venerdì 30 agosto 2013

A la guerre a la guerre. C'è chi la fa e c'è chi, invece, non la vuole fare.



di Sergio Di Cori Modigliani

Che invidia!!
Ieri mi sono guardato per intero il dibattito politico che si è svolto nell’aula del parlamento britannico. L’ordine del giorno non riguardava il fatto se il principe ereditario Charles deve o non deve andare in carcere essendo stato giudicato un delinquente; non riguardava neppure il fatto se un certo Lord, figlio di famiglia aristocratica, sia coinvolto nei traffici con la mafia irlandese.  Si doveva discutere di una questione davvero seria. Tema del giorno era “Dobbiamo approvare la delibera per entrare in guerra ufficialmente contro la Syria oppure no?”. Non solo. Nel caso il Parlamento avesse votato a favore, immediatamente dopo il Gran Cancelliere avrebbe comunicato un conseguente dibattito: “Come e dove troviamo i necessari miliardi di sterline per le spese militari?”.
L’aula era stracolma.
Il premier Cameron era seduto insieme ai suoi e ha letto un  foglio, spiegando il quesito. Si è alzato un laburista e ha detto il suo punto di vista (tre minuti). Poi si è seduto. Si è alzato Cameron e  gli ha risposto. Poi si è alzato un conservatore (due minuti) e Cameron gli ha risposto. E poi un liberale democratico e così via dicendo. Le opinioni erano diverse e molto argomentate. E il premier rispondeva subito a ciascuno di loro. Dopo un’ora e mezza si è votato, quando l’aula ha preteso, quasi all’unanimità ( 72%), che il premier garantisse “sulla parola” che nessuna decisione venisse presa dal Ministero della Difesa senza previa autorizzazione del Parlamento. Cameron lo ha garantito. Hanno discusso, anche con toni forti. Hanno dibattuto sul loro futuro. Hanno votato. Trentadue conservatori moderati hanno formalmente dichiarato che ritenevano più saggio e aderente alle autentiche esigenze della collettività e dell’integrità sociale del popolo britannico astenersi dal ripetere errori del passato e investire la stessa cifra per affrontare il problema della disoccupazione giovanile. Alla fine Cameron ha preso atto della decisione del Parlamento: ha incassato la sua sconfitta, se ne è ritornato nel suo ufficio, ha telefonato a Obama e ha comunicato la scelta. E’ probabile che gli abbia detto qualcosa del tipo “Really sorry Barack! I cant’afford it right now” (mi dispiace, non me lo posso permettere in questo momento)-
Questo avviene in un paese europeo nel quale esiste una destra “normale” e una sinistra “normale”.
Questo accade in un paese dove i moderati moderano il dibattito, i conservatori vogliono salvaguardare e conservare le tradizioni del paese e i progressisti lottano per far progredire le classi più disagiate.
Quasi banale. Ma almeno ha un Senso.
Il dibattito è pubblico e chi sceglie si assume la responsabilità della propria scelta.
Dove esiste una destra, esiste una sinistra, esiste un centro e quando parlano, discutono di affari che riguardano tutti.
Beati loro!
Da noi, non è venuta in mente neanche nell’ anticamera del cervello di nessuno dei nostri governanti, concludere in anticipo le vacanze, riaprire il Parlamento e –data la grave situazione- affrontare in aula un identico dibattito, con lo stesso argomento, identico tema del giorno. Regalando così, all’intera cittadinanza, lo spettacolo di un esecutivo e di deputati  che spiegano al popolo che cosa sta accadendo, quanto costa, quali saranno le conseguenze e poi ciascuno voti come vuole.
Nessuno ci dirà mai nulla.
Che invidia!!

martedì 27 agosto 2013

"L'Italia è cotta. E adesso cuociamo per benino gli italiani"








di Sergio Di Cori Modigliani

"S'è fatta l'Italia, ma purtroppo non si fanno gli Italiani".

                                       da "I miei ricordi" diMassimo D'Azeglio. Torino 1862



Anche il più zuccone e somaro tra gli italiani conosce e ricorda la frase di Massimo D'Azeglio riprodotta in calce sotto la sua immagine. Ce la insegnano a scuola in terza media, quando i professori ci spiegano il Risorgimento.
Un nome, un programma.
L'Italia è l'unica nazione democratica occidentale che ha scelto di definire il proprio movimento nazionale di affermazione della democrazia, attribuendogli un nome che ha un sapore mutuato dalla vita religiosa e dalla dimensione spirituale di una civiltà cattolica. In terza media (ahimè, lo rifanno anche in terza liceo, cinque anni dopo) ci spiegano "l'epica e l'epopea del Risorgimento" ma nessuno ci spiega di che cosa (prima) erano morti gli italiani. Si erano suicidati? Erano stati assassinati? Avvelenati? Erano morti di malattia? E quando si era verificato? E come?  Soprattutto: perchè? La morte viene censurata e viene riproposta direttamente il concetto di Risorgimento -ovvero la resurrezione delle coscienze- senza mai spiegare il prima. Dal punto di vista della percezione subliminale, nel costruire l'immaginario collettivo della nazione, questo significa che l'italiano è risorto senza neppure morire. Esiste il Risorgimento senza che ci sia mai stata la Morte. Quindi si proviene da un Nulla.
A questa epica retorica di un presupposto Risorgimento privo di morte precedente, si accompagna una successiva epopea degli italiani: l'attesa messianica del cosiddetto "Uomo del Destino", interpretato -a seconda dei momenti storici e dello schieramento- da Napoleone Bonaparte, Benito Mussolini, Josif Stalin, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi. Anche in questo caso viene applicata la stessa identica regola, ben studiata oggi dagli studiosi della programmazione neuro-linguistica, per cui si coltiva, si incita e si propugna un'attesa messianica "esterna" e risolutiva di tipo magico. Un uomo che sembra provenire (anche lui) dal Nulla. Ad un certo punto, questa persona irrompe sul teatro della Storia Nazionale incarnando la risoluzione di ogni problematica sociale, economica, politica, istituzionale, attraverso l'uso di stilemi, forme, simboli, parole, solgan, che infiammano la coscienza collettiva nazionale. Si promuove, così, il pensiero magico, caratteristica infantile, di società e individui regrediti, portati a non interpretare la realtà in termini razionali e pragmatici, bensì seguendo binari di illusioni e proiezioni immaginarie. In tal modo si promuove l'aspettativa di carattere magico e si giustifica l'elisione e la cancellazione del principio di assunzione delle responsabilità individuali. E' la base sulla quale si poggia una società dove non esiste il principio di cittadinanza, bensì solo e soltanto quello della sudditanza, come per i bimbi piccoli, in attesa che papi o mamma si decidano a comprare il gelatino.

E' la fase che stiamo ancora vivendo.

Tre giorni fa, l'attuale Ministro degli Interni in carica, on.Angelino Alfano, ha dichiarato ufficialmente: "La decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore è impensabile. L'esecuzione della sentenza è inaccettabile". Essendo il responsabile dell'ordine pubblico, ovvero colui che per costituzione gestisce la salvaguardia e la difesa dello Stato di Diritto, si tratta di un'affermazione molto grave, diciamo un obbrobrio giuridico, perchè implica la cancellazione della Legge che lui deve salvaguardare. Nessun giornalista gli ha chiesto ragguagli in merito. Lo ha fatto il corrispondente da Roma dell'autorevole pubblicazione britannica The Guardian. Senza scomporsi, Alfano ha risposto con bonomia, come se stesse parlando a un essere inferiore: "Forse lei non ne è al corrente, ma è scusato in quanto straniero...io non sono soltanto il Ministro degli Interni, sono anche il segretario politico del più importante partito nazionale. Quella frase non è stata detta dal Ministro degli Interni, bensì dal segretario politico del PDL. Quella sentenza è politica e quindi il giudizio del sottoscritto è politico. Oltre al fatto che sono anche vice-presidente del consiglio". Il giornalista britannico non ha detto nulla, ha preso atto che esiste "materialmente" la presenza di un soggetto politico europeo che è uno e trino allo stesso tempo. Ma basta leggere ciò che si dice in giro per l'Europa per comprendere lo sconcerto continentale per una nazione la cui classe dirigente si comporta in questo modo. Ci stanno mangiando vivi. E ne hanno ben donde.

