mercoledì 31 dicembre 2014

La copertina di questo blog dedicata alla "persona dell'anno". Buon 2015!







di Sergio Di Cori Modigliani

Nel novembre del lontano 1927, la redazione del celebre settimanale americano Time, decise di stampare un numero unico con la copertina dedicata a "l'uomo dell'anno". L'intenzione era quella di sintetizzare la tendenza emergente contribuendo ad alimentare il dibattito suscitato da quella specifica persona. La prima uscita era dedicata all'aviatore Charles Lindbergh che aveva da poco attraversato l'oceano atlantico, da Baltimora a Parigi, da solo, aprendo la strada delle comunicazioni planetarie verso la modernità globale.
Da allora, si sono succedute diverse icone rappresentative dell'umore di quell'anno specifico. Meritò la copertina Josif Stalin e se la conquistò anche Adolf Hitler, dopo una convulsa riunione di redazione alla fine della quale venne presa una salomonica decisione: prendere atto che -purtroppo- il nazismo era diventato il trend emergente della cultura occidentale e quindi non poteva essere sottaciuto, ma allo stesso tempo evitando di pubblicare la sua fotografia per evitare che la sua immagine venisse diffusa e quindi fraintesa come atto pubblicitario. Negli anni'90, in seguito a epocali discussioni pubbliche aperte dalla sociologa femminista Camille Paglia, la redazione si arrese ai nuovi tempi mandando in pensione la propria idea maschilista del mondo, e sostituì il termine "man of the year" con l'espressione "person of the year" aprendolo anche alle donne.
In Usa, questo evento segnò una vera e propria rivoluzione nelle coscienze popolari.
Nel maggio del 2014 uscì il numero speciale dedicato a Laverne Cox, prima persona transgender a conquistarsi il palcoscenico, provocando in Usa l'ennesima rivoluzione nella costruzione di un nuovo immaginario collettivo.
In tempi recenti, soprattutto da quando esiste facebook, e il narcisismo patologico ha dilagato provocando una tossicomania dello spirito libero pensante, quella copertina è diventata un brand e la massa planetaria se ne è appropriata duplicandola.
Una recentissima ricerca su facebook ha rivelato che soltanto nel nostro paese sono state fatte nelle ultime settimane almeno venti copertine diverse. In tutto il mondo sembra che siano ormai quasi diecimila, comprese diverse agghiaccianti immagini fortemente volute dall'Isis che ha inteso, in tal modo, lanciare il segnale di una appropriazione del simbolo.
In teoria, questa vera e propria mania di massa avrebbe dovuto slavare e diluire la forza originaria della copertina autentica. Invece no, tutt'altro. L' ha rafforzata.
Perché tutte le copertine similTime hanno un'idea in comune: il narcisismo auto-referenziale e non la comunicazione. Sono tutte firmate da partiti, movimenti, associazioni, enti, gruppi, club, il cui fine consiste nello sfruttare il brand Time presentando se stessi come il vero trend. Questa modalità auto-pubblicitaria spesso finisce col ritorcersi come un boomerang e comunque decuplica la potenza evocativa dell'icona originale.
Quest'anno la copertina di Time è stata dedicata a una comunità, uscendo dal leaderismo mediatico. L'hanno dedicata, infatti, agli anonimi medici, infermieri, tecnici, assistenti, volontari, che in tutto il mondo, quest'anno, hanno rischiato la propria vita per dedicare la propria esistenza al fine di salvare la vita di persone a loro sconosciute.
Il trend lanciato quindi è stato identificato dai sociologi più accorti in netta contro-tendenza rispetto a questa moda volgare auto-referenziale: il 2015 sarà l'anno della comunità.

Ho deciso di partecipare alla moda corrente, seguendo però il trend proposto da Time.
E sulla base di questo principio, nel fare i miei più sentiti auguri per il 2015 (e i ringraziamenti per la fedele attenzione) a tutti i lettori di questo blog, dedico la copertina dell'ultimo post del 2014 alla comunità degli esuli in patria.
Perchè sono stati loro a produrre il meglio di questo paese nel 2014.
Perchè saranno loro a firmare la cifra del cambiamento fragoroso che porterà il 2015.

Dedico il 2014 a tutti i dissidenti, ai pensanti invisibili, agli emarginati che il potere mediatico vuol far credere che siano anche marginali.
Dedico il 2014 a tutte le menti critiche attive in una qualunque organizzazione, sia privata che pubblica, che sono stati espulsi per aver osato difendere e salvaguardare la libertà del proprio pensiero autonomo e indipendente.
Dedico il 2014 a tutti i servitori dello Stato che nell'espletamento della loro mansione e funzione, quando si sono trovati oggetto di pressione o di tentativo di corruzione hanno, naturalmente e istintivamente, senza bisogno di chiedere l'opinione a chicchessia, risposto: "No, mi dispiace, io queste cose non le faccio".
Dedico il 2014 a tutti quegli uomini che si sono svegliati un mattino sentendosi a disagio con se stessi senza sapere il perché e mentre si lavavano i denti e si radevano guardandosi allo specchio, ad un certo punto hanno visto se stessi indossare una divisa che sentivano andar loro ormai troppo stretta. Se la sono tolta e l'hanno gettata via dalla finestra, ritrovando se stessi nel nome di una comunità ideale più ampia, ideale, magari di là da venire, ma sufficiente per conquistarsi il rispetto dello specchio.
Dedico il 2014 a tutte quelle donne (e quegli uomini) che dopo i primi quattro schiaffoni (anche metaforici) ricevuti dal grande amore della loro vita, hanno avuto la geniale intuizione, il coraggio e l'ardire, di prendere il loro cuore accartocciato, far le valigie, e fuggire via a gambe levate affrontando magari l'inevitabile solitudine di una nostalgia complessa, da coltivare nell'intimità.
Dedico il 2014 a tutti quei bravi operatori dell'informazione in Italia, costretti a vivere camuffati come topi, negli squallidi verminai delle redazioni mediatiche, che si sono rifiutati di partecipare al gran ballo della deferenza servile con invito a corte, pur sapendo che lì stanno e lì rimarranno senza nessuna possibilità di far mai carriera né di ricevere un riconoscimento, una promozione, magari neppure un salario garantito. Per fortuna ne esistono ancora molti, intimiditi e intimoriti dalla solitudine del loro sensibile disagio.
Dedico il 2014 a tutti coloro che hanno scelto e deciso di abbandonare la logica del branco, capendo che non siamo animali, ma esseri pensanti e autonomi, e lo hanno fatto sentendo che ne andava della loro vita per salvaguardare e proteggere la libertà del loro pensiero, qualunque sia la loro sfera di schieramento e di appartenenza.
Dedico il 2014 a tutti gli italiani anonimi che sul petto portano cicatrici invece che medaglie.
E lo dedico anche a tutti coloro che seguitano a essere rifiutati e bocciati perchè non protetti e non garantiti ma insistono con inaudita tenacia nel seguitare a praticare il loro talento.
Dedico questo 2014 a tutti coloro che si sentono in questo paese esiliati in patria, e come tali, soli e nostalgici. 
Questa notte, all'ora zero, brindando con la mia compagna, il mio pensiero andrà a tutto il clan di questi invisibili sentendomi a loro affratellato: sappiate che non siete soli.
Non siamo soli.
Dedico questo 2014 alla comunità degli invisibili che rendono ancora vivibile l'esistenza.

Con l'augurio che il 2015, come tutti i trend più evoluti sembrano segnalare, segni l'anno in cui in prima fila sarà il concetto di "comunità", luogo di accoglienza alla pari di ogni spirito libero e fiero, dove non conterà più l'appartenenza, ma l'essenza.
Dove, finalmente, al posto delle divise ci saranno le persone.
Dedico questo 2014 a tutti gli uomini e le donne in Italia che hanno vissuto la tragica ma entusiasmante esperienza di sapere da se stessi che non sono yes man nè yes woman, perché hanno detto no a chi voleva imporre loro qualcosa che loro giudicavano sconveniente.
Dedico questo 2014 a tutti gli eretici italiani, degni eredi consapevoli di Giordano Bruno.
Il 2015 sarà l'anno delle grandi eresie: è il mio auspicio sincero.
Il mio pensiero, la mia stima, il mio rispetto, e il mio sincero affetto solidale va a tutte queste persone che non conosco.

Per tutto il resto c'è la mastercard della cupola mediatica e dei partiti presenti in parlamento.

Buon 2015!


lunedì 29 dicembre 2014

L'unica strada percorribile per i popoli europei: libertà da tutti parassiti.


"I parassiti sono invertebrati che vivono dentro o sui corpi di altri animali. Da una prospettiva biologica più ampia, il parassitismo è un adattamento negativo della lotta per la sopravvivenza, e implica sempre un modo di vita che richiede la minor resistenza possibile. I parassiti colpiscono i loro ospiti poiché si nutrono dei loro tessuti e delle loro cellule, e i danni che arrecano variano da una leggera offesa locale alla distruzione completa".

