ricordano tanto quelle che mettono in essere i cravattari che mirano all'acquisizione dell'azienda quando il proprietario non può più far fronte ai debiti contratti. Ti stringono all'angolo e se un domani prossimo , allorquando ci si accorgerà dei madornali errori che si stanno commettendo, si vorrà mantenere la propria individualità come nazione , Grecia Italia o Portogallo che sia, non resterà che reagire con la forza ammesso che questa ci sia ancora, per liberarsi di questa nuova forma di occupazione. E' stato ben detto nell'articolo, sono schiavi- purtroppo -cui vengono negate le risorse necessarie per un sufficiente welfare. Risorse che la dirigenza o meglio i padroni (delle ferriere) impiegano senza alcun contrasto a beneficio della costruzione di teste di ponti per penetrarci agevolmente e distruggere la nostra economia a vantaggio della loro. A naso mi sembrano i presupposti che a lungo andare potrebbero portarci a situazione di vero conflitto.

    RispondiElimina
  2. Pezzo straordinario.
    Purtroppo informare serve sì ma è la politica che dovrebbe intervenire ma da noi è tutta corrotta.
    Chissà gli USA come la prenderanno. Sergio ma secondo te gli USA che ne pensano, come si collocano per quanto riguarda la tecnocrazia europea griffata JP Morgan/Goldman fautrice dell'austerity?
    Prevale il piano di creare un IMPERO oligarchico o quello di indebolire l'euro (cioè avvantaggiare i cittadini del sud Europa). Obama mi ha deluso.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso che Obama abbia deluso soprattutto se stesso. Ha fatto ciò che ha potuto, privilegiando -mi sembra chiaro- gli interessi degli Usa e la loro ripresa economica che è già avviata. Loro ormai marciano in avanti e presto lo faranno alla grande. Così è riuscito a fregare l'estrema destra americana, perchè gli americani sono pragmatici e hanno toccato con mano il fatto che in Usa è ricominciato il giro virtuoso della dinamica di mercato, grazie a Obama. La disoccupazione cala ogni mese e il governo investe. Ha messo a disposizione circa 10 miliardi di dollari per le rinnovabili e se n'è andato all'attacco del carbone (lobby potentissima) ma sta chiudendo un accordo intelligente con tre grosse aziende petrolifere disposte e disponibili a investire nella green economy purchè gli garantiscano un paracadute nella fase di passaggio. E così, in sei stati dell'Unione, la Texaco, la American Oil e la Exxon, stanno investendo nell'eolico e nell'energia solare spostando ingenti capitali e creando lavoro. Per i capitalisti ciò che conta è il profitto; se ai petrolieri fai guadagnare gli stessi soldi costruendo pannelli solari invece che pompare olio dalla Terra, per loro è uguale. Comunque sia, lì si muovono. Penso che in termini geo-politici ciò che è accaduto è che gli Usa hanno abbandonato l'Europa, tenendosi le colonie utili -come l'Italia- buone soltanto a scopi militari, spostandosi sull'area del Pacifico. L'investimento -in termini di euro- dei russi in Italia, in questo momento, è superiore del 350% a quello degli americani. Vent'anni fa era esattamente l'opposto. Noi ormai siamo soltanto un avamposto militare Usa, gestito politicamente e industrialmente dai tedeschi ed economicamente e finanziariamente dai russi. Tutti e tre -nel loro specifico- fanno il bello e il cattivo tempo da noi. A loro fa gioco la corruzione e l'inefficienza italiana, così controlli meglio il paese (vedi attuale vicenda con il Kazakistan). E' per questo che abbiamo avuto una classe politica dirigente così squallida. E' più mansueta, incline a rispettare gli ordini. E' stata scelta apposta per questo scopo. Basta agitare un po' di soldi e gli italiani dicono oh yes! senza fare domande. Eliminare la diffusione della cultura, dell'istruzione, e dell'informazione, è stato il tassello fondamentale e necessario per costruire l'attuale quadro. Perfetti come attori erano Berlusconi e gli ipocriti DS, entrambi ricattabili. Nessuno ci aiuterà a cambiare dall'esterno. Questo è il problema e questa è allo stesso tempo la nostra fortuna, perchè si tratta di una occasione storica. O rimaniamo così andando sempre peggio, oppure l'intera popolazione sceglie e decide di gestire il proprio destino storico e attua un cambiamento epocale e vero. Gli americani, i tedeschi, i russi, davanti a un governo italiano composto da gente con le palle, fortissimo, competente e onesto, si butterebbero per terra chiedendo pietà e patteggerebbero pur di non perdere tutto.

      Elimina
    2. Quasi tutto giusto..

      Gli Statunitensi vorrebbero vendere in EU i loro prodotti (madeincina) in cambio dell'alta gamma EU. L'Europa, che sta vincendo questa guerra anche se i tifosi non riescono a vedere, ha preferito instaurare rapporti con Russi e Cina in cambio delle materie prime, petrolio e gas in primis. Morale? Gli USA sono già stati messi ufficiosamente fuori dalla porta. Non perniente Obama è venuto di persona in EU per parlare di trattati economici. Ma che può offire? Contro la RussiaeCina può abbaiare ma non mordere. Quindi compreremo pistole efucili per farli contenti ma gli affari, quelli veri, li stiamo facendo con l'asia. Finalmente...

      akueo

      Elimina
  3. Quasi tutto giusto..