La frase di D'Azeglio che ho citato è letterale.
A scuola ci propinano sempre un'altra versione, falsa, più hollywoodiana. Ci insegnano, infatti, che il nostro antenato avrebbe detto "L'Italia è fatta e adesso facciamo gli italiani". Non è così. Lui ci conosceva molto bene.

La fine dell'estate, tra una nuotata e un drink, dovrebbe regalarci una bella iniezione di relax anti-stress. Ne abbiamo bisogno. Per consentirci di prepararci alla novella che il potere costituito sta preparando attraverso una perversa e diabolica manipolazione delle parole, dei concetti, della sintassi. Silvio Berlusconi, aiutato da ieri da Luciano Violante (uno dei saggi voluto dal presidente Napolitano) si appresta ad applicare la variante post-moderna della frase di D'Azeglio che, in questo autunno del 2013 che avanza, dovrebbe risuonare pressappoco così: "L'Italia è cotta. E adesso cuociamo gli italiani".
E lo faranno tentando di abolire il Senso. Lo faranno attraverso le parole, le frasi, per abbindolarci e impedirci di affrontare la realtà.

Tutti gli indici economici sono impietosi.
Per non parlare di quelli etici, morali, istituzionali.
Negli ultimi 5 anni (da quando la crisi "ufficialmente" è scoppiata) nessuna personalità politica al governo è riuscita ad applicare uno straccio di dispositivo che abbia contribuito quantomeno ad arginare il declino. La situazione è peggiorata e sta peggiorando.
Il sistema si è inceppato. Non funziona più, è totalmente incartato.
Secondo il PD, il PDL e la lista Monti si potrebbe andare avanti così per altri dieci, venti, quaranta mesi, nella totale indifferenza per le esigenze collettive.
Ma i venti di guerra stanno infiammando il bacino del Mediterraneo e quando ci si trova in un teatro bellico, le forze in campo necessitano, giocoforza, di schierare (oltre ai generali) intelligenze, competenze, meriti.

E così, visto che il PD non lo vuole fare perchè non ha nè il coraggio, nè la forza, nè il pudore di esprimersi, ci pensano "i mercati". Questa locuzione usata per infinocchiarci, stordirci, spaventarci, annebbiarci, senza mai spiegare nulla, secondo la consuetudine del pensiero magico che funziona sempre con i bambini. I magici mercati hanno parlato: vanno a picco in borsa Mediaset e tutte le sue consociate e derivate; vanno a picco tutte le banche nazionali private gestite da un management imposto e deciso dalle direzioni nazionali del PD del PDL della lista Monti. Si trascineranno appresso decine di migliaia di aziende.
Faranno di tutto per farci credere che si tratta dell'effetto Siria, della instabilità, dei militari egiziani, oppure è una conseguenza delle manovre economiche della Federal Reserve statunitense.
Non è così.
In un momento così serio, importante e decisivo per le sorti dell'Europa, dei clown da circo non sono più tanto divertenti: diventano pericolosi.
Perchè sono inutili.

Cerchiamo di non fare la fine delle rane, buttate dentro una pentola di acqua fresca e poi cotte a fuoco lento.
Sarebbe ora che cominciassimo a dire tutti quanti insieme, uno per uno, fino al 60 milionesimo, che il nostro destino è solo e soltanto nelle nostre mani.
Anche quello della nostra nazione.
Ancor più quello della nostra collettività.
Dobbiamo salvarci per conto nostro, come fanno gli adulti.
Approfittando del fatto che, in questo momento, i mercati, l'Europa e le società civili ed evolute si attendono da noi che ci liberiamo per sempre di Fabrizio Cicchitto e Luciano Violante, dei Letta e degli Alfano e dell'intera compagnia cantante.
La loro strategia è ormai chiara anche a un bambino: vogliono cucinarci a fuoco lento, uno per uno.
E noi dobbiamo rispondere loro: "ce lo chiede l'Europa, dovete andare tutti via quanto prima è possibile; lo vogliono i mercati, gli investitori internazionali, la collettività nel suo insieme, sia a destra che al centro che a sinistra".





mercoledì 21 agosto 2013

Siamo i messicani d'Europa: questa è l'eredità che ci ha regalato la trattativa stato-mafia.


di Sergio Di Cori Modigliani

Seconda puntata su geo-politica e la trattativa Stato-Mafia.

L'Italia, come è noto, soffre di una anomalìa che la rende un paese difficile da gestire e per molti aspetti incomprensibile per gli osservatori esterni. Sembrano essere tutti d'accordo nel sostenere che, tale "anomalia", sarebbe relativa all'esistenza  politica di Silvio Berlusconi per un così lungo tempo.
Non sono d'accordo.
La sopravvivenza di Berlusconi non è un'anomalia, bensì la conseguenza di un'altra anomalia, quella vera, quella che determina l'attuale crisi economica e il totale sfaldamento della nazione.
Le potenze planetarie che contano, negli scorsi decenni, hanno approfittato di tale anomalia italiana, accettandola per forza di cose, e quindi operare facendo razzie a proprio piacimento sul nostro territorio. Finchè non si sono verificate una serie di contingenze (e noi ci siamo proprio dentro) che hanno modificato l'assetto internazionale e hanno trasformato l'anomalia in un elemento disturbatore e molto pericoloso. Quindi, o gli italiani risolvono la propria anomalia, in un qualche modo legittimo, reale, efficace ed efficiente (non finto, tanto per intendersi) oppure finiremo molto presto -davvero prestissimo- per essere commissariati a tutti i livelli dalla Germania, dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dagli Usa. Magari a nostra insaputa. Perchè, va da sè, non verranno certo a dircelo e non sarà di sicuro ufficializzato con editoriali sulla stampa cartacea e sui blog in rete.
La nostra anomalia non è unica in Occidente. Esiste un'altra nazione che la pratica, il Messico.
Noi siamo come loro.
Siamo i messicani d'Europa.
La anomalia di cui parlo è relativa al rapporto tra le Istituzioni e lo Stato da una parte e la criminalità organizzata dall'altra.
Non è una originalità, questa relazione, dato che è presente in quasi tutte le nazioni del mondo.
Ma in Italia, purtroppo per noi, ha assunto -per l'appunto- una forma diversa tutta sua che è la seguente: "A differenza delle altre nazioni dove lo Stato usa, manipola e tratta con le organizzazioni criminali locali, per i propri interessi nel nome della Ragion di Stato, in Italia avviene la dinamica opposta. E' la criminalità organizzata a esercitare il vero potere, e i loro rappresentanti usano, manipolano e determinano l'andamento dell'economia, della politica, del mercato del lavoro, finendo per determinare lo svolgimento della vita sociale del paese". Da noi i criminali decidono, lo Stato e le Istituzioni eseguono: esattamente il contrario di ciò che accade nel resto del mondo, fatta eccezione per la Repubblica del Messico.
E' quindi una nazione pericolosa, la nostra, considerata -dal punto di vista strategico-militare- la "più pericolosa in assoluto" nell'intero mondo occidentale, soprattutto quando si verificano delle condizioni belliche o pre-belliche, o una situazione di alterazione e sommovimento del quadro internazionale.
Come si sta verificando da 25 mesi a questa parte, con una accelerazione attuale sorprendente.
Affrontare questa anomalia, prendendo il toro per le corna, è la prima e basilare priorità da affrontare in questa nazione. Se non lo si fa, non sarà possibile nè risolvere nè affrontare nessuno dei problemi reali che ci affliggono come cittadinanza, perchè sono tutti una conseguenza della iniziale anomalia, dall'economia alla politica, dal lavoro al sociale, dalla cultura alla legalità affermata.
Sono le nuove condizioni geo-politiche che ce lo impongono, che ci piaccia o meno.
E' la solita sfortuna dell'Italia.
E' la solita fortuna dell'Italia.
Per una serie di complesse e molteplici variabili storiche, ci troviamo sempre di fronte a una situazione strategica che finisce per metterci nelle condizioni di NON poter più procrastinare una scelta decisiva, definitiva, estrema. Questa è la nostra fortuna, perchè è un'ottima occasione. La nostra sfortuna, invece, consiste nel fatto che -come è sempre andata a finire la maggior parte delle volte- avendo prodotto una classe politica costituita, per lo più, da irresponsabili corrotti, il cambiamento di passo viene operato dall'esterno dalle potenze che contano. E naturalmente fanno i loro interessi, non i nostri. Peggio per noi che non siamo in grado di scrollarci di dosso il marcio che noi stessi abbiamo prodotto.
Perchè abbiamo sempre mancato l'appuntamento con la Storia. Per scelta di ignavia.
E così, agenti esterni finiscono per farci cambiare ciò che non funziona. E lo fanno o con le buone o con le cattive. Nel senso di: o con le bombe e/o le invasioni militari, oppure con l'applicazione ferrea di dispositivi di natura economico-sociale che vengono calati dall'alto sulla cittadinanza, costretta ad accoglierli in maniera passiva, senza minimamente comprendere ciò che sta accadendo loro.