                                                            Enciclopedia Britannica. 1932.


di Sergio Di Cori Modigliani

Se osserviamo dall'esterno -muovendoci su un piano di metafora biologica- lo stato attuale del corpus sociale dei popoli europei, ci rendiamo conto di trovarci dinanzi a un incredibile quanto tragico paradosso. 
Le classi politiche e imprenditoriali dirigenti dell'Unione Europea sostengono pubblicamente di aver compreso, capito e preso atto che il "corpus" socio-economico della società è stato attaccato da parassiti pericolosi per la tenuta dell'organismo. Per combattere questi agenti patogeni, i dirigenti sostengono di aver attuato (e star attuando) dei dispositivi d'emergenza sanitaria introducendo degli agenti antagonisti, il cui fine consiste nell'eliminare i parassiti liberando quindi le energie vitali e creative del corpo posseduto.
Il fatto è che questi anticorpi sono tossici.
Nel senso che sono parassiti anche loro.
Di altra natura, di altra sostanza, a volte addirittura complessa e difficile la loro individuazione e identificazione.

La collettività nel suo insieme (il corpus sociale di una nazione) è quindi costretta a vivere con la consapevolezza che dentro di sé si sta svolgendo una furibonda lotta tra parassiti.
E' un paradosso.
Ed è quello nel quale siamo immersi, usato come cavallo di battaglia dai demagoghi, retori e mistificatori populisti di bassa lega.

E' la tragedia dei popoli mediterranei come il Portogallo, la Spagna, la Grecia e l'Italia.
Invasi da una miriade di piccoli parassiti nazionali, da sempre al servizio di re, presidenti, partiti, che hanno vissuto gloriosamente per decenni succhiando linfa allo stato centrale e costruendo dei veri e propri verminai in ogni settore dell'amministrazione pubblica.
Non facciamoci illusioni: non penserete mica che il consiglio comunale di Salonicco, di Oporto, o di Malaga, sia più pulito di quello di mafia capitale d'Italia!
Suvvia.
In Spagna, l'infanta erede al trono dei Borbone va sotto processo per corruzione, riciclaggio, truffa nei confronti del Tesoro, falso in bilancio.
In Portogallo, i consigli di amministrazione delle due più importanti banche sono state commissariate dall'Europa perché indagati e sotto accusa da parte della magistratura lusitana: è piombata la solida Europa dell'austerità e del rigore che in questo caso ha evitato di far saltare l'intero mondo finanziario del paese, cosa che avrebbe provocato un terremoto che avrebbe travolto l'euro, l'Europa, forse anche Wall Street.
In Grecia, il paese è andato avanti negli ultimi vent'anni pencolando tra un ossessivo clientelismo sostenuto dalla destra conservatrice e un ossessivo clientelismo sostenuto dalla sinistra progressista, provocando il collasso finanziario del sistema. E' arrivata l'Europa razionale che ha denunciato l'esistenza di questo invisibile meccanismo di vita parassitaria sostenendo di volerlo sanare per il bene del paese.
Applausi da parte di tutti.
Non vi è dubbio che i Grandi Parassiti di Berlino, Lussemburgo, Londra e Washington, si sono buttati con la bava alla bocca per impossessarsi della Grecia. Ma hanno avuto come ottima scusa quella di dover eliminare la miriade di piccoli parassiti che si stavano mangiando il paese.
Essendo, in realtà, più grossi, più voraci, più organizzati, più strutturati, delle piccole clientele locali di parassiti nazionali, hanno la possibilità di distruggere l'intero corpo con la scusa di eliminare i piccoli antagonisti: così vivono loro.
Perché parassiti sono e parassiti restano.

E così, sono stati introdotti nel corpus sociale dei giganteschi parassiti per combattere la miriade di piccoli parassiti. Noi tutti (nel senso di sgomenti cittadini inermi) siamo quindi testimoni impotenti di questa lotta tra parassiti di diversa natura.
Ecco perché i piccoli parassiti sono pericolosi due volte.
Oltre al danno che loro provocano, spingono a chiamare i parassiti grossi per il consueto repulisti senza il quale il pianeta non riesce a mantenere questo equilibrio.

Noi tutti camminiamo su quell'asse di equilibrio, sospesi nel vuoto.

Dipende da tutti noi cambiare passo.

Soprattutto sapere come dotarsi di efficaci, efficienti, inappuntabili anti-parassitari.

L'augurio per il 2015 è che i popoli europei riescano a trovare la forza, l'intuizione, la creatività, la dignità, il coraggio, ma -prima di ogni altra cosa- la consapevolezza che esiste solo e soltanto un'unica strada percorribile, che siate di destra o di sinistra, laici o credenti, occupati garantiti o disoccupati senza tutela: liberarsi dal sistema parassitario.

Buon Anno a tutti.

mercoledì 24 dicembre 2014

Abbandonate le trincee. Il grande paradosso del vero combattente post-moderno.



di Sergio Di Cori Modigliani

C'è una gran voglia di guerra in giro per il mondo, vedi Ucraina, Siria, Iraq, Afghanistan, Lybia, Nigeria, Somalia , ecc.

Ma c'è anche una grandiosa voglia di pace, questo è il bello.

Mentre il 2015, che si affaccia all'orizzonte, ci induce ad atroci pensieri nel comprendere che la neo-aristocrazia all'attacco è diventata consapevole delle enormi difficoltà sociali che sta incontrando nella sua guerra contro i poveri -e quindi spinge dovunque e comunque per fomentare odio e guerre facendo sbranare i dannati della Terra tra di loro, lucrandoci abbondantemente sopra- allo stesso tempo c'è da essere contenti all'idea che comincia a diffondersi sempre di più e sempre più marcatamente, un sincero, autentico e collettivo senso di pacifismo.
Quantomeno in occidente.
E' uno dei tanti risvolti dei dati macro-economici diffusi in questi giorni.
La Gran Bretagna segna il più grosso avanzamento economico nell'Unione Europea e gli Usa confermano di aver risolto la loro crisi economica segnando la progressione più forte degli ultimi cinque anni e -in termini assoluti- la produzione di ricchezza industriale più forte mai registrata negli ultimi 156 anni. Quando la borghesia ben pasciuta celebra i fasti dei suoi profitti, tende a ricordarsi della democrazia; non hanno bisogno di chiamare le bande fasciste a fare il lavoro sporco, non hanno bisogno di inventare e costruire nemici esterni contro i quali andare a dar bastonate per rinfocolare lo spirito patriottico.
La guerra è sempre un ottimo business.
Ma se la realtà dei fatti dimostra invece che la pace lo è di più, diventa davvero molto più facile affermare gli autentici valori del pacifismo internazionale.
Questa è la grande sfida che ci attende: riuscire ad affrontare e risolvere i conflitti senza far più la guerra.
La globalizzazione diventa allora elemento propulsivo per aumentare il benessere collettivo di tutto il pianeta, solo e soltanto se si postula, come principio base, la basica condizione di dichiarare l'abolizione del concetto di guerra tra i popoli, tra le nazioni, tra gli stati.

In questi giorni è uscito -rispetto a questi fatti- uno splendido libro "La tregua di Natale" (editore Lindau, Torino, 1914. 14 euro), un libro curato e ben orchestrato da Alberto Del Buono, che raccoglie le lettere dal fronte della micidiale prima guerra mondiale, la notte di natale di cento anni fa, con la fortissima sottolineatura e documentazione biografica dell'evento più bello e spettacolare mai accaduto nella storia della civiltà europea.