    Gli Statunitensi vorrebbero vendere in EU i loro prodotti (madeincina) in cambio dell'alta gamma EU. L'Europa, che sta vincendo questa guerra anche se i tifosi non riescono a vedere, ha preferito instaurare rapporti con Russi e Cina in cambio delle materie prime, petrolio e gas in primis. Morale? Gli USA sono già stati messi ufficiosamente fuori dalla porta. Non perniente Obama è venuto di persona in EU per parlare di trattati economici. Ma che può offire? Contro la RussiaeCina può abbaiare ma non mordere. Quindi compreremo pistole efucili per farli contenti ma gli affari, quelli veri, li stiamo facendo con l'asia. Finalmente...

    akueo

    RispondiElimina
  4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  5. e la Troika (e le multinazionali finanziarie che la dominano) come/dove/con chi si collocano in questo contesto?

    RispondiElimina
  6. Egr. Sig. S. Di Cori Modigliani
    In merito alla sua analisi, come sempre molto attenta, mi sfugge un particolare che vorrei mi aiutasse a comprendere. Non capisco come gli USA possano permettere alla Troika, da loro controllata, di spingere la Grecia nelle braccia degli interessi Cinesi i quali con le operazioni che Lei descrive si accingerebbero a prendere il controllo economico del sud est del Mediterraneo, dei Balcani, etc.. Dal punto di vista imperialistico e di conseguenza militare far entrare una potenza emergente e concorrente come la Cina nel cuore del Mediterraneo sembrerebbe essere un errore strategico madornale che in un futuro più o meno lontano potrebbe condurre a un pericoloso confronto delle due potenze proprio in quel teatro.
    Distinti saluti
    Albertoluigi

    RispondiElimina
  7. Adesso provo a fare uno sforzo ermeneutico e spero che qualcuno abbia la cortesia di delucidarmi: 1) La troika è in mano alle multinazionali finanziarie (anglosassoni/americane per lo più) che fanno del sadismo e del darwinismo sociale il loro credo (su questo non ci piove). La UE non è sovrana ma è in mano ad esse, qualcosina può dire la Germania che ci tiene di più all'economia (sua) reale ma è solo una sorta di Svizzera tenuta fuori dallo sfinimento insieme ai suoi stati satelliti. (Es. Olanda, Finlandia ecc). Germania che è servita per annientare il sud Europa.
    2) Cina e Russia sono mondi autonomi,in particolare la prima, che fanno concorrenza agli USA ed alla UE.
    3) Gli USA sono legati a varie multinazionali (anche durante le elezioni) ma mantengono un potere politico abbastanza sovrano da esse anche se per vincere le elezioni i vari presidenti vi si appoggiano.USA che hanno mollato l'Europa se non militarmente. (Di questo passo durerà?). Ecco che per citare Nino Galloni si ripete il quadro Andreotti-Cossiga-Mafia-USA vs il quadro Prodi-Monti-Banche-Europa e ne è conferma l'avversione di Andreotti alla unione tedesca.
    Concludo dicendo che ciò a cui posso risalire, come quadro finale,è che le multinazionali sono TRANSNAZIONALI, per cui per natura importa poco a loro chi vince. (Russia,Cina o USA).Gli USA mantengono una buona fetta di democrazia, la UE no ed ormai è una oligarchia.La Cina è la Cina e la Russia è la Russia. (Lo so quest'ultimo pezzo è abbastanza ridicolo e mi scuso).

    RispondiElimina
  8. L'Italia oltre ad essere un paese senza sovranità, persa almeno dall'8 settembre 1943, è diventato anche un paese senza dignità, vedasi gli ultimi episodi della nipote di Mubarack, dei pittoreschi lazzi di Calderoli, dei dissidenti kazaki...

    Come si può pensare che una simile accozzaglia di interessi personali possa davvero aiutare gli Italiani? E' già tutto scritto e stabilito da tempo, con buona pace di quanti credono ancora di vivere in un sistema democratico e libero. Siamo invece sudditi di un sistema totalitario globale che usa il controllo per illuderci che viviamo nel migliore dei mondi possibili.
    Vi suggerisco di leggere questo link per saperne di più:http://americankabuki.blogspot.it/2013/07/oppt-italia-being-and-doing.html

    RispondiElimina
  9. Credo che l' italiano di oggi non sia in grado di autodeterminare il proprio pensiero, per i tanti motivi che voi conoscete benissimo. Purtroppo, secondo me, questa grave incapacità rappresenta il primo problema che si pone verso un cammino di rinascita. Il cittadino è apatico, disinformato, diffidente, rassegnato nei confronti di una politica volutamente priva di spessore. A mio parere, il Calderoli di turno, rappresenta non solo il modo di distogliere l' attenzione da problemi più gravi, ma anche una maniera per far credere al popolo che un dibattito politico esiste ancora, essendo i politici dei semplici burattini ben pagati. Tanti italiani, purtroppo, sono soggetti passivi dinanzi al televisore; e come se vivessero in una giungla credendo che al di fuori vi è solo deserto, invece vi è un mondo che si evolve e progredisce velocemente. Sarebbe interessante ed utile per la nostra nazione che vi fosse un dibattito serio ed imparziale su argomenti come quelli contenuti nell' articolo appena letto e non sui soliti processi di Tizio, sugli insulti di Sempronio e sulle aspirazioni del sindachino di Firenze. Solo attraverso un ' informazione migliore su larga scala, avremo maggiore autoconsapevolezza rispetto alle violenze che la nostra splendida Italia sta subendo da certi ambienti e la possibiltà di risollevarci. Sarò utopista, ma come giovane italiano ho il dovere di crederci ancora.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ha ragione, è troppo tardi. Comprendo la speranza, ma è troppo tardi. Ve lo dico io che da italiana vedo l'Italia da un paese che non fa parte dell'UE.

      Elimina
  10. io appena la salute (e se) me lo permetterà scappo....destinazione? Norvegia o Venezuela o Nuova Zelanda.

    RispondiElimina