Due giorni fa, sul blog di Beppe Grillo, è apparso un lungo articolo a firma di un giornalista di Panorama, Giovanni Fasanella, tratto da un suo libro pubblicato da Chiarelettere proprio sulla trattativa stato-mafia.
L'argomentazione centrale dell'autore è quella consueta di chi sostiene che tra il 1992 e il 1993 ci sia stata una trattativa tra apparati dello Stato e cupola mafiosa che ha poi provocato e determinato l'attuale sfracello. Ho letto con attenzione l'opinione e l'interpretazione di Fasanella e sono d'accordo con lui soltanto per ciò che concerne la descrizione delle dinamiche storiche dall'epopea del Risorgimento fino al 1990. Poi, a mio avviso, le cose sono andate invece in maniera molto diversa e in Italia, ancora oggi, è davvero molto ma molto difficile -per non dire praticamente impossibile- affrontare l'argomento con una visione ampia di insieme che esuli dal quadro provinciale del nostro nazionalismo. Ritengo, infatti, che seguitare a definire le presupposte relazioni tra membri dell'esecutivo e mafiosi come "trattativa stato-mafia" sia un errore riduttivo. Una trattativa ci fu, eccome se ci fu.
Ma fu ben altra cosa.
E avvenne nella primavera del 1987.
Fu la trattativa stati-mafie. Al plurale.
Di cui l'Italia, con la sua bella mafia siciliana e la sua bella 'ndrangheta calabrese, era soltanto uno degli attori in campo, e non l'unico. Perchè ci fu anche la mafia vaticanense, la mafia irlandese, la mafia russa, la mafia ebraica, la mafia marsigliese, la mafia araba, la mafia colombiana; a vedersela con Usa, Urss, Gran Bretagna, Francia, Israele, Egitto, Arabia Saudita, Venezuela, Al Fatah, Stato del Vaticano.
Ma lì nacque anche la nostra anomalia che ci rende, ahimè, unici e sostanzialmente diversi da tutti gli altri.
La criminalità più o meno organizzata esiste dovunque nel mondo; appartiene alla parte oscura della specie umana.
Altrimenti non esisterebbe la polizia.
Notoriamente, in tutte le nazioni, la criminalità organizzata corrompe politici,  magistrati, imprenditori, o comunque sia ci prova, cercando di aggirare la Legge per affermare i loro loschi affari, ma lo Stato li persegue, li controlla, quando esagerano li bastonano e poi li usano quando ne hanno bisogno per operazioni (segrete o meno che siano) legate alla ragion di stato. Servono per far fare il lavoro sporco clandestino. I ruoli vengono rispettati a vicenda. E' sempre l'Istituzione che gestisce il potere esecutivo e le singole mafie locali lo sanno benissimo e rispettano gli accordi. Quando osano alzare troppo la testa arriva sempre e inequivocabilmente la mannaia dello Stato. Non così in Italia.
E tutto ciò in conseguenza della scelta politica effettuata nella primavera del 1990, quando dopo il crollo del comunismo, proprio in base a specifici precedenti accordi avvenuti nel 1987 quando le grandi potenze e le cupole mafiose internazionali trattarono la gestione degli affari nel mondo post-comunista, in Italia venne attuata una scelta opposta a quella verificatasi in Francia, Germania, tutto l'est europeo e gran parte dell'Impero Sovietico. Quando è crollato il comunismo, nella nazione europea che contava il più agguerrito partito comunista locale (la Francia) il problema neppure si pose. I comunisti, letteralmente "evaporarono" perchè accettarono la generosa offerta da parte dello stato: o in galera o fuori dalla politica per sempre. Soltanto una trentina di dirigenti scelsero (e pagarono) lo scotto; tutti gli altri presero atto della sconfitta e abbandonarono la vita pubblica. In Germania ancora più forte, perchè gli agenti locali della Cia e del KGB finirono processati e in galera in diverse migliaia. Non così in Italia. Se, tra il 1990 e il 1991, nel nostro paese, le istituzioni avessero avuto l'intelligenza, la lungimiranza e la pulizia etica (approfittando del fatto che sia la CIA che il KGB mettevano a disposizione adeguata documentazione) di arrestare, processare e condannare per "attacco all'integrità della nazione, partecipazione a insurrezione contro i poteri dello Stato, tradimento delle istituzioni" un centinaio di persone, tra cui importanti e famosi esponenti del PCI, della DC, del MSI, ai quali affiancare quattro cardinali, quattro generali dei carabinieri e della finanza, quattro magistrati, e quattro intellettuali venduti al nemico della nazione, ebbene, allora il segnale sarebbe stato molto ma molto forte per l'intero paese. Avrebbe significato che la seconda guerra mondiale era finita, ed era finita anche la guerra fredda. Era finita l'ideologia e bisognava andare a ricostruire l'Italia tutti insieme, e si metteva fine a una pagina storica. In tal modo l'Istituzione dello Stato poneva se stessa come fiero garante arbitrale della cittadinanza collettiva, sia di destra che di sinistra, e le organizzazioni criminali avrebbero capito l'antifona e si sarebbero adeguate, accettando con enorme malumore il principio romano di Dura Lex Sed Lex. E invece no. Spudorati e immondi italiani al servizio di criminali della Cia che militavano dentro alla DC e dentro al MSI si misero d'accordo con i loro immondi criminali equivalenti del KGB che militavano ipocritamente dentro al PCI e decisero di perdonarsi a vicenda pur di salvare i gruzzoli accatastati. Centinaia di persone che negli anni 60, 70, 80 si erano costruite carriere, rendite, privilegi, dinastie familiari, grazie ai generosi appannaggi continui che fioccavano da Washington e da Mosca, sono finiti per confluire in Alleanza Nazionale e in Forza Italia, nei DS e in Rifondazione Comunista e poi da lì nel PDL e nel PD senza pagare mai il conto delle loro malefatte. Perchè fascisti e comunisti e cardinali si erano messi d'accordo per tenersi ciascuno il proprio malloppo, ottenuto grazie alla diffusione di falsità, manipolazioni, costanti alterazioni della verità, il tutto ai danni dell'erario e della collettività. E lì, in quel preciso ed esatto momento, la criminalità organizzata italiana agì con spietata abilità strategica e grande lungimiranza, che denotava una profonda e antica conoscenza del proprio pollame. Custodì amorevolmente l'accordo consociativo, battezzando la promozione di assassini fascisti e assassini comunisti e assassini vaticanensi all'interno delle istituzioni e del parlamento, che iniziò così ad essere esautorato, svilito e annacquato.
Lì si inserì, e fu un gioco da ragazzi prendere il potere.

Secondo la modalità consueta della mafia. Ovvero, senza clamore, senza pubblicità, senza visibilità.