E' avvenuto sul fronte nord-occidentale.
Da una parte francesi, belgi e inglesi, dall'altra i tedeschi.
Senza alcun preavviso, senza alcuna strategia, dopo dieci giorni di pioggia battente, mentre i generali e gli alti ufficiali dei rispettivi comandi se ne stavano al calduccio a Parigi, Berlino, Bruxelles, con le loro famiglie, la notte del 24 dicembre 1914, alle 19.30 alcuni soldati francesi esausti dallo stress, la fame, la nostalgia, la paura, il freddo, uscirono (senza le armi) dalle trincea nella quale erano rintanati come topi in mezzo al fango e al gelo e attraversarono i 94 metri che li separavano dalle trincee nemiche, la stessa lunghezza di un campo da calcio. Invece di essere sparati, vennero accolti a braccia aperte. E, come risposta, i soldati tedeschi uscirono dalla loro trincea e andarono dalla parte opposta. Dopo un'ora erano già tutti mescolati. Si riconobbero i cacciatori, dell'una e dell'altra parte, e insieme si gettarono nei boschi per andare a uccidere dei cinghiali selvaggi invece che degli esseri umani. Ritornarono dopo qualche ora con la preda e a mezzanotte imbandirono insieme una comune cena di natale dividendosi il tabacco, il cognac e la birra che erano andati a prendere nei magazzini degli ufficiali. Il mattino dopo cominciò a nevicare e la temperatura si abbassò. Decisero di sfidarsi in una partita di calcio che organizzarono al pomeriggio sul prato che separava le due trincee. Vinsero i tedeschi per 3-2. Due settimane fa, il presidente dell'Uefa, Michel Platini, si è recato nel luogo esatto dove si sono verificati i fatti per ricordare l'evento e ha dichiarato che "si è trattata della più bella partita di calcio mai giocata in Europa la cui memoria deve essere ricordata e tramandata ai nostri figli".
Concordo.
Quando i generali, a Londra, Parigi e Berlino seppero dell'accaduto, inviarono subito dei messaggeri minacciando i loro soldati di immediata fucilazione per diserzione e insurrezione. Ma i soldati proseguirono fino al 27 a festeggiare insieme.
Poi, arrivarono i superiori che li obbligarono a rientrare nei ranghi, uccidendone qualcuno e spaventando a morte gli altri, applicando il principio folle "o vai a uccidere uno sconosciuto che magari ti sta anche simpatico, oppure io uccido te".

In Gran Bretagna, in questi giorni, sia alla televisione che alla radio e sui giornali, si sta sottolineando con enorme enfasi questo episodio.
In una delle lettere contenute nel libro, il caporale Leon Harris, del 13esimo battaglione della guardia scelta del  London Regiment, scrivendo ai genitori che si trovavano a Exeter (e trovate il tutto, nel caso vi interessi, sul sito inglese www.christmastruce.co.uk) così scriveva  "Carissima mammina,  stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle".

Per cento anni, in Europa questo episodio è stato minimizzato, sottaciuto, addirittura negato e censurato durante tutto il periodo della guerra fredda. Soltanto intorno al 1995 è stato possibile ricominciare a parlarne.
Basterebbe questo dato per comprendere quanto e come, paradossalmente, sarebbe facile.
Un gruppo di soldati che si riconoscono come persone, decidono di non uccidersi e di festeggiare insieme la ricorrenza della nascita di Colui che tutti loro accettano come il Redentore nel nome dell'amore, e per aver fatto ciò alcuni vengono fucilati.
Ma il loro comportamento è arrivato, come eredità fino a noi, ignari pronipoti.
Cento anni dopo.
A rilento, a fatica, ma il messaggio e il segnale sono arrivati.

Auguro a tutti un Natale pieno di autentica pace interiore, con la speranza di poter dire il 24 dicembre 2015 
"E' stato un anno splendido per l'Italia, possiamo davvero dire: meglio tardi che mai".


P.S. L'immagine che vedete in bacheca è la fotografia dei soldati nemici, tutti insieme, che venne pubblicata a Londra sul Daily Mirror il 29 dicembre 1914 provocando scandalo.

martedì 23 dicembre 2014

Più libri: per essere più liberi di pensare a ciò che si vuole.


di Sergio Di Cori Modigliani

Molti lettori, in questi giorni di festa, che evidentemente stimolano alla lettura, mi hanno chiesto dei suggerimenti su alcuni libri da acquistare per regalare a se stessi o ai propri cari.
Mi sono consultato con Babbo Natale e alla fine ne ho ricavato una rosa che qui propongo all'attenzione di chi vuole leggere o far leggere.

Sono tre saggi e tre romanzi.

I saggi:

1). Un testo classico, caposaldo del pensiero contemporaneo, che viene considerato all'unanimità il più importante punto di riferimento della sociologia per la comprensione dei rapporti di forza tra le classi oligarchiche e quelle subalterne. E' un testo che non può mancare in nessuna biblioteca che si rispetti. E' stato pubblicato nel 1899, e subito accolto come una meraviglia del sapere. In Italia non ha avuto molta fortuna, troppo laico, troppo poco ideologizzato, troppo aperto nel suo pragmatismo. L'autore era un grandioso libero pensatore americano, figlio di emigranti norvegesi in Usa. Si chiamava Thorstein Veblen (1857-1929). Il libro si chiama "Teoria della classe agiata" (in Italia pubblicato dalla Einaudi) ed è tuttora considerato all'unanimità la punta più alta, e più profonda, nel descrivere la struttura psichica mentale di ogni aristocrazia oligarchica. 
Può anche essere considerato un trattato socio-economico. 
115 anni dopo la sua uscita è tuttora valido e attuale, oggi più che mai.
Inossidabile, imbattibile, come ogni grande classico che si rispetti.

2). Quest'altro libro viene considerato in occidente la Bibbia del pensiero libertario, progressista e socialista democratico. 
L'autore, John Bordley Rawls (1921-2002) era un geniale e generoso pensatore statunitense. Ordinario della cattedra di Filosofia Morale e di Etica Politica all'università di Harvard conquista la stima della critica e un impressionante successo di pubblico con il testo "Una teoria della giustizia", pubblicato nel novembre del 1970. Quando uscì, divenne subito il punto di riferimento di due generazioni, e dalla costola di questo caposaldo del pensiero libertario occidentale nacque la cosiddetta "New Left", il movimento intellettuale della sinistra radicale statunitense che allora ebbe il coraggio di qualificarsi come anti-comunista. Nei primi anni'70, nelle università americane c'erano persone che imparavano a memoria interi brani di questo libro squisitamente commovente. Tuttora è considerato la punta più avanzata dell'esplorazione di quel territorio di sintesi al confine tra Etica e Politica, una zona psichica che dovrebbe essere la base formativa di ogni cittadino che intenda svolgere un'attività sociale e/o politica. Curiosa, per non dire davvero tragica, la sua uscita in lingua italiana. Il più coraggioso, colto e visionario editore italiano di quegli anni (Giangiacomo Feltrinelli) colse subito il poderoso effetto che quel libro avrebbe potuto produrre ma gli venne soffiato via dalla nomenclatura comunista dell'epoca, terrorizzata all'idea che questo testo (allora si leggeva molto) potesse circolare. Acquistò i diritti per l'Italia la Einaudi, ma non lo pubblicò. Lo acquistò per censurarlo, venendo incontro al diktat del Partito Comunista Italiano. Così facevano allora i comunisti per imporre la censura intellettuale dall'alto (nei paesi capitalisti) senza avere rogne: acquistavano i diritti di libri scomodi per avere il titolo legale del possesso e poi non lo pubblicavano. In Urss, in quegli anni, la sua lettura era vietata, pena l'arresto immediato. Italo Calvino ruppe formalmente i suoi rapporti con la casa editrice di Torino proprio su questo scoglio. Considerò folle e ignobile questo atteggiamento e se ne andò via sbattendo la porta trasferendosi a vivere a Parigi. Il libro è uscito in Italia (un'ottima traduzione) soltanto dodici anni dopo nel 1982, presso la Feltrinelli, che lo ha ripubblicato con una nuova introduzione nel 2008. Il nostro paese medioevale è talmente arretrato, bloccato nella sua miopia ideologizzata, che ancora oggi di questo libro nessuno ne parla mai e da noi non ha avuto alcun seguito, ad eccezione delle rare persone davvero libere e intellettualmente aperte. Quattro anni fa è stato ristampato in Usa ed è diventato (per la terza volta in 40 anni) un libro culto per la nuova generazione. E' considerato il padre nobile di occupywallstreet.
Da non perdere.

3). Un libro tragicamente attuale, firmato dal più noto e importante filosofo e sociologo vivente, il polacco Zygmunt Bauman (1926) che insegna all'istituto di sociologia dell'università di Leeds, in Gran Bretagna. Il testo si chiama "Danni collaterali", sottotitolo "diseguaglianze sociali nell'età globale" ed è stato pubblicato nel 2013 dalla editrice Laterza di Bari. Bauman è noto perchè la vulgata corrente lo definisce "il coniatore del termine economia liquida". Questo libro, uscito in tutto il mondo nel 2011, è stato pubblicato in Italia soltanto due anni e mezzo dopo senza nessun clamore, commento, recensione di rilievo. In questo testo, l'autore spiega perchè ha scelto un titolo prendendo a prestito un termine militare, per l'appunto "danno collaterale". Identifica la situazione attuale come uno scenario totalmente bellico (dal punto di vista esistenziale e sociologico) perchè la neo-aristocrazia planetaria occidentale (destra e sinistra insieme in forma consociativa consapevole) ha dichiarato guerra alla società con la dichiarata strategia a tavolino di eliminare dal mercato la più alta percentuale possibile di persone per cinesizzare la pratica del lavoro, riducendo l'individuo a un numero statistico. La "persona" cessa di venir considerata un essere umano, perchè diventa un semplice "danno collaterale" nella guerra in corso. Di lettura semplice e avvincente, lo considero (ahinoi) di stringente attualità.