Quell'accordo (allora definito di "pacificazione nazionale") fu il semaforo verde per lanciare alla nazione il segnale che lo Stato di Diritto non esisteva e non sarebbe stato applicato nei riguardi di chi si metteva al servizio dei poteri forti. La Legge esisteva e pestava duro soltanto nei riguardi dei cittadini comuni e di chi non aveva mai voluto avere niente a che fare nè con la Cia nè con il KGB. E così la mafia prese il potere, perchè capì che li poteva controllare tutti e iniziò la sua penetrazione in tutti i gangli delle istituzioni occupando le dirigenze nazionali dei partrti, i consigli di amministrazione delle banche, degli enti, dei ministeri, e poi da lì acquistando tutti i media (in Italia i media sono tutti nelle mani di consorzi bancari e finanziari) la cui direzione e controllo è stata affidata a solerti impiegati di turno, sempre e del tutto consapevoli del fatto che stavano andando a servire la mafia. Non hanno scuse. E non potranno mai essere perdonati.
E' per questo che devono andare tutti a casa.
Lo faranno con 23 anni di ritardo, senza pagare alcun dazio.
Gli italiani non lo hanno voluto fare per conto proprio, perchè siamo un popolo di cinici opportunisti, traditori e doppiogiochisti. I cittadini di destra hanno seguitato a votare per degli assassini sapendo con esattezza chi fossero, nello stesso identico modo in cui i cittadini di sinistra hanno seguitato a votare degli immondi e impresentabili individui criminali, in entrambi i casi compromessi fino al collo con forze che non hanno mai avuto -neppure per un momento- l'idea di pensare al bene collettivo degli italiani.
E così, adesso, ci dovrà pensare l'Europa che sta premendo in maniera ossessiva perchè l'Italia avvii il necessario ricambio prima che sia troppo tardi, ovvero prima che sia necessario un commissariamento forzato del paese, presentato a tutti come "governo tecnico di emergenza per rispettare gli accordi europei". La nuova situazione internazionale lo impone, giocoforza.
Il PDL e il PD sono davvero disperati perchè non sanno che pesci prendere.
Il loro perverso e pervertito abbraccio mortale con la mafia siciliana, la 'ndrangheta calabrese e la camorra napoletana, sta strozzando il paese, ma poichè viviamo in una economia globale esso ha travalicato i confini nazionali producendo e procurando anche gravi danni all'estero, e non è controllabile dallo stato centrale italiano.
Per via della nostra anomalia.
Da noi, infatti, la mafia è la vera istituzione nazionale. Gli altri poteri eseguono i loro ordini.
Se domani a Mosca la potentissima mafia russa commette un grave errore e pesta i piedi a Vladimir Putin che la usa e la consuma a proprio piacimento, dopo poche ore i responsabili finiscono spiaccicati a mitragliate sul piazzale antistante il Cremlino, davanti a tutti. Idem a New York, Chicago, Los Angeles, Nizza, Marsiglia, Dublino, Amburgo, Manchester, Lille, Rotterdam e via dicendo.
Non così a Tijuana o a Ciudad Juarez.
Non così a Milano o a Roma.
Per chi conta davvero nel mondo di oggi, questa situazione non è più sostenibile.
Tutto qui.
Ne vedremo delle belle.
Questo è poco ma sicuro.
Tutto il resto è fuffa per gettare fumo negli occhi e annebbiare il cervello della cittadinanza.


P. S. Ecco come wikipedia presenta al lettore l'esistenza della trattativa Stato-mafia in Italia; se siete in grado di leggere tra le righe, capirete da soli come stanno le cose:
La presunta trattativa tra Stato italiano e Cosa nostra[1] sarebbe stata una negoziazione avvenuta all'indomani della stagione delle bombe del '92 e '93 tra lo Stato italiano e la mafia per giungere ad un accordo[2] che avrebbe previsto la fine della stagione stragista in cambio di un'attenuazione delle misure detentive previste dall'articolo 41 bis[3]. La trattativa è ancora oggetto di indagini giudiziarie ed è stata dichiarata reale nella motivazione della sentenza[4] del processo a Francesco Tagliavia[5] per le bombe del '92 e '93.[6]Secondo tale sentenza l'iniziativa per la trattativa "fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia"[7] e comunque ad oggi (2013) tale negoziazione non è stata definitivamente e chiaramente dimostrata. A tutt'oggi, anzi, risulta oggetto di diverse indagini, per le quali sono stati indagati diversi esponenti di Cosa nostra come Totò Riina e Bernardo Provenzano, alcuni politici tra i quali il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri[8], il suo ex socio in affari[9][10] il finanziere Filippo Alberto Rapisarda[11], il deputato ed ex ministro democristiano Calogero Mannino[12] nonché alcuni appartenenti alle forze dell'ordine come il generale dei carabinieri e capo del ROS Antonio Subranni [13] l'allora colonnello Mario Mori[14] e il suo braccio destro al ROS, il capitano Giuseppe De Donno che disse: "Decidemmo di contattare in qualche modo la mafia attraverso Vito Ciancimino per fermare le stragi, ma non ci fu nessuna trattativa"[15].Attualmente (2013), si tende a ritenere che la trattativa sia avvenuta[16] nel periodo tra la morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino[17], e che quest'ultimo possa essere stato assassinato anche perché veniva considerato un ostacolo alla trattativa tra Stato e mafia[18], secondo le rivelazioni ancora da accertare di Gaspare Spatuzza[19] e diGiovanni Brusca[20].

martedì 20 agosto 2013

I mercati parlano chiaro: Berlusconi è stato mandato in pensione. Lui, non ha ancora capito che cosa sta accadendo.


di Sergio Di Cori Modigliani

“L’Italia è l’unica nazione capitalista al mondo, in cui il comunismo non  mai caduto”.
                                                                                         Indro Montanelli. Ottobre 1999.


Primo post di una serie di 2.
Geopolitica e trattativa stato-mafia.