La narrativa:

Ho scelto tre romanzieri appartenenti alla cultura a me più affine, quella latina mediterranea.
Uno è un anarchico cattolico, spagnolo; l'altro è un ebreo socialista, francese; il terzo è un laico radicale libertario, italiano.

1). Arturo Perez Reverte (Cartagena 1951) è il più famoso romanziere vivente spagnolo.
Successo ampiamente meritato. Ha lavorato per 25 anni come corrispondente di guerra per El Pais per poi dedicarsi completamente alla fiction. Questo libro si chiama "Il tango della vecchia guardia" pubblicato in Italia nel 2013 dalla Rizzoli di Milano. Sono circa 500 pagine. Ha scritto gran parte di questo libro in Italia.
E' una bellissima storia tra un uomo e una donna che si dipana nell'arco di 40 anni.
Si incontrano nel 1928 a Buenos Aires, si amano furiosamente e poi si separano. Si incontrano di nuovo nel 1936 a Nizza durante la guerra civile spagnola, e lì se la devono vedere con agenti segreti dell'Italia fascista, i tedeschi, i repubblicani spagnoli. Infine si incontrano di nuovo a Sorrento nel 1966 alla vigilia dei loro 70 anni.
Lui è cresciuto in mezzo alla strada in un quartiere molto povero. E' anarchico. E' un truffatore, un ladro, un gigolò. Intelligente, bello, elegantissimo, affascinante seduttore. Lei, invece, è una donna dell'alta borghesia ricca spagnola. Bella, radiosa, elegantissima, capricciosa. Si incontrano su una pista di tango e si attraggono senza pudori pur odiandosi. Lui la vuole rapinare e fuggire via con il malloppo; lui è livoroso e rabbioso e i ricchi vanno depredati ed espoliati per essere puniti. Lei, dal canto suo, vuole esercitare il suo potere di casta privilegiata e lo considera una canaglia. In realtà si odiano, e se lo dicono pure.Ma l'odio che li macina non li fa mai diventare nemici perchè la passione erotica tra i due li mantiene nei decenni sempre legati. E' una storia di odio sociale che diventa amore reale grazie all'erotismo in tutte le sue forme. Accolto con entusiasmo dalla critica è diventato un romanzo culto in tutto il continente americano di lingua spagnola.

2). Patrick Modiano (Parigi 1946) ha vinto quest'anno il premio Nobel. In Italia è tuttora quasi sconosciuto. Questo romanzo è quello al quale sono maggiormente affezionato. Si chiama "Nel caffè della gioventù perduta" uscito due mesi fa per la Einaudi. E' una bellissima storia che racconta le vicende di Louki, una ragazza che frequenta il cafè Le Condè, nei pressi de l'Odeon, dove si incontrano intellettuali, attivisti politici, artisti, perditempo, black bloc. Lei rappresenta il simbolo della libertà, incarnato in una giovane donna che non vuole legami, non vuole strutture, non cerca radici, ma vive in un costante eterno presente. Lei è al centro dell'attenzione di tutti gli avventori. E la sua figura viene raccontata da diversi maschi, ciascuno dei quali descrive una donna completamente diversa. Le femmine ameranno questo romanzo.

3). Un romanzo per capire davvero la mafia. 
Molto spesso genitori attenti che vogliono incitare i propri giovani figli a interessarsi e comprendere che cosa sia la mafia, regalano loro dei saggi scritti da magistrati o libri inchieste firmate da giornalisti famosi.
Personalmente non sono d'accordo su questo modalità pedagogica.
Penso che questo libro (una splendida novella di poco più di 100 pagine) proprio perchè affronta la tematica con la libertà della sublime narrativa d'autore, ci regala qualcosa di più importante: il sapore, il colore, il significato di che cosa sia sempre stata (e sia tuttora) la mafia siciliana. Ce ne dà il Senso. 
Il romanzo si chiama "A ciascuno il suo". 
L'autore è Leonardo Sciascia (1921-1989) ed è squisitamente profondo nella sua apparente leggerezza.
Soltanto un siciliano e un poderoso narratore, dotato di tecnica impeccabile e di solida conoscenza della tessitura di una storia, poteva regalarci una chicca assoluta come questa.
Vale molto di più di ogni saggio pomposo o inchiesta denuncia.
Scritto e pubblicato nel 1962 ne fecero anche un bellissimo film interpretato da Claudia Cardinale e Franco Nero.
Quando in Italia si leggeva e si pensava.
Soprattutto, quando si sapeva scrivere.



Auguro a tutti i miei lettori un sincero Buon Natale.


lunedì 22 dicembre 2014

Che cosa vogliono i massoni da noi? E poi, quali massoni?



di Sergio Di Cori Modigliani

E' uscito da poche settimane, per i tipi dell'editore Chiarelettere di Milano, il libro "Massoni, società a responsabilità illimitata" sottotitolo: "La scoperta delle Ur-Lodges", firmato da Gioele Magaldi, con la collaborazione della giornalista Laura Maragnani (19 euro). 
Sono 650 pagine fitte di notizie, che ritengo fondamentali per chiunque voglia comprendere, con il necessario distacco sereno, come si compone, si struttura e opera la nomenclatura planetaria che gestisce la formazione dei governi nazionali e decide le nostre esistenze.

Chi è Gioele Magaldi?
Ma -ciò che più conta in questo momento- che cosa vuole da noi?
Che cosa ci sta dicendo?
Che cosa ci sta chiedendo?

Il libro esce in un momento molto delicato per la nazione, con azzeccata tempistica.
Due anni fa, lo stesso libro sarebbe finito in un gigantesco calderone di denuncia e sarebbe stato maciullato dalla emergente industria dell'indignazione, la pubblicistica corrente ne avrebbe colto i frammenti più esplosivi per costruirci poi sopra le più disparate argomentazioni e il libro sarebbe finito, inevitabilmente, per essere identificato come "un insostituibile strumento di denuncia" o qualcosa del genere.
Se invece l'editore e gli autori avessero deciso di aspettare ancora almeno un altro anno, sarebbe stato troppo tardi, non vi è dubbio.
E' ciò che gli americani definiscono "perfect timing", ciò che loro considerano il sale e la struttura portante di qualunque forma di attività e battaglia politica.
Anche l'antica civiltà ellenica la pensava come gli statunitensi, loro lo chiamavano καιρός (si legge cairos) e per i greci significava soprattutto "il tempo di Dio" ovvero un momento molto particolare dell'esistenza in cui gli accadimenti trovavano la totale assistenza e protezione dell'Olimpo, e quindi non potevano che avere un esito fortunato -se il fine era il bene-oppure essere foriero di tragedie annunciate, se il fine era invece malevolo.
Il punto è proprio questo.

Gioele Magaldi è un massone italiano a tutto tondo.
Appartiene alla tradizione italiana del pensiero socialista liberale, radicale, libertario e democratico, orgogliosamente anti-fascista e furiosamente anti-comunista. Questo filone di pensiero è sempre stato combattuto in Italia dal potere oligarchico perché considerato, giustamente, il più pericoloso per le aristocrazie imperanti del privilegio. E' la tradizione di Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, i due autori del "Manifesto di Ventotene" la base teorica e intellettuale degli Stati Uniti d'Europa, scritto nell'estate del 1943 quando si trovavano al confino, esiliati in patria dal governo fascista, rei di essere dei liberi pensatori. Una storia tutta italiana che viene da lontano e si riallaccia alle lotte risorgimentali portate avanti da Giuseppe Garibaldi e da Giuseppe Mazzini, quando essere massoni stava a significare essere patrioti che combattevano per liberare la nazione dall'oscurantismo ecclesiastico della curia romana e dall'asservimento alle grandi potenze europee che non vedevano di buon occhio l'affermazione in Italia di principi democratici, laici, autonomi, indipendenti e indipendentisti.
In quanto progressista, Gioele Magaldi, nella sua attività massonica, si è scontrato in Italia con un'idea vetusta della massoneria, che interpretava se stessa come istituzione che dovesse essere più ligia agli aspetti ritualistici e formali piuttosto che recuperare la grande tradizione mazziniana ponendosi come avanguardia intellettuale, per affermare nel nostro paese gli ideali libertari di una società evoluta e aperta. Impossibilitato ad operare secondo i suoi codici caratteriali e culturali, sceglie ad un certo punto di dar vita a un movimento dal   nome "Grande Oriente Democratico" nel quale chiama a raccolta i massoni progressisti.
Il libro appena pubblicato è il frutto di una lunga elaborazione, un lavoro collettivo che lui firma, assumendosi la responsabilità personale, politica, legale (altrimenti che Maestro sarebbe?) delle informazioni contenute. Come lui stesso riferisce, grazie alla collaborazione dei suoi fratelli massoni, ha avuto la possibilità e l'opportunità di avere accesso ad archivi segreti della massoneria che -per definizione- non sono di pubblico dominio. Ci offre l'affascinante quadro del back office del potere e ci porta nelle stanze oscure e segrete di quelli che comunemente vengono definiti "i poteri forti". Ne esce un quadro di interpretazione della realtà socio-politica degli ultimi 60 anni di vita planetaria, davvero originale. Se la cupola mediatica avesse scelto e deciso di commentare e argomentare questo testo, sarebbe stata costretta a usare un unico aggettivo "sconvolgente".
Lo è. Non soltanto per ciò che dice.
Il Senso, infatti, va oltre il significato delle notizie e delle informazioni.
Non è affatto un libro scandalistico, e non è neppure un testo di denuncia.
E' sconvolgente, perché -se usato come arma intelligente- può rappresentare davvero l'opportunità per noi tutti di leggere e interpretare fatti avvenuti e, di conseguenza, avere la possibilità di sconvolgere i loro piani, frutto di una strategia neo-aristocratica per imporre la garanzia di salvaguardia dei privilegi garantiti a una ristretta oligarchia di eletti.
Per questo se ne dovrebbe parlare. 
Almeno solo per avere l'opportunità di fare connessioni.