Silvio Berlusconi è un leader politicamente finito.
Lo sa lui, lo sanno i suoi, lo sanno tutti.
Tutto sta a vedere –questa è l’unica risposta ancora da decifrare- se finirà nei guai anche economicamente, finendo sul lastrico, trascinandosi appresso tutte le sue aziende, ma proprio tutte, nessuna esclusa. Il che, non è probabile, ma è ampiamente possibile.
Dipende da lui salvare la sua ricca baracca o meno.
Sempre che, nel suo personale e comprensibile delirio di onnipotenza -per quanto pragmatico, cinico e realista- non sia stato preso anche lui da un attacco di mitomania e abbia finito per credere, pensare, e addirittura convincere i suoi, che lui è uno di quelli che davvero contano. Sarebbe davvero doloroso, oltre che per se stesso, i suoi familiari, i suoi seguaci, i suoi dipendenti e tutte le sue clientele di miserabili straccioni appresso, anche e soprattutto per l’economia nazionale e la salvaguardia dell’intero paese.
Chi dovesse pensare, in questo momento, che Berlusconi è finito nei guai per via della condanna della Cassazione, si sbaglia di grosso: ha preso un tragico abbaglio.
Vuol dire che non è informato su ciò che è accaduto in Italia (e nel mondo) negli ultimi 20 anni, non ha capito ciò che è accaduto negli ultimi due anni, e soprattutto ciò che sta accadendo in Egitto, in Usa, e nell’economia italiana. Ma soprattutto vuol dire che è caduto nella trappola della comunicazione berlusconiana, tutta protesa a far credere proprio questo di lui: una vittima della magistratura italiana.
E’ esattamente il contrario.
La magistratura italiana non è poi così tanto libera, né indipendente e nemmeno coraggiosa (come vogliono farci credere) da andare a impelagarsi per davvero con uno che conta. Non lo ha mai fatto in Italia, se non in brevissimi tratti della Storia di un passato, ahimè, davvero molto remoto, quasi antico. Altrimenti, a quest’ora, nelle patrie galere, in una oscura cella in qualche sotterraneo bunker, languirebbero nel dimenticatoio gli assassini di tanta brava gente innocente, i nostri tanti (troppi troppi troppi) compianti cittadini, uccisi come animali, nelle varie stragi operate dallo Stato, dalla bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a Piazza Fontana, il 12 dicembre 1969 a Milano, al massacro di civili a Piazza della Loggia a Brescia; dalle bombe sul treno Italicus alla strage nella stazione di Bologna. Passando per l’assassinio dei giornalisti Mauro De Mauro, Mauro Volterra, Mauro Rostagno, Ilaria Alpi, del generale Dalla Chiesa, di Giovanni Falcone e di  Paolo Borsellino, per dirne alcuni. E per non parlare delle migliaia e migliaia di aziende mandate in fallimento da mafiosi, ‘ndranghetisti e camorristi, con la rovina esistenziale delle vite di centinaia di migliaia di onesti cittadini italiani, senza che lo Stato abbia mai fatto sentire la propria presenza ed esistenza sul territorio. La magistratura italiana è, per l’appunto, italiana. E’ composta da ottimi professionisti, che sono prima di tutto italiani in carriera, e non baldi eroi donchisciotteschi. Nessuna persona importante in campo politico ha mai pagato il suo conto con la magistratura nel nostro paese. Mai. A meno che non abbia fatto il riottoso, il ribelle, il mitomane, l’onnipotente. Come nel caso di Bettino Craxi.
E quando accade, allora si fa di necessità virtù.
Quando al senatore Giulio Andreotti –uomo davvero intelligente e molto pragmatico- hanno spiegato e comunicato che il suo turno era finito e lui era licenziato per sempre, non si è affatto scomposto. Ne ha preso atto, ha ringraziato per il sollazzo ottenuto in quei decenni e si è ritirato a vita privata scomparendo nel nulla. E’ morto di vecchiaia venti anni dopo, allietato dall’affetto dei suoi cari.
Mi auguro sinceramente per Berlusconi (non voglio, per principio, mai il male di nessuno) che sia in grado di far prevalere l’intelligenza sull’ansia di vendetta, il pragmatismo sull’irreale delirio di onnipotenza. Gente ben più importante di lui e 100 mila volte più ricco e potente, da Chang Kaishek a Gheddafi, da Saddam Hussein a Somoza, quando gli è stato presentato il benservito, compresa lauta liquidazione, pensione dorata e magari anche un anticipo miliardario per un libro di memorie, hanno scelto di dire mai nella vita pensando di essere persone che contavano in maniera autonoma. Si erano dimenticati di essere solo e soltanto degli impiegati utili, chiamati a interpretare sullo scenario della vita politica internazionale la parte di quelli che contano per davvero, da bravi attori consumati. Hanno finito per identificarsi con la parte, tragico errore che nessun grande professionista commette mai.
Berlusconi è finito nell’agosto del 2011 e, come al solito, ci ha tenuto a fare lo spiritoso. Quando le sue aziende, il 30 ottobre di quell’anno, sono arrivate “ufficialmente” alla canna del gas, ha prevalso il senso pratico del businessman e si è ritirato. Non era certo contento e soddisfatto. Ma in un mondo realista, sarebbe riuscito addirittura ad ottenere dei crediti di stima da parte di chi contava per la sua capacità, diciamo sportiva, di prendere atto della situazione e finire, perché no, come Andreotti. In perenne ritiro spirituale. Invece no. Dal suo punto di vista ha anche ragione, è comprensibile, dato che il suo comportamento denota una personalità infantile regredita. Ha detto: “allora, se le cose stanno così, ce ne andiamo a casa tutti” come Beppe Grillo augurava e, se ben ricordate, consigliava addirittura con generosa bonomia. Ma gli hanno risposto: “nient’affatto, a casa ci vai soltanto te”. I compagni di cordata pensavano di essere più furbi di lui ma dopo qualche mesetto si sono accorti che la faccenda si stava invece complicando alla grande. Perché in verità, se fossero andati tutti a casa nell’ottobre del 2011 -ma allora, ahimè, non c’erano le condizioni- l’Italia, a quest’ora, navigava nella complessa e multiforme gestione della ripresa post-recessione e il peggio ce lo avevamo ormai alle spalle, soprattutto in campo economico.
Invece, sta precipitando sotto gli occhi di tutti. Oops! Volevo dire, sotto gli occhi di chi vuole, può e sa vedere.
Gli amici di merenda e scorribande gli hanno detto: “ok facciamo un altro giro” pensando così di averla fatta franca. Anche loro erano convinti di essere gente che conta, da Mario Monti a Enrico Letta, da Massimo D’Alema a Pierluigi Bersani. Non sono individui con il senso dello Stato, dotati di lungimiranza e ampie vedute. Si sono messi di buzzo buono e gli hanno salvato le aziende (in cambio di un velo pietoso su tutte le squallide vicende di Mps, della Banca della Marche, della Banca Carige, della Banca Popolare di Emilia Romagna, della Fondazione San Paolo, ecc. senza che la magistratura –e il Tesoro- “osassero” dire neppure una parola, neanche un intervento, neppure un paio di manette importanti) consentendogli una ricapitalizzazione in borsa di ben 4 miliardi di euro e mettendo il nostre prode cavaliere nella felice e invidiabile condizione di andare a trattare a Londra con Rupert Murdoch da una posizione di forza, senza buttarsi per terra chiedendo pietà. Un record borsistico europeo: dal 25 febbraio 2013 al 10 agosto un balzo di ben 156%.
I nostri ottusi piccolo-borghesi, però, avrebbero dovuto già cogliere proprio i segnali londinesi. Già da lì era chiaro come si stava mettendo la faccenda. Rupert Murdoch, il più abile squalo predone nel campo mediatico planetario, infatti, è uomo che quando si siede a un tavolo per trattare un affare non si alza finchè non ha ottenuto ciò che vuole, ed è noto per la sua velocità di esecuzione. Se fiuta l’affare, firma immediatamente. Invece, con scuse varie, ha cominciato a prendere tempo facendo sapere a The Economist, al Financial Times, al Wall Street Journal che non era poi “tanto convinto” dei rapporti presentati dai consulenti di Ubs (colosso finanziario svizzero che spingeva all’acquisto di Mediaset in borsa) e aveva bisogno di tempo per riflettere. I nostri baldi impiegati, invece, non si erano accorti che, nel frattempo, le condizioni internazionali stavano mutando a un ritmo impressionante. Eppure gli era stato spiegato. Ma loro, prima di ogni altra cosa, sono italiani, quindi si considerano abilitati a comportarsi seguendo regole di ambiguità, di menzogna, soprattutto doppiogiochismo, e invece di applicare complesse e vincenti strategie a lungo termine, badano al sodo: pochi, maledetti e subito. Proprio come nei western di Sergio Leone. In fondo, l’Italia è diventata proprio il set di uno spaghetti western, dove la cittadinanza sopravvive alla meglio facendo la comparsa, nella speranza di non beccarsi una pallottola vagante.