Il libro, molto denso e lungo (650 pagine) non contiene nessun documento, nessuna fonte, nessun link, nessuna prova.
Richiesto di una spiegazione, Gioele Magaldi ha risposto pubblicamente che la mole dei documenti a sostegno di ciò che è scritto nel libro è tale da raggiungere circa 6.000 pagine di documentazione d'archivio. Questo fatto avrebbe reso il libro impubblicabile. Considerando però le esigenze comprensibili delle persone citate nel libro, data la loro caratura, è stato stabilito di mettere a disposizione le prove, i documenti, le fonti, se necessario. Soprattutto se richiesto.

Finora nessuno ha osato protestare.
Preferiscono far finta di niente.
Hanno scelto il silenzio, scommettendo sul fatto che nessun deputato, nessun senatore, avrà il coraggio di chiedere ragguagli al governo.

Questo libro, quindi, diventa un'ottima potenziale arma per l'intera cittadinanza.
Abbiamo il diritto di sapere se ciò che è scritto sia vero oppure no.
E lo vogliamo sapere dai diretti interessati.
Per quanto riguarda loro, ne va della loro immagine e reputazione.
Per quanto riguarda noi, ne va del nostro presente e del nostro futuro.

Non è possibile non parlare pubblicamente del contenuto di questo libro.
Non si tratta di un romanzo o di una ipotesi.
Ritengo che sia un atto d'accusa molto forte nei confronti della classe politica e imprenditoriale italiana che risulta -a tutti gli effetti-asservita a interessi terzi, extra italiani, transnazionali, dato che ogni assunto può essere provato e documentato.
Dipende da tutti noi spingere queste persone a fornire risposte ufficiali in pubblico.
Dipende da tutti voi.


mercoledì 17 dicembre 2014

Ma Putin è il buono o il cattivo? In margine alla crisi russa.


"In Italia i fascisti si dividono in due grandi categorie: i fascisti e gli anti-fascisti".

                                                                                     Ennio Flaiano, 1962




di Sergio Di Cori Modigliani

La Russia traballa (così appare) e di conseguenza i mercati finanziari tremano (così sembra). 
Vladimir Putin non è il buono della tragedia in corso che va in scena. Ma non è neppure il cattivo. Ci sono individui, come Marie Le Pen, Giulietto Chiesa e Matteo Salvini, che lo hanno eletto a eroe dei due mondi. E altri individui, come David Cameron e Matteo Renzi, che lo hanno eletto a responsabile principale della cosiddetta "crisi in corso".

Nell'aprile del 1920, Vladimir Lenin (tra i pochissimi al mondo che negli ultimi 200 anni la rivoluzione l'ha fatta per davvero, nella realtà e non solo a parole) pubblicava un piccolo saggio fondamentale che già dal titolo annunciava la grande sfida che attendeva le forze progressiste planetarie "L'estremismo malattia infantile del comunismo".
Questo testo delizioso preannunciava la furibonda lotta che, di lì a quattro anni (dopo la sua morte) si sarebbe scatenata tra Josif Stalin e Lev Trotzky. 
Con i risultati e le conseguenze che sappiamo.
Vladimir Putin è un burocrate piuttosto ottuso, iper-liberista, grande sostenitore dei mercati finanziari, che sta all'est nello stesso identico modo in cui Angela Merkel sta all'ovest.
Sono entrambi due facce della stessa medaglia, non a caso convivono entrambi nella stessa importantissima loggia massonica internazionale (la loggia Eurasia) come viene accuratamente e diligentemente spiegato da Gioele Magaldi nel suo esplosivo libro "Massoni, la scoperta delle Ur-lodges" pubblicato da Chiarelettere, in questi giorni in libreria.

Leggere facebook e i siti on-line italiani, oggi, è davvero molto interessante oltre che avvilente. In Italia si insiste nel seguitare a cavalcare il comodo destriero della contrapposizione ideologica per coltivare il proprio osceno orticello elettorale, letteralmente "inventando" comunisti e fascisti, localisti e globalisti, rivoluzionari (a parole) e reazionari, quando, in verità, il mondo post-moderno si sta avviando verso un Nuovo Ordine Mondiale (planetario, nei fatti e nella realtà, nessuno escluso). 
Il tentativo di costituire un regime neo-aristocratico, oligarchico e liberticida per portare al successo il piano di "cinesizzazione" del mondo del lavoro e di abbattimento dei diritti civili, si sta scontrando contro un'opposizione progressista (post-ideologica) che cerca di organizzarsi per garantire la realistica esecuzione di piani socio-economici alternativi, nel nome della re-distribuzione della ricchezza e della diffusione di un nuovo benessere collettivo.
Il Messico, ad esempio -qui inteso come società civile- comincia a insorgere indignato e scende in piazza protestando contro il sequestro e la scomparsa di 27.000 giovani. L'Ufficio internazionale dell'Onu che si occupa di combattere il traffico degli stupefacenti ha calcolato che soltanto nell'ultimo quinquennio 1500 aziende europee hanno investito complessivamente nella borsa messicana circa 2000 miliardi di euro, creando una gigantesca ricchezza monetaria in quel paese che ha consentito al 5% della popolazione di decuplicare la quantità delle proprie rendite massacrando la classe media e depauperando l'intera società, oggi ridotta alla fame.
Il crollo del prezzo del petrolio è una concausa della crisi russa.
Ma è una conseguenza della politica iper-liberista che ha distrutto in Russia l'ambiente, che ha costruito una nuova oligarchia di mega miliardari, non investendo in infrastrutture, azzerando gli investimenti in istruzione, ricerca scientifica, innovazione, per scegliere di impiegare tutte le risorse dello Stato nel petrolio, nei carboni, nel gas, basando l'intera economia sui fossili e sui bisogni energetici altrui (nel senso di nazioni estere acquirenti). 
Ma il resto del mondo sta andando da un'altra parte, in cerca di autonomia energetica, soprattutto da fonti rinnovabili.
In Usa il più grande investitore finanziario nel mercato fotovoltaico e nella diffusione di energia alternativa eco-sostenibile è la Texaco che solo nel 2013 ha investito ben 14 miliardi di dollari soltanto in pubblicità. In Germania e in Giappone (due colossi che non hanno neppure una goccia di petrolio o di gas) hanno iniziato a investire massicciamente grosse risorse statali con un unico e dichiarato obiettivo: raggiungere entro il 2040 la totale indipendenza e autosufficienza energetica. 
Il clamoroso risultato elettorale delle amministrative in Turingia, un mese fa (importante regione della Germania orientale) la dice lunga sulle nuove tendenze in atto. E' la regione con la più vasta diffusione di investimenti nell'energia alternativa. Contrariamente a tutti i sondaggi, ha vinto la Linke (sinistra radicale) che ha "asfaltato"  (termine di moda) sia i democristiani della Merkel che i socialisti di Schulz. Il loro leader ha annunciato che formerà un governo locale di alleanza con i grunen (i verdi ambientalisti tedeschi) e a febbraio del 2015 lanceranno il più avanzato piano energetico mai proposto in tutto il continente europeo.
In Italia, nessun dibattito, nessuna analisi, nessun rilievo alla notizia.

La Russia paga oggi il prezzo delle proprie scellerate scelte politico-economiche.
E' il risultato della miopia iper-liberista. Basta che cambi il vento della domanda e dell'offerta e crollano le nazioni, per intero, come castelli di carta.