Le alleanze politiche internazionali che erano in piedi nel settembre del 2011, non esistono più. Checchè ne pensino i complottisti d’accatto e quelli che non vedono al di là del proprio naso, il mondo, oggi, è completamente diverso dal punto di vista economico, politico, sociale, da quello che esisteva nell’agosto del 2011. Essendo l’Italia un paese ingessato e congelato nel Tempo, è difficile da noi cogliere le modificazioni, i cambiamenti, gli slittamenti progressivi, perché noi viviamo sotto una cappa virtuale che impedisce di leggere la realtà internazionale. Stando in Italia, è impossibile sapere come va il mondo. Ad agosto del 2011, la Cina andava alla grande, e la Germania la seguiva a ruota, il Sudamerica era finito sotto la scure del Fondo Monetario Internazionale, il Giappone, la Francia e gli Usa soffrivano sull’orlo di un gigantesco disastro annunciato, con enorme felicità della Russia che aveva accelerato la sua alleanza con i cinesi prendendo possesso di tutto ciò che poteva, sia in Africa che in Europa, sorretti entrambi da un accordo di ferro con le due più importanti economie asiatiche e occidentali, troppo prese dalla risoluzione dei propri problemi interni per occuparsi sempre del resto del mondo.
24 mesi dopo la situazione internazionale è completamente diversa. La Cina ha iniziato a frenare e già intravede spaventosi guai all’orizzonte (loro sono una etnia con lo sguardo lungo) e trema alla grande, la Germania comincia –con autentico malcelato terrore- ad accorgersi che, forse, la sua idea della gestione dell’euro e del continente finirà –come sempre è accaduto in Europa- per trasformarsi in un gigantesco boomerang. In compenso, la Francia si sta lentamente ma certamente avviando a sostituire l’Italia come seconda economia in Europa acquistando a man bassa aziende decotte nostrane, mentre il Sudamerica ha trovato un inatteso appoggio all’Onu e alla Banca Mondiale da parte degli Usa. Il Giappone è ripartito alla grande e si sta riprendendo tutto il mercato del sudest asiatico strappandolo ai cinesi, che glie lo avevano soffiato a metà degli anni’90. Gli Usa stanno già marciando alla grande a un ritmo economico da vertigine, al punto tale da aver scelto di frenare in alcuni comparti della propria economia. Da notare la diffusione di annunci mediatici di fondamentale importanza, di cui in Italia non è stata fatta neppure menzione. Il Wall Street Journal ha pubblicato un esaustivo pezzo, poi commentato dal presidente in persona in una conversazione televisiva, nel quale (due giorni fa) gli Usa hanno annunciato di essere la prima nazione al mondo che può “permettersi il lusso di potersi definire totalmente autosufficiente al 100% nel campo energetico, alimentare, dei servizi, e dell’alta tecnologia elettronica”. Non devono acquistrare nessuna di queste merci da nessuno, quindi non sono ricattabili. Hanno scelto di mandare definitivamente in pensione il carbone, riuscendo a battere la potentisima lobby dell’industria estrattiva che la sosteneva, ormai arresa all’evoluzione dei tempi. Si sono già riconvertiti alle energie eco-sostenibili alternative per un 25% e contano per il 2017 (cioè dopodomani) di raggiungere il 50%. Calcolano che nel 2055 non consumeranno più neppure una goccia di petrolio. Hanno convinto le grandi multinazionali petrolifere texane e californiane ad iniziare un gigantesco piano di riconversione industriale, considerato molto meno costoso per l’amministrazione statale che non andare in giro per il mondo a fare guerre inutili e criminali per dei pozzi di petrolio. Ed è molto più profittevole per quelle industrie. Il più importante sostenitore finanziario, in Usa, oggi, dell’energia eolica e solare è formato da un consorzio i cui principali azionisti sono la Federal Reserve, Il Ministero dell’Industria, la Mobiloil e la Texaco. Com’era da noi l’Iri nel 1970. Idem per il Giappone. La Cina, dal canto suo, ha aumentato del 156% la produzione di carbone altamente inquinante ed è diventato il primo acquirente di carbone dalla Russia che vendeva agli Usa per un controvalore annuo (2005) di ben 25 miliardi di euro all’anno, cifra che nel 2013 è stata ridotta a zero. Se vanno avanti così, i cinesi finiranno per suicidarsi tutti morendo dentro una gigantesca camera a gas a cielo aperto, che si stanno costruendo da soli.
Tutto ciò ha modificato completamente gli equilibri planetari perché ha lanciato il concetto di “glocal” come nuovo modello di crescita mondiale, una buona sintesi armonica tra protezionismo necessario e abbattimento delle frontiere.
L’Italia, che seguita a essere importante dal punto di vista strategico, è finita, in virtù del proprio immobilismo, al palo.
E poiché si è in guerra e a dettar legge, in questo momento –nel senso di quelli che davvero contano- sono gli Usa, Giappone e Sud America da una parte e Cina-Russia dall’altra, i giochetti all’italiana, per l’Italia, non vanno più bene.
Così come la musica era cambiata nel 1992, quando la Cia mandò in soffitta la loro criminale politica di gestione degli affari italiani, così oggi l’Italia si trova costretta a prendere atto che si è verificata una nuova gigantesca trasformazione planetaria che impone un totale, nonché definitivo, cambiamento generazionale nella gestione del paese. Vero.
Tradotto, vuol dire che il maquillage non funziona ed è inutile.
Tradotto, vuol dire che l’attuale classe dirigente politica italiana sta interpretando il proprio ruolo considerando se stessi come depositari di una interpretazione economica, sociale, politica e psicologica che è obsoleta, al di fuori della attualità e del mondo reale, e non fa gli interessi dei padroni che li avevano assunti, nei diversi decenni, come deferenti e baldi impiegati al lioro servizio.
Sono diventati inutili.
Ma loro non lo hanno capito.
Oppure, fingono di non averlo capito.
Tant’è che dall’11 agosto è ricominciato il bailamme di Mediaset in borsa. In sole cinque sedute ha perso circa 600 milioni di euro, idem Mondadori e Mediolanum che comincia a scricchiolare di nuovo. Diciamo, per essere franchi, che –per il momento- tutti gli investitori stranieri hanno scelto e deciso di mollare il nostro prode cavaliere. Il segnale è chiaro e forte. Anche dichiarato. In Italia invece si parla di diritti costituzionali e altre dabbenaggini del genere.
Rupert Murdoch mica è scemo. Già oggi paga tutto con un 12% in meno rispetto a dieci giorni fa.
Tutto ciò per spiegare le motivazioni del cosiddetto “rigurgito aggressivo del PDL a sotegno della necessaria agibilità politica del loro leader”: roba da clown di periferia.
Il cavaliere è sato fondamentale per le multinazionali anglo/americane e per la gestione italiana da parte dei colossi finanziari del nostro patrimonio industriale dal 1993 al 2011. Adesso non serve più, è stato già licenziato. La magistratura italiana, sempre ottima, accorta e lungimirante, nel saper leggere chi comanda e chi serve, ha preso atto di uno stato di cose direi, di banale oridnaria amministrazione. Il problema non è più Berlusconi né tantomeno i giannizzeri straccioni del suo seguito di elemosinieri da strapazzo, bensì il management del PD. Sono loro la vera anomalia della nazione. Non possono dichiarare lo stato delle cose, perché così facendo perderebbero le loro clientele alimentate dalla corruttela del patto eterno con il cavaliere.
Ma il grande problema, questo sì fatale, in questo momento di crisi internazionale e di grandi rivolgimenti, ci rende terribilmente fragili: il controllo totale della criminalità organizzata, attraverso la politica, dei gangli vitali della Repubblica, delle Istituzioni, dell’industria, delle banche, dei media, dell’intera economia. La totale presa di possessso del terreno economico nazionale, soprattutto nel settentrione, è l’unico segmento in cui ha trionfato il “glocal all’italiana”. Leader del Made in Italy nel mondo è diventata la criminalità organizzata siciliana, calabrese, napoletana. Lo sanno tutti.
Ma c’è un problema.
Lo stesso identico problema che si era verificato nel 1992.
Di questo ne parliamo nella seconda puntata, domani o dopodomani.
Tutto ciò per condividere, con voi, tutta questa fuffa berlusconiana: è tutto fumo negli occhi. Si arrampicano sugli specchi arraffando nel frattempo ciò che possono.
Sia il PDL che il PD.