Questo è il vero problema di cui bisognerebbe parlare.
Bisogna essere dei bambini come Salvini ( ultraliberisti che amano il petrolio e i fossili) per avere come punto di riferimento un'idea perdente dell'esistenza.
Di sicuro non ha mai letto lo squisito libro di Lenin.
Se è per questo, non deve averlo mai letto neppure Putin.
Infatti, si comporta come un bambinone.
Il guaio è che, a rimetterci, come al solito, sono i popoli.

Questa è la logica contro la quale dobbiamo andare per combatterla.

Da adulti.

martedì 16 dicembre 2014

Il parco del tramonto: i popoli o le oligarchie?




di Sergio Di Cori Modigliani

Il mondo è in subbuglio, ormai dovunque, tranne qualche isola fortunata.
La gente protesta, si indigna, manifesta, in tutto il pianeta.
Vale per gli europei quanto per gli americani, gli africani e gli asiatici.
In ciascuno di questi continenti avviene in maniere diverse perché -apparentemente- le problematiche sono distinte, e quindi localizzate.
Chi (in Africa) se la deve vedere con i terroristi, le guerre civili, la fame e la militarizzazione da parte delle grandi multinazionali dell'energia e dell'alimentazione, chi invece se la deve vedere con la diffusione capillare di un neo-schiavismo e un neo-colonialismo di ritorno (in Asia); non stiamo meglio noi (in Europa) perché ce la dobbiamo vedere con 40 milioni di nuovi poveri, la fine della democrazia, l'austerità e una moneta da strozzini; infine c'è il continente americano, da sempre terra d'assalto e d'occupazione della forza imperiale statunitense che ha sempre imposto le politiche e lo stile di vita che voleva.
Nonostante le diversità culturali, etniche e geografiche, c'è un elemento unificante in tutte le manifestazioni planetarie di opposizione. Parcellizzati, sparpagliati, senza alcun collegamento, i movimenti antagonisti e di resistenza al Nuovo Ordine Mondiale delle neo-aristocrazie, hanno in comune due elementi fondamentali: a). Al di là di ogni localismo e regionalismo, pongono la tematica dei diritti civili (nonché la salvaguardia dei principi basici nati con la rivoluzione francese) come l'elemento cardine della propria opposizione; b). Le avanguardie di tutti questi movimenti, siano africani, asiatici, americani o europei, pongono il "progetto culturale" come il perno fondamentale e inossidabile di una nuova e diversa interpretazione del mondo che riguarda le esistenze quotidiane di tutti noi.
Non da noi.
Nel senso in Italia, come nazione e popolo.
Intendiamoci,  i demagoghi e capi-popolo di bassa lega si trovano dovunque e comunque, non siamo certo originali. Ma, nei luoghi occidentali più interessanti dove, in questo periodo, sta montando la protesta collettiva, come in quasi tutto il Sud America, in Messico, in Usa, in Spagna e in Portogallo, la caratteristica da sottolineare consiste nel taglio inedito dei movimenti antagonisti emergenti.
C'è un progetto culturale collettivo forte e, se da una parte abbiamo (com'è ovvio e consuetudine) la truppa mediatica che riprende la folla inferocita e intervista i più accalorati facinorosi, dall'altra parte abbiamo invece il riscontro provato di una classe intellettuale emergente che sta mettendo a disposizione della collettività la strumentazione critica di cui è dotata. Questo è ciò che manca in Italia, dove l'antagonismo è ormai identificato con lo sdegno generale, tinto di malumore, rabbia, livore e aggressività, che i talk show amplificano dando voce -tranne rare volte- a chi è in grado di alzare il livello dell'audience esprimendo ferocia al posto delle argomentazioni sensate, delle elaborazioni, dell'offerta di soluzioni alternative immediate, efficaci ed efficienti.

I movimenti collettivi sono tutti autoctoni, questo è l'aspetto positivo.
Non potrebbe essere altrimenti.
In Messico, dopo anni di atroci nefandezze e di coinvolgimento della classe politica locale negli affari criminali dei produttori di cocaina, una protesta nazionale guidata dai maestri rurali e dagli accademici delle facoltà umanistiche, sta bloccando la nazione. 
In Usa, è iniziata da novembre una protesta di cui in Italia arrivano pochi echi, e niente notizie, forse non a caso. Non vengono diffusi reportage su ciò che sta accadendo a Berkeley, Princeton, Stanford, Columbia, e su come la popolazione reagisce a quella che i sociologi statunitensi definiscono "la prima grande ondata generazionale di protesta collettiva dal 1962". E non riguarda i soldi, neppure il razzismo. Non è una protesta di afro-americani contro il razzismo, non è solo questo.
Si tratta anche di altro.
Quarantacinque giorni fa, il mondo mediatico statunitense (la sezione affari) è rimasto sconvolto dagli ultimi dati: i talk show letteralmente crollati come audience. CNN da 25 milioni di telespettatori al giorno è scesa a un milione, con una perdita di investimento pubblicitario pari a -85%. Poi c'è stato l'episodio di protesta in Missouri e CNN ha tentato disperatamente di cavalcare la vicenda ingigantendo a dismisura l'evento.
Ha funzionato per due giorni. Da 1 milione l'audience è risalita fino a 18 milioni.
Poi è uscito un editoriale sul New York Times che spiegava la questione minimizzando l'aspetto "strettamente razziale" ma amplificando l'aspetto "decisamente civile e di protesta per il ripristino dei diritti democratici". Dopo una settimana, CNN è ritornata ai suoi livelli. Anzi, ancora più bassi, al di sotto del milione di utenti al giorno.
E sono iniziati gli scontri tra polizia e manifestanti a Berkeley, a Stanford, a Ucla a Los Angeles. Ma non erano neri contro bianchi. O meglio, non erano solo neri o soprattutto neri. C'erano, invece, soprattutto professori e studenti, professionisti, cittadini appartenenti alla classe media massacrata dai colossi della speculazione finanziaria. E per la prima volta negli ultimi cinquant'anni, in Usa si è aperto il fronte di una fortissima identità collettiva antagonista contro il potere costituito, come non si era mai visto prima. E tra i manifestanti c'erano anche cartelli contro la CNN e contro i talk show televisivi.
E' stato definito "occupywallstreet 2.0", con la consueta superficialità manipolatoria. Ormai ipnotizzati da twitter, gli schiavi digitalici mediatici reagiscono come robot: devono identificare, attribuire un nome e una firma riconoscibile e poi ridurre il tutto al numero di caratteri sufficiente per lanciare il mantra dei nostri tempi: l'annuncio.
Ma in Usa, la socialità e le nuove modalità della comunicazione inter-attiva tra cittadini sta cambiando e in modo molto diverso che da noi. E gli americani che protestano vantano quattro aspetti che da noi sono tragicamente latitanti.
1). Gli Usa sono diventati una nazione post-televisiva. I telegiornali viaggiano su un indice di gradimento mediamente intorno al 5% di media nazionale. Per non parlare dei talk show, che hanno una media anagrafica di telespettatori intorno ai 65 anni.
2). I movimenti organizzati di protesta sono tutti inequivocabilmente post-ideologici e caratterizzati da una fortissima identità territoriale, legati alla comunità di riferimento, e sono tutti leaderless, ma sul serio, non come da noi.
3). L'economia va molto molto meglio, il tasso di disoccupazione è in netta discesa ed è assestato su un 5,6%, il che -è intuitivo- aiuta la richiesta di salari più equi e una maggiore redistribuzione delle ricchezze perché, venendo meno l'assillo della ricerca del lavoro, ci si può occupare di cose come la dignità e il decoro del lavoro. Tanto è vero che lo slogan unificante di questo tipo di protesta ha davvero perforato l'immaginario collettivo della nazione: no more slaves, mai più schiavi. I professionisti bianchi che marciano accanto agli afro-americani non lo fanno nel nome di una solidarietà o di un principio ideale, bensì perché intimamente complici nella consapevolezza che il nemico da battere è comune, per tutti i popoli e i cittadini del mondo: il neo-schiavismo imposto dalle neo-aristocrazie del mondo iperliberista di centro-destra o centro-sinistra.
4). A differenza dell'Italia, la media dell'istruzione e della cultura nella generazione dai 18 ai 35 anni è aumentata nell'ultimo quinquennio in maniera eccezionale (e questo è il più grande merito dell'amministrazione Obama) e i dati del mercato sono davvero confortanti: chiudono le grandi catene di librerie in franchising che monopolizzavano il mercato e aprono a raffica piccole librerie indipendenti. Nascono come funghi case editrici indipendenti che fanno lauti profitti. Nel 2012 i lettori sono aumentati del 12% rispetto all'anno precedente. Nel 2013 del 24% rispetto al 2012, e la ABA (American Booksellers Association) l'associazione dei librai, ha annunciato un mese fa che nel 2014 i lettori sono aumentati di un ulteriore 35% rispetto al 2013 battendo il record storico di alfabetizzazione e di diffusione di lettori. Questo ha stimolato la genesi di una nuova generazione di intellettuali e scrittori che partecipano attivamente al dibattito politico in atto. 
Lo si poteva capire, il trend che si andava sviluppando, già qualche anno fa. L'immagine che vedete in bacheca riguarda il romanzo "Sunset Park" scritto da Paul Auster, uno scrittore affermato che ha oggi 60 anni. Questo libro, uscito nel 2012 (pubblicato con un'ottima traduzione in italiano dalla casa editrice Einaudi alla fine del 2013) racconta la storia di un gruppo di persone che occupa abusivamente una casa. Un tema a noi caro e di stringente attualità. Il romanzo, quando è uscito, ha avuto un enorme successo (meritato, meritatissimo) sia di critica che di pubblico. Era lo stesso periodo in cui da noi si chiudevano le librerie, gli indici di lettura crollavano al minimo storico, il gruppo Mondadori lanciava la piattaforma "glaming" (sintesi di glamour e gaming) entrando nel mercato delle slot e dei casinò on line e il corriere della sera (e la Rai) decidevano di lanciare Fabio Volo come il nuovo maitre a penser dell'Italia attuale. L'aspetto interessante di questo romanzo consiste nel fatto che  i personaggi sono tutti membri di una classe media socialmente degradata ma spiritualmente consapevole. Uno dei protagonisti ha iniziato a lavorare in una multinazionale ma poi se n'è andato, invece di far carriera, "perché qualcosa, ad un certo punto, è andato storto". Acquista un vecchio deposito fatiscente e lì apre "la clinica per oggetti rotti" dove s'inventa una nuova forma di artigianato: ripara frullatori, tostapane, aspirapolvere, oggetti che le persone, di solito, buttano quando non funzionano più. Lui li ripara, e i suoi clienti sono individui che con quegli oggetti hanno stabilito un rapporto quotidiano, e si sono stancati di partecipare allo spreco collettivo. I personaggi sono persone alle quali, nella vita, ad un certo punto qualcosa è andato storto. Si ritrovano insieme in quest'epopea ribellista, completamente inusuale per loro. Finirà (siamo in Usa) in maniera brutale e violenta, quando la polizia, all'alba di un giorno sotto Natale farà irruzione per sgomberare l'edificio.
Questo libro ha innescato un poderoso dibattito sociale in America, perché ha centrato la questione: "qualcosa è andato storto". 
E' l'incontro di tutti nel mondo post-moderno, post-ideologico, post-democratico. 
Dove si abbatte la solfa dei partiti, il narcisismo dei leader carismatici, la burocrazia del denaro, e si prende atto che siamo -noi popoli tutti- sulla stessa barca dove dobbiamo porci l'un l'altro la domanda base, l'unica che davvero conta: "che cos'è che è andato storto?". 

Porre domande è il compito di una classe intellettuale responsabile, attenta, rigorosa e militante. 
E da qui ripartire.

Perché è ormai chiaro a tutti che non si tratta di crisi economica, non si tratta di euro o non euro, non si tratta di restare o uscire dalla NATO, si tratta della resa dei conti tra due diverse e opposte interpretazioni dell'esistenza: la neo-aristocrazia oligarchica che deve salvaguardare i privilegi a tutti i costi, spesso difendendo una società immonda di corrotti criminali e analfabeti e la novità dell'irruzione dei popoli sullo scenario della Storia: l'imprevisto regalo che il web ha fatto a tutti.

Mentre noi dobbiamo vedercela con mafiosi di varia natura e inevitabilmente il livello del dibattito si abbassa, esistono zone del mondo dove le tematiche di una nuova idea di comunità, di una solidarietà fattiva e partecipativa, di una diversa interpretazione dell'esistenza che metta al centro l'idea dell'essere umano come risorsa da valorizzare, salvaguardare, difendere e promuovere, avanzano poderosamente entrando nella società post-moderna e nel clima della post-democrazia. Lo stesso discorso che vale per gli Usa si potrebbe fare per l'Argentina, il Brasile, l'Uruguay e la Spagna, nazioni dove si registra un enorme fermento culturale e tutti gli indici della diffusione di istruzione, di lettura e di vendita di libri viaggiano verso l'alto: loro hanno invertito la tendenza. Perchè hanno una forte progettualità culturale e solide avanguardie colte che partecipano, fornendo strumenti di elaborazione utili e necessari per la crescita collettiva della comunità.
La democrazia diretta che non vuole avere più niente a che fare con i partiti verticali, che non considera più i leader politici come referenti e che si rapporta con la creatività dei giovani, comincia a farsi strada e si afferma come nuovo modello di socialità.
La strada è quella, a mio avviso.
Come al solito, da bravi provinciali mitomani, dall'impero Usa seguitiamo ad importare il peggio e gli aspetti più deteriori e criminali, senza raccogliere il meglio delle loro suggestioni.
Suggerimenti da non sottovalutare.
Leggete quel romanzo e lo capirete da voi.



P.S.
La settimana scorsa si è conclusa a Roma la fiera della piccola e media editoria. I dati diffusi segnalano un calo notevole delle presenze e delle vendite rispetto all'anno scorso, -45% di presenze, -72% di vendite. I media nazionali non hanno ritenuto opportuno discutere di questo argomento, forse perché considerato irrilevante per la salute del Paese.

venerdì 12 dicembre 2014

Da dove viene la Borsa Italiana? Dove va? Perchè la sua direzione riguarda l'intera cittadinanza?


"Il libero pensatore ritiene che gli individui non debbano accettare acriticamente come vere delle idee proposte, ma debbano passare al vaglio della conoscenza e della ragione. Infatti i liberi pensatori tendono a costituire le loro certezze e le loro idee sulla base dell'osservazione scientifica della realtà e sui principi logici.
Il pensiero libero postula come condizioni fondamentali una prospettiva gnoseologica, interpretativa ed espressiva. Un libero pensatore ritiene infatti che la conoscenza non deve essere determinata dall'autorità, dalla tradizione o, in generale, da qualsiasi altra visione dogmatica, ma essere una libera ricerca e che la libertà di ricerca si coniuga con la libertà interpretativa rispetto a canoni precedentemente fissati. In questo modo essi sono indipendenti dalle eventuali logiche fallaci o errate proposte dall'autorità, dalla cultura popolare, dai pregiudizi, tradizioni, leggende metropolitane e, in generale, qualsiasi visione dogmatica della realtà. Poiché le credenze popolari sono molto spesso basate su dogmi, il libero pensatore è molto spesso in contrasto con la visione comune delle cose".
                                                                     
                                                                                       definizione proposta da Wikipedia




di Sergio Di Cori Modigliani

Il cancro del conflitto di interessi.

La borsa va su, la borsa va giù, è cosa nota.
In Italia, dove la percezione della realtà politica, economica, esistenziale, viene filtrata abilmente (dai cosiddetti leader) unicamente in funzione auto-referenziale, subdolamente emotiva, e raramente legata ad argomentazioni razionali dove invece ciò che conta sono i fatti, gli eventi, le cifre, i dati, le date, i risultati pratici, pochi se ne occupano.
La reazione media delle persone è più o meno sempre la stessa. "che cosa vuoi che me ne importi di ciò che fanno gli squali in borsa? Io me la devo vedere con i miei problemi quotidiani". Oppure "roba per i ricchi, certamente non per me che non so se alla fine del mese riuscirò a pagare l'affitto; me ne può fregar di meno se l'Eni o Luxottica perdono o guadagnano. Il mio affitto seguita a essere sempre lo stesso". 
E così via dicendo.