I giochi, in questo momento, sono ben altri.

domenica 18 agosto 2013

La rivoluzione d'Egitto. O la truffa europea. A seconda di come si guarda il mondo.



di Sergio Di Cori Modigliani


Capire l’Egitto, oggi, per comprendere che cosa fare in Europa domani.
Lo vediamo ogni giorno sugli schermi della tivvù e lo leggiamo in rete: l’Egitto è in fiamme. E quella nazione si trova a un millimetro dall’esplosione di una sanguinosa guerra civile che, in tempi molto brevi e molto rapidi, si estenderebbe in tutta la zona del Mediterraneo, dal Marocco fino all’Asia Minore. Con un’alta probabilità di far esplodere di nuovo il conflitto israelo-palestinese, che questa volta coinvolgerebbe anche la Giordania, l’intervento militare della Russia, e senza alcun dubbio promuoverebbe, inevitabilmente, una nuova stagione di terrorismo sfrenato in tutta l’Europa. Italia in testa. Perché siamo un importante paese della Nato, perché siamo un paese fondamentale della Unione Europea, e perché, all’interno delle diverse fazioni in campo, ci sono anche diversi gruppi di fanatici armati di tutto punto che hanno come obiettivo strategico il centro del papato a Roma.
La situazione è, quindi, esplosiva.
Ma non è una novità. Neppure una sorpresa.
Proprio su questo blog, in un lontano post dell’ottobre 2012, cercavo di spiegare ai lettori quale fosse la vera posta in gioco nell’elezione di Obama, e quali evrebbero potuto essere le conseguenze, in termini finanziari, economici, politici, e infine militari, se in tutto il continente americano, dal Canada all’Antartide, fosse stata presa la decisione di mandare in pensione la stagione dell’iper-liberismo, dell’austerità economica, della finanza speculativa, della cinesizzazione del mercato del lavoro. Insomma, per dirla in soldoni, se l’idea socio-economica evocata da Keynes avesse finito per prevalere su quella aristocratico-elitaria imposta dai colossi della finanza multinazionale. Perché i proprietari delle banche non avrebbero mollato, perché i produttori e distributori di petrolio, carbone, fossili inquinanti, non avrebbero mollato; perché i controlloti dell’energia, delle sementi, del credito alle imprese, delle rendite passive elitarie, non avrebbero mollato. A costo di scatenare la guerra mondiale. Quella calda, anzi, quella bollente, tanto per capirsi.
Perché l’oligarchia aristocratica, quella storicamente battuta dalla grande rivoluzione francese (proprio quella) avrebbe tentato con ogni mezzo la definitiva rivincita storica per chiudere –questa volta per sempre- il grande progetto planetario nato dall’affermazione dei principii della Dichiarazione universale del 1789, quando aveva posto il primo mattone della vera e unica Europa pensabile: quella dei Diritti Civili, della primogenitura del concetto di cittadinanza, dell’uguaglianza e rispetto tra diversi, dell’abbattimento dei privilegi consolidati, della cancellazione delle rendite storiche per censo.
Perché sono due idee del mondo contrapposte e incompatibili.
Non  a caso da diversi anni –almeno trenta- siamo in guerra.
Una guerra diversa da quella solita, quella cosiddetta “calda” con i mitra, a sua volta diversa da quella cosiddetta “fredda” con le spie,  tramontata con il crollo del muro di Berlino nel 1989. Questa guerra io la definisco “la guerra esistenziale”: ossia l’attacco frontale delle oligarchie finanziarie contro l’idea della cittadinanza collettiva in ogni paese, in ogni nazione, in ogni Stato. Senza rispetto né compassione, come avviene sempre in ogni guerra che si rispetti.
Una guerra spietata, questa, di cui, in questi giorni stiamo assistendo ai primi –primissimi-  singulti tragici, con l’nevitabile scia di sangue e di morti innocenti.
Una guerra voluta, dichiarata, pianificata, progettata fin dalla fine degli anni’70, affermatasi con successo, in tutta la sua virulenza, agli inizi del nuovo millennio, dal varo dell’euro all’attentato delle torri di Manhattan; dalla guerra in Iraq alla crisi finanziaria del 2008; dai diktat della BCE agli ordini perentori del Fondo Monetario Internazionale.
La guerra esistenziale, secondo i loro pianificatori, non avrebbe trovato adeguata né preoccupante resistenza. Avevano già provveduto a costruire un occidente distratto e narcisista, totalmente deculturizzato, narcotizzato e imbelle, in modo tale da assicurarsi dovunque l’affermazione di un sistema di consociativismo complice tra apparenti opposizioni. Chiunque andasse al potere, destra o sinistrra che fosse, religiosi o laici, ciò che contava era il rispetto degli ordini delle elite finanziarie: pena la fame dei cittadini. Quella vera.
Ma in tempi mediatici, questo progetto si è dimostrato rozzamente infantile.
Perché lo sviluppo di massa del web, dei social networks, di twitter, ha provocato un inatteso sistema di diffusione delle notizie, delle informazioni, che ha finito per provocare  insolite forme di aggregazione e di risveglio della coscienza collettiva responsabile, sempre meno faziosa, sempre meno schierata, sempre di più votata alla lotta oppositiva contro la dittatura della finanza nel nome dell’interesse di una comunità di liberi pensanti, autonomi e indipendent. E così, inatteso, a livello di massa, è apparso sul teatro della Storia un inedito soggetto politico: il libre citoyen
L’imposizione dittatoriale e univoca ai danni di tutti i popoli planetari  ha prodotto, quindi, le prime forme di ribellione, di contrapposizione, al di fuori dei meccanismi usuali, perché privo di rilevanza e identificazione ideologica. Una forma spontanea, dal punto di vista finanziario-mediatico spaventosamente povera e priva di ricchi mezzi, ma dotata di un livello di consapevolezza collettiva molto alto che ha cominciato a dare i propri frutti, da wikileaks a occupywallstreet, dal trionfo elettorale di M5s in Italia, all’irruzione sullo scenario internazionale dello strappo sudamericano, evidenziato dalle scelte del presidente ecuadoregno Rafael Correa, il quale non appena ha assunto il potere ha fatto arrestare l’oligarchia locale, ha protestato il proprio debito economico definendolo “immorale” e ha licenziato le multinazionali, nazionalizzando banche, istituti finanziari, lanciando un modello che ha fatto presa su un intero continente.
L’Europa e l’Africa settentrionale (che è una nostra colonia, tanto vale dire come stanno le cose) hanno fatto finta di niente, pensando di riuscire a metterci una toppa. L’importante consisteva nel riuscire a chiudere “la partita economica” e creare un mondo in cui l’economia pianificata delle nazioni fosse soggetta agli ordini della finanza internazionale speculativa. Tradotto in termini sociali, questa mossa presupponeva l’abbattimento della classe media, sia quella pensante intellettuale che quella operativa imprenditoriale, costruendo un nuovo ordine mondiale basato su un’idea dell’esistenza precedente al 1789: super ricchi privilegiati da una parte, una massa di bisognosi spaventati dall’altra.
Noi ci troviamo al centro di questa guerra.
Ci stiamo avvicinando all’occhio della tempesta.
Ciò che sta accadendo in Egitto, deve servirci a comprendere, incorporare e capire quali siano le vere forze in campo. Lo scontro in atto non è tra sciiti e sunniti, non è tra mussulmani e laici, non è tra civili e militari, tra salafiti e cristiani copti. Questo è ciò che vogliono farci credere, e questo è ciò che stanno cercando di far passare all’interno della società civile egiziana per metterli gli uni contro gli altri.
La posta in gioco è un’altra.
Tant’è vero che non c’è nessuna (ma davvero nessuna) differenza tra la politica di Mubarak, quella di Morsi e dei Fratelli Mussulmani, quella dei militari al potere, e quella dei laici. Ciascuna di queste fazioni, negli ultimi 5 anni, ha gestito il potere seguendo le stesse identiche modalità: la piatta accettazione dei dettami della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, facendo applicare in terra d’Egitto il varo di una serie di dispositivi finanziario-economici di natura restrittiva che ha distrutto il paese, affamando la popolazione. Oggi, alla tivvù, e sulla stampa italiana si ascoltano e si leggono anche colte e attendibili descrizioni delle diverse fazioni, dei nomi di gruppi distinti, manipolando lo sdegno dinanzi ai morti per le strade, senza spiegare come si vive in Egitto. Senza spiegare come hanno vissuto negli ultimi 5 anni e che cosa è accaduto. Non ci raccontano che in Egitto ci sono 90 milioni persone di cui, nel 2008, il 45% (pari a 40 milioni di persone) versavano in stato di “soglia al di sotto del limite della povertà” e nel febbraio del 2012 questa percentuale era arrivata al 59%, e nel giugno del 2013 aveva toccato la punta del 72%. Il laico Mubarak, il mussulmano Morsi, i generali attualmente al governo hanno rispettato gli ordini di scuderia, approfittando per accantonare miliardi di euro nei propri conti correnti nei paradisi fiscali. L’Unione Europea, dal 2008 a oggi (cioè soldi delle nostre tasse) ha versato circa 25 miliardi di euro secondo forme diverse per creare –così era sulla carta- un avanzato sistema di infrastrutture ferroviarie, di mezzi pubblici nelle grandi città, di scuole, di ospedali, di incentivi alle micro-imprese locali, soldi all’agricoltura per spingere gli egiziani a non emigrare, la creazione di un nuovo, gigantesco e poderoso avanzato sistema idrico-fognario urbano, una nuova rete elettrica sfruttando energie rinnovabili ed eco-sostenibili, il varo di un meccanismo di social welfare interno per creare imprese locali dando lavoro e abbattendo le conflittualità tra gruppi contrapposti. Niente di tutto ciò è stato fatto. NULLA. I nostri soldi, invece, con la totale acquiescenza di laici, mussulmani integralisti, riformatori non integralisti, militari, sono andati a finire nelle mani di consorzi di grandi studi di ingegneri e architetti europei legati a gigantesche multinazionali immobiliari, per creare spaventosi formicai di cemento, tirare su dei resort turistici, costruire porti per yacht da diporto privati, vendendo loro armi (l’Italia è in testa in Europa come principale fornitore) cemento, know how tecnologico, legato a interessi finanziari di gruppi europei mediatici e bancari, nel totale disprezzo sia dei dispositivi europei sia delle esigenze della cittadinanza. Abbiamo impoverito il paese, sapendo ciò che stavamo facendo, gettando milioni e milioni di persone nella disperazione esistenziale più assoluta, approfittando dell’avidità bulimica dei singoli governanti per  far passare delle leggi nazionali che hanno defiscalizzato gli oneri delle multinazionali (Eni e Finmeccanica in testa) ingozzando le banche locali di devastanti derivati speculativi finanziari che hanno spinto ai massimi la borsa valori locale. Ma hanno messo in ginocchio il paese, nel frattempo costretto (per propria scelta) a modificare tre volte la propria costituzione per immettere all’interno obblighi di rispetto di bilancio che hanno completamente devastato la già fragile struttura industriale ed economica del paese.
Lo scontro che noi oggi vediamo non è una guerra tra laici e mussulmani.
E’ l’ennesima truffa gestita dai colossi della finanza e dalla cupola mediatica.
E’ l’insurrezione di decine di milioni di poveri disperati allo sbando, ben manipolati da chi li gestisce, li organizza, e li mette gli uni contro gli altri per impedire loro di identificare il loro vero e autentico nemico: il sistema finanziario internazionale che gestisce le multinazionali dell’energia, del petrolio, dei fossili inquinanti, del mercato immobiliare, del grande turismo di massa, nel più totale disprezzo delle esigenze e della vita delle popolazioni locali. Senza Legge, se non quella del puro business. Mubarak non ha  rispettato nessuna legge rubando ( a noi europei) circa 10 miliardi di euro. Morsi non è stato da meno. In poco più di un anno si è messo da parte circa 2 miliardi di euro, a condizione che non attuasse nessun cambiamento: ha rispettato il diktat. Non appena preso il potere, un mese fa, i militari hanno congelato i conti bancari dei Fratelli Mussulmani e si sono presi i loro i soldi. Morsi rimarrà sotto sequestro finchè non avrà rivelato le password dei suoi conti correnti personali.
Le cose stanno così.
E’ inutile diffondere la retorica degli ipocriti.
La lezione da apprendere, per noi europei, consiste nel comprendere che ciò che accade oggi in Egitto accadrà domani in Tunisia, Lybia, Algeria, fino al Marocco e l’intera zona si infiammerà. Come in Europa, del resto. Con la differenza che da noi lo stile è diverso, la forma assume diverse sembianze, ma gli ordini sono sempre gli stessi. Perché la cabina di regia che emette gli ordini è sempre la stessa.
Il primo passo consiste nell’essere veri europei fino in fondo.
E’ necessario sottrarsi alla facile demagogia che spinge a sostenere le ragioni dei Fratelli Mussulmani o le ragioni dei laici civili o le ragioni dei militari.
Non va sostenuto nessuno.
Perché nessuno di questi ha mai rispettato le esigenze della collettività egiziana.
Essere europei vuol dire combattere per l’affermazione del diritto di tutti, di ogni etnia, di ogni ceto, di ogni credo religioso, per affermare come ruolo centrale della politica la fondazione del Dirittto Civile e della Legge, e il rispetto per l’esigenza della collettività perché la società appartiene alla cittadinanza.
Non siamo sudditi.
Il cancro non si trova a El Cairo o nell’ufficio di qualche gruppo terrorista.
Si trova a Francoforte e nella sede del Fondo Monetario Internazionale e nell’ufficio europeo di Ginevra della Banca Mondiale.
O ci rimbocchiamo le maniche per cambiare questa Europa, oppure finiremo per fare la stessa fine degli egiziani. Non ci saranno poliziotti che ci spareranno addosso dai tetti. Da noi si fa in modo diverso. Siamo più sofisticati, dotati di subdola e raffinata ipocrisia secolare. Si fa in modo di rimbecillire la gente in modo tale che, alla fine, in piazza non scende nessuno, perché ci pensano i cicisbei che gestiscono i talk show televisivi ad ammansire le persone. E’ più indolore, meno sanguinolento e più efficace. Si uccidono le coscienze e si addormentano le persone; i più riottosi e restii finiranno comunque per suicidarsi o diventare emarginati, scomparendo nel nulla: basta non dar loro accesso al mercato della diffusione delle idee. Magari con la promessa ventilata di regalare a tutti un viaggio premio di una settimana in uno splendido resort sul Mar Rosso. Costruito ed arredato con gusto italiano, da scenografi italiani, architetti italiani, ingegneri italiani, finanziati da banche italiane. Per loro i mutui sono sempre disponibili.
Per aiutare l’Africa, dobbiamo andare prima a cambiare l’Europa a Bruxelles.
Oppure, sarà l’Africa che irromperà in Europa con tutta la sua violenza.
E’ una questione di scelte.