E' un grave errore.
Ma non c'è da stupirsi.
E' una delle conseguenze di quello che ho definito "il genocidio culturale della nazione", tragico evento che non riguarda soltanto la spaventosa diffusione di neo-alfabetismo, il crollo dell'offerta culturale (prima) e della domanda culturale (poi), ma è diventato la seconda pelle della grande maggioranza del nostro popolo. In assenza di una progettazione culturale forte, sia individuale che collettiva, vince il luogo comune, la chiacchiera da bar.
Quindi, la Borsa diventa un gioco per ricchi e squali della finanza, e riguarda solo e soltanto una esigua pattuglia di fortunati individui amorali.
Non è così.
E' il luogo in cui si verifica l'incontro tra domanda e offerta.
E' il luogo in cui chi vuole investire cerca e trova un'azienda che, secondo la sua ottica e ciò che gli suggerisce il suo agente di borsa, sta facendo bene, avrà profitti, venderà e diffonderà il proprio prodotto e quindi chi ci lavora merita di essere finanziato.
A seconda dell'andamento della borsa, e soprattutto a seconda di quali titoli vanno su e quali vanno giù, si comprende e si capisce che cosa sta accadendo in quella nazione, come vive la gente, dove si sviluppa la ricchezza monetaria.
L'economia, infatti, ruota tutta intorno al concetto di "scambio" tra uno che offre e uno che chiede: il loro incontro decide come la ricchezza viene distribuita nella società civile.
Quindi, inevitabilmente, tocca anche il nostro quotidiano, compreso l'affitto da pagare.
Questo, in un paese capitalista post moderno.
Ma l'Italia non lo è.
E' un paese dove lo scambio ancora sottosta a leggi medioevali, pre-capitalistiche.
L'Italia è immersa in un pantano aristocratico medioevale tinto di una patina demagogica di finta democrazia e di ancor più finto capitalismo basato sulla salvaguardia degli interessi di un numero x di dinastie, signorie, vassalli, valvassori, valvassini.
I signori, (è cosa nota) da sempre, quando ne hanno bisogno, usufruiscono di criminali e mercenari per difendere le loro proprietà. Gli eventi di mafia capitale non appartengono affatto al teatro delle "mele marce" oppure sono un'anomalia o un'eccezione. Sono la punta dell'iceberg dell'economia di scambio economico tra oligarchi, che - ogni tanto - viene fuori. I capi, invece, (altrimenti non sarebbero signori) non compaiono, non si sporcano mai le mani. Loro stanno da tutt'altra parte.
Per esempio dentro la Borsa Italiana, per l'appunto.
Studiarla, comprenderla, analizzare e destrutturare il meccanismo, consente di andare all'osso del problema; quantomeno toccarlo e vederlo.
Non è un caso che in Parlamento si parla di tutto; propongono le leggi più diverse, le più disparate; da quelle oscene e vergognose a quelle nobili e virtuose. Ma non si parla mai di affrontare il "problema della Borsa Italiana" che è alla base di tutti i nostri problemi.
In Italia, la Borsa non funziona come negli altri paesi, nient'affatto. E' irrilevante il legame con l'economia internaInvece la Borsa Italiana ci segnala che cosa accade per davvero nella vita politica italiana, ovvero l'anello di congiunzione tra l'economia teorica e quella pratica, e ci spiega anche come ci vedono all'estero, come ci controllano, come ci comandano, se ci amano, se ci odiano, chi sono gli amici, chi sono i nemici, ecc.
La particolarità della Borsa Italiana consiste nel fatto che è l'unica in tutto l'emisfero occidentale il cui quartiere generale non si trova in patria.
Da vent'anni, il proprietario della Borsa Italiana è il London Stock exchange, il più potente gruppo finanziario del pianeta, di cui la corona d'Inghilterra possiede la più importante quota azionaria. E così, "ufficialmente" la finanza inglese controlla Piazza Affari da 21 anni.
Tradotto, vuol dire che se -per un qualsivoglia motivo- un diligente analista del celeberrimo ufficio MI5 dell'Intelligence service di Sua Maestà stila un rapporto nel quale è scritto "a Piazza Affari, a Milano, si sta verificando una operazione che lede gli interessi della corona e quindi potenzialmente mina la sicurezza nazionale" scatta un intervento che fa pendere da una parte o da un'altra quell'investimento. Nessuno l o saprà mai.
Ma tutti lo capiranno.
Come presumo si sia verificato il 12 ottobre del 2014,quando Mediaset e la Mondadori erano a un millimetro dall'annuncio di fallimento. La casa editrice in un solo anno ha accusato una perdita in borsa del 65% del suo valore. Se nel 2008 valeva 100 euro, oggi, quella che un tempo era una delle più prestigiose case editrici d'Europa ne vale 18, ha perso, infatti, l'82% del suo valore. Ma ha un valore politico, come Mediaset. Davanti alla prospettiva di annunciare il fallimento, l'intera cupola mediatica (fazione Berlusconi) comincia ad attaccare il patto del Nazareno sostenendo che "può anche saltare da un momento all'altro". E i titoli in borsa cominciano a crollare impietosamente. Il caro leader va a Londra, in visita ufficiale. Torna in patria. Il giorno dopo, al pomeriggio, un fondo pensionistico d'investimento gallese, conservatore e molto prudente, annuncia un evento per loro clamoroso: sostengono di aver deciso di entrare nel mondo globale e acquistano un grosso pacchetto d'azioni della Mondadori, spiegando agli esterrefatti vecchietti che si tratta di un grosso affare. La Mondadori tira un sospiro di sollievo. L'altra parte della cupola mediatica (fazione PD) non interviene. Nessun commento, nessuna notizia. E così la corona inglese occupa saldamente il mercato editoriale italiano. Non basta. Il giorno dopo si annuncia lo scorporo di Mondadori libri che cerca nuovi partner. Dopo due secondi ne arriva uno che si propone come socio per "salvare l'azienda". E' la Rizzoli, anche lei quotata in borsa. E così si avviano verso la fusione.
Anche questa non commentata.
In nessun mercato del mondo viene consentito che in borsa i due più grossi concorrenti in un settore strategico confluiscano in un'unica azienda; nei fatti costruendo un cartello che trasforma il mondo editoriale italiano in una dittatura monopolistica, in violazione di tutte le regole.Il titolo comincia a respirare, e anche Mediaset. Secondo analisti finanziari inglesi è uno dei punti cardini del patto del Nazareno: stabilire un cartello di monopolio del sistema editoriale italiano a conduzione Berlusconi-PD, con la benedizione della City di Londra. In tal modo si può gestire con facilità la fase finale del genocidio culturale della nazione, seguitando a promuovere e valorizzare i membri di un cartello.
Questa è la ragione per cui, questa mattina, i deputati del PD in commissione, alla Camera dei Deputati, hanno votato contro la discussione in aula di una legge sul conflitto d'interesse. Non lo possono fare.
Bene hanno fatto i deputati di M5s a protestare in aula.
Ma il suicidio del PD non è un atto di stupidità, sono obbligati a servire Berlusconi se condividono in borsa istanze, interessi, partecipazioni azionarie.
E' il trionfo dell'ipocrisia doppiogiochista.
Al varo del cartello monopolista editoriale annunciato con enfasi sia da Paolo Mieli che da Barbara Berlusconi, va aggiunto l'intervento di una quarantina di società britanniche che stanno acquistando pacchetti azionari del decotto e fallimentare sistema bancario italiano.
A che pro?
Dal punto di vista finanziario non avrebbe alcun senso.
E invece ce l'ha dal punto di vista politico.
Si tratta delle banche che possiedono le quote di Banca d'Italia.
Era il lavoro che dovevano realizzare Letta e Saccomanni. 
Tradotto vuol dire che si stanno mettendo d'accordo per riportare l'Italia al 1914.
Che cosa vuol dire?
Vuol dire, secondo me, che è in atto la gestione e la trattativa per l'uscita dell'Italia dall'euro entro il 2016. Ma avverrà in modo da presentare la situazione in modo tale per cui a battere moneta saranno gli inglesi, com'era nel 1914. Il che vuol dire avere la gestione e il controllo dei meccanismi di inflazione, di politica industriale, di controllo dell'economia.
L'uscita dell'Italia dall'euro, in questo momento, è una delle priorità degli anglo-americani.
A condizione, si intende, che siano loro a gestirla.
Quindi, quando il luogo comune spinge la gente a pensare "usciamo dall'euro e ci salviamo" a Washington e Londra stappano lo champagne. 
Anzi, il whisky.
I cittadini sono convinti che uscendo dalla moneta unica si risolvono i problemi.
A risolverli, saranno gli anglo-americani.
E se decideranno che invece di essere firmate da Giorgio Armani o Versace, le nuove gonnelline estive devono essere quelle di Vivienne Westwood, gli italiani dovranno accettare.
Su questi argomenti è necessario riflettere, dibattere, argomentare.
Volete uscire dall'euro?
Bene, sono d'accordo, anch'io lo voglio.
Ma prima di farlo, il Parlamento deve attuare immediatamente tre dispositivi essenziali:
1). "Borsa Italiana"; deve ritornare a essere ente autonomo e privato italiano, soggetto a controllo parlamentare attraverso la Consob sganciandosi dal London Stock exchange.
2). Il Parlamento deve varare una legge che comporta il divieto di costruire cartelli monopolistici nel campo dell'informazione, dell'editoria, e della finanza bancaria.
3). Sono vietati gli incroci azionari tra banche che verranno obbligate a uscire dall'idea medioevale della finanza (i signori gestiscono il malloppo in quanto membri dell'oligarchia neo-aristocratica) per entrare nella mentalità del capitalismo avanzato che loro sostengono di rappresentare (sopravvive la banca che realizza profitti e chi non ce la fa fallisce e chiude). 
Questo apre la strada per poter realisticamente pensare di cacciare fuori la mafia dallo Stato.

Riflettete.
Da tutto questo dipende davvero la nostra esistenza quotidiana, anche se non sembra.