E di consapevolezza.

giovedì 15 agosto 2013

Buon Ferragosto Zen



di Sergio Di Cori Modigliani

Racconto Zen per italiani pensanti e di buona volontà come traccia sul futuro che ci attende.


Lunedì mattina, il signor Mario uscì di casa per andare in ufficio. Fece la solita strada, ma c'era una buca e ci cascò dentro. Si tirò fuori ammaccato e riprese la sua strada.

Martedì mattina, il signor Mario uscì di casa per andare in ufficio. Fece la solita strada, ma c'era una buca. Si ricordò dell'esperienza del giorno prima e così ci girò intorno. Ma il terreno era franoso, scivolò e ci cadde dentro. Ne uscì fuori più ammaccato del giorno prima e riprese la sua strada.

Mercoledì mattina, il signor Mario uscì di casa per andare in ufficio. Fece la solita strada, ma c'era una buca. Mèmore dell'esperienza dei due giorni precedenti, prese un solido pezzo di legno e lo appoggiò sulla buca per passarci sopra. Il peso era eccessivo, lui ci cadde dentro. Ne uscì fuori ancora più ammaccato degli altri giorni e riprese la sua strada.

Giovedì mattina, il signor Mario uscì di casa per andare in ufficio. Fece la solita strada, ma c'era una buca. Ricordandosi ciò che gli era accaduto il lunedì, il martedì', il mercoledì, prese una lunga asta che aveva trovato per saltare la buca, ma l'asta si infilò nel terreno franoso e lui cadde dentro la buca. Totalmente ammaccato riuscì a uscirne fuori e riprese la sua strada.

Venerdì mattina, il signor Mario uscì di casa per andare in ufficio. Fece la solita strada, ma c'era una buca. Ormai era consapevole e aveva finalmente capito, perchè era intelligente e colto, che cosa doveva fare. Riempì con una colata di cemento che si era portato da casa tutta la buca e la coprì. Ci passò sopra, ma il cemento non resse e lui ci cascò dentro. Definitivamente ammaccato uscì fuori e riprese la sua strada.

Il Lunedì della settimana dopo, il signor Mario uscì di casa per andare in ufficio,. Arrivato all'incrocio della solita strada che aveva sempre percorso, alzò lo sguardo e si rese conto che c'era un'altra via, attigua, che andava verso la stessa parte. Cambiò la Via. Percorse la nuova strada e arrivò in ufficio fischiettando.

Buon Ferragosto sincero a tutti gli italiani per